- Oggi si apre l’Expo dei prodotti di consumo di Hainan con l’Italia ospite d’onore. Ieri era presente la sottosegretaria agli esteri Tripodi. Intanto una delegazione dell’ “Intergruppo parlamentare di Amicizia Italia Tiawan” preseduto dal presidente dei senatori di FdI Malan avrebbe dovuto recarsi a Taipei.
- La notizia del viaggio è stata in un primo momento confermata a Domani dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia. Soltanto nel tardo pomeriggio, e comunque dopo il nostro interessamento, è arrivato il passo indietro, ufficialmente per motivi di sicurezza vista la tensione fra Cina e Taiwan. Ma il viaggio - dicono ancora da Fratelli d’Italia - non è annullato, solo rinviato.
- Ad augurarsi che Roma non compia strappi non è solo la leadership cinese, ma anche la comunità imprenditoriale italiana, che spera di poter cogliere le opportunità della seconda economia del pianeta, in pieno rimbalzo post-pandemia.
Mentre sale la tensione tra Cina e Taiwan, da una parte il governo Meloni tesse i rapporti con Pechino, e dall’altra i meloniani organizzano gite a Taipei e tagliano torte con l’ambasciatore di Taiwan. La sottosegretaria agli Affari esteri, Maria Tripodi, di Forza Italia, ha partecipato ieri nell’isola cinese di Hainan all’inaugurazione dell’Expo dei prodotti di consumo, con l’Italia che è paese ospite d’onore. Giorgia Meloni ha mandato un video messaggio.
A Taiwan invece, mentre Pechino circonda con le armi l’isola, avrebbe dovuto sbarcare oggi una delegazione di parlamentari con la benedizione della presidente Tsai Ing-wen, che Pechino considera né più né meno che un nemico separatista.
Il viaggio spostato
La notizia del viaggio è stata in un primo momento confermata a Domani dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia. Soltanto nel tardo pomeriggio, e comunque dopo il nostro interessamento, è arrivato il passo indietro, ufficialmente per motivi di sicurezza. Ma il viaggio - dicono ancora da Fratelli d’Italia - non è annullato, ma solo rinviato.
I deputati e senatori italiani che erano pronti a volare a Taipei appartengono al “Gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Taiwan” presieduto e promosso dal capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia Lucio Malan, presidente già nella passata legislatura e attivo sostenitore della causa taiwanese da un decennio. Malan questa volta non avrebbe fatto parte della delegazione, ma erano pronti a partire Marco Osnato, capogruppo della commissione Finanze e Augusta Montaruli, l’ex sottosegretaria che si era dimessa dal ruolo dopo una condanna per peculato. Con loro, dovevano esserci Salvatore Caiata, Ylenia Lucaselli e Giangiacomo Calovini, tutti di Fratelli d’Italia, e, per il Terzo polo, Naike Gruppioni.
A settembre 2015, Malan è stato decorato con la medaglia al merito diplomatico conferita dal ministro degli Esteri della Repubblica di Cina (Taiwan), David Lin, durante la sua visita ufficiale a Taipei. Sulla sua pagina personale ci sono diverse foto alla festa nazionale, con tanto di taglio della torta. A dicembre Nicola Carè del Partito democratico, eletto nella circoscrizione estera, aveva annunciato che anche in questa legislatura sarebbe tornata in vita l’associazione, che si è fatta notare per il suo attivismo già il 29 marzo, festeggiando la riapertura della tratta aerea Roma-Taipei.
Lo scenario internazionale
Quanto accaduto negli ultimi giorni tra Cina e Taiwan ha infine fatto venire qualche dubbio sull’opportunità di questa missione, almeno al momento. Da Fratelli d’Italia hanno fatto sapere che la visita era programmata da tempo e che ha l’obiettivo di rinnovare l’amicizia e lo scambio culturale.
Intanto, però, ieri si è concluso un war game di tre giorni (nome in codice “Spada affilata”) durante i quali undici navi, tra cui la Shandong, la prima portaerei “made in China”, e una settantina di sortite dei più moderni caccia con la stella rossa hanno circondato Taiwan dai quattro punti cardinali e simulato attacchi contro obiettivi sull’Isola.
Si è trattato di un altro blocco navale e aereo con esercitazioni a fuoco vivo dopo quello dell’agosto scorso, per far capire a quelle che Pechino bolla come «autorità secessioniste» il prezzo che potrebbero pagare se continueranno a promuovere la loro indipendenza. Senza dimenticare che a scatenare l’ultima rappresaglia di Pechino è stato proprio un incontro con parlamentari stranieri, quello, la scorsa settimana a Los Angeles, tra Tsai e il portavoce della Camera dei rappresentanti Usa, Kevin McCarthy, e altri 17 tra deputati e senatori repubblicani e democratici.
Le motivazioni
Il partito di Giorgia Meloni ha da tempo un rapporto di ferro con Taiwan, ma soprattutto punta a essere riconosciuto dall’establishment internazionale, nonostante la sua retorica sovranista e l’imbarazzante continuità ideologica col fascismo di tanti suoi iscritti. Nel momento in cui le tensioni tra Washington e Pechino hanno raggiunto vette inesplorate negli ultimi decenni, propagandare una svolta a U rispetto ai governi pre-Draghi è evidentemente una tentazione forte per la presidente del Consiglio. Così se il suo predecessore, Mario Draghi, aveva utilizzato le norme del cosiddetto “golden power” per fermare una serie di acquisizioni cinesi nel nostro paese in settori giudicati strategici e attinenti alla sicurezza nazionale, Giorgia Meloni parte dal sostegno al governo più indipendentista della storia di Taiwan.
Un potenziale affronto per il partito comunista cinese, la cui legittimità si fonda anche sull’obiettivo di completare l’unità nazionale attraverso la “riunificazione”, pacifica o meno, dell’isola. Ora va detto che a Pechino, generalmente, chiudono un occhio per le delegazioni di “semplici” parlamentari stranieri che vanno a manifestare il loro appoggio a Tsai.
Diverso è se ricoprono incarichi istituzionali. Ma ci sono due “ma”. Anche per marcare la distanza dalla Lega di Salvini, Meloni si è già segnalata come ultrà pro Taiwan, malgrado la presidente Tsai (al potere dal 2016) sia una paladina dei diritti civili e delle unioni tra persone dello stesso sesso. In campagna elettorale la leader di Fratelli d’Italia è andata a esprimere la sua solidarietà a Taiwan incontrando il rappresentante in Italia, Andrea Sing-Ying Lee, che tra le vibrate proteste dell’ambasciata cinese ha chiamato “ambasciatore”. In quell’occasione Meloni ha sostenuto che «bisogna usare tutte le armi politiche e diplomatiche per fare più pressione possibile» su Pechino per evitare un conflitto militare nello Stretto, arrivando ad evocare una chiusura del mercato europeo alla Cina.
Roma “osservata speciale”
Secondo ma: l’Italia a Pechino è “osservata speciale” anche perché la stessa Meloni, sempre alla vigilia della vittoria del 25 settembre, ha affermato che il memorandum sulla nuova via della Seta, sottoscritto dal governo Conte I nel 2019, è «un grave errore». Ha lasciato intendere che, entro la fine di quest’anno, prima del suo scadere, Roma potrebbe comunicare a Pechino la sua intenzione di non rinnovarlo.
E Xi Jinping e compagni, che negli ultimi mesi hanno incassato da Emmanuel Macron un chiaro impegno a rilanciare la partnership, e da Olaf Scholz un altrettanto esplicito “no” alle tendenze al “decoupling”, alla parziale separazione economica dalla Cina che arrivano da Washington, vorrebbero che anche Meloni montasse sul carro dell’amicizia Europa-Cina per attraversare insieme la via della Seta. Ad augurarsi che Roma non compia strappi non è solo la leadership cinese, ma anche la comunità imprenditoriale italiana, che spera di poter cogliere le opportunità della seconda economia del pianeta, in pieno rimbalzo post-pandemia. E che è preoccupata per eventuali rappresaglie economiche che Pechino potrebbe varare contro l’Italia in caso di un sostegno “troppo ostentato” di Meloni a Taiwan. Il valore del commercio dell’Italia con Taiwan è stato di 5,57 miliardi di dollari nel 2021 (+30,6 per cento), ma quello con la Cina è di 73 miliardi di dollari nel 2022. L’Italia è pronta, unico tra i grandi paesi europei, a contrastare da sola Pechino su quelli che il partito comunista considera gli «interessi fondamentali» della Cina?
© Riproduzione riservata