La prima ministra Natalia Gavrilita ha annunciato le proprie dimissioni e la caduta del governo. Nei giorni scorsi le intelligence moldava e ucraina avevano parlato di piani russi per la destabilizzazione del paese. La presidente Maia Sandu ha già nominato un nuovo primo ministro, Dorin Recean, anch’egli europeista
- Le dimissioni della prima ministra Natalia Gavrilita arrivano in un momento critico per la Moldavia, paese post-sovietico candidato all’adesione all’Unione europea.
- La linea europeista e antirussa del governo ormai defunto verrà mantenuta dal successore nominato oggi dalla presidente Maia Sandu, Dorin Recean.
- L’integrità territoriale del paese è pregiudicata, dal 1990, dalla repubblica di Transinistria, territorio de facto indipendente e supportato da Mosca.
La prima ministra della Moldavia, Natalia Gavrilita, ha annunciato le proprie dimissioni e la caduta dell’intero governo. Solo poche ore dopo, la presidente Maia Sandu ha proposto al parlamento, controllato da una maggioranza a lei favorevole, un nome per il successore di Gavrilita.
Si tratta di Dorin Recean, attualmente consigliere per la sicurezza nazionale, con posizioni di politica estera coerenti con quelle della premier dimissionaria. Entrambi condividono posizioni pro-europee e antirusse.
Gavrilita, nota per le proprie posizioni pro-europee e antirusse, ha detto in conferenza stampa che nessuno, alla formazione del governo del 2021, si sarebbe aspettato una tale serie di sfide e crisi causate dall’invasione russa dell’Ucraina. Ha, inoltre, annunciato che il paese sta per entrare in una nuova fase in cui «la sicurezza sarà la priorità», fattore che giustificherebbe la nomina di Recean, già ministro tra il 2012 e il 2015.
Le ragioni
Le dimissioni appaiono strettamente legate a motivi politici interni, quali, come detto dalla premier stessa, la mancanza di supporto nei gangli della politica e della burocrazia moldava.
Non sembra, però, che le dimissioni siano legate a quanto dichiarato da Gavrilita stessa questo martedì, in relazione alla «guerra ibrida» che la Russia sta conducendo nel paese. Le azioni di Mosca nel paese includerebbero i continui attacchi cyber alle istituzioni e alle infrastrutture del paese e la sponsorizzazione di proteste antigovernative.
Con le dovute proporzioni, si tratta di atti riconducibili all’approccio strategico adottato da Mosca tra il 2014 e il 2022, con azioni cyber e tattiche di disinformazione che hanno minato l’indipendenza dell’Ucraina e sostenuto le forze separatiste del Donbass.
Le informazioni acquisite dall’intelligence domestica in merito alle «azioni sovversive» sponsorizzate dal Cremlino si collegano a quanto detto da Volodymyr Zelensky al Parlamento europeo in merito a un piano russo di occupare e «distruggere» il paese.
Proprio martedì l’ormai ex premier aveva incontrato Ursula von der Leyen per la stipula di un accordo sugli aiuti europei alla Moldavia, da giungo 2022 paese candidato, gemello dell’Ucraina, all’adesione all’Unione.
Il fattore Russia
Va, dunque, tenuta comunque in considerazione la pressione che la Russia esercita sul paese anche prima della sua indipendenza del 1991, pressione intensificatasi un anno fa con l’invasione dell’Ucraina.
La guerra ha, infatti, provocato una crisi energetica nel paese, legata a doppio filo alla crescente inflazione, con il prezzo dell’elettricità triplicatosi dal 2021. La Moldavia, prima del 24 febbraio, dipendeva integralmente dall’importazione di gas russo per la sopravvivenza del proprio apparato produttivo. La diversificazione non è potuta avvenire senza un evidente costo.
Poco prima delle dimissioni, come riferito dall’intelligence ucraina, un missile russo lanciato dal mar Nero era entrato nello spazio aereo moldavo per poi rientrare in quello ucraino. Negate, invece, dalla stessa Romania le voci che indicavano un simile sorvolo avvenuto nei cieli controllati da Bucarest.
In relazione a questa violazione del proprio spazio aereo, la Moldova ha convocato l’ambasciatore russo.
Il conflitto “congelato”
Nonostante le prospettive di integrazione europea, anche la Moldavia condivide con l’Ucraina una sovranità territoriale estremamente contestata, tratto tipico di diversi stati post-sovietici, tra cui la Georgia.
La parte più a est del territorio della Moldavia,la regione della Transnistria, infatti, è dal 1990 una repubblica indipendente autoproclamata ma senza riconoscimento internazionale.
La regione è popolata da una maggioranza russofona che organizzò un referendum per decidere sulla secessione dall’allora Repubblica socialista sovietica di Moldavia, vinto dai separatisti col 90 per cento dei voti e supportato da Mosca.
Gli scontri militari che seguirono l’indipendenza e coinvolsero anche forze militari russe terminarono nel luglio 1992 con un cessate il fuoco che portò all’istituzione di una forza di peacekeeping composta da battaglioni russi, moldavi e separatisti.
Il conflitto è tuttora “congelato” poiché non si è mai giunti a una soluzione politica negoziata tra le parti, elemento che rende lo stato di pace nel paese del tutto parziale: l’assenza di combattimenti, infatti, non impedisce all’influenza russa di pregiudicare la stabilità e le prospettive europee del paese incarnate tanto dall’ormai vecchio governo quanto da quello che verrà.
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