- A oggi sono 383 le persone imputate di oltre 2.340 reati e le indagini hanno portato al sequestro di oltre 6,3 tonnellate di droghe illecite, 147 armi da fuoco e asset per un valore di 55 milioni di dollari.
- Uno degli aspetti più rilevanti evidenziati da Nigel Ryan è che le ‘ndrine presenti sul territorio australiano hanno stretto patti con altri gruppi locali con cui collaborano regolarmente e, in alcuni casi, alcune organizzazioni sono sotto il loro controllo come le bande di motociclisti.
- Team di detective provenienti da Stati Uniti, Colombia e Italia si sono recati in Australia il mese scorso per collaborare con le autorità locali e delineare una strategia comune di contrasto.
Anche in Australia la ‘ndrangheta è riuscita a costruire una rete capillare e nascosta in grado di generare affari milionari, e ora la prerogativa degli inquirenti è cercare di smantellare i gruppi criminali attivi sul territorio.
Lo ha annunciato in una conferenza stampa Nigel Ryan, l’Assistant commissioner crime command della polizia federale australiana, in occasione del primo anniversario dall’operazione Iron side eseguita l’8 giugno del 2021, considerata la più importante nella storia del paese.
A oggi sono 383 le persone imputate di oltre 2.340 reati e le indagini hanno portato al sequestro di oltre 6,3 tonnellate di droghe illecite, 147 armi da fuoco e asset per un valore di 55 milioni di dollari.
«Abbiamo circa 51 clan della criminalità organizzata italiana in Australia», ha detto Ryan in conferenza stampa. Di questi, 14 clan sarebbero legati alla ‘ndrangheta e dispongono di migliaia di affiliati che non sono soltanto dediti al traffico di cocaina ma anche di altre sostanze stupefacenti come la cannabis e le metanfetamine.
I proventi vengono poi riciclati attraverso una rete sofisticata di attività commerciali difficile da identificare, anche grazie all’aiuto di broker, avvocati e commercialisti esperti e collusi. E i soldi vengono così investiti in imprese legittime come aziende agricole, ristoranti e imprese edili. Un copione già letto migliaia di volte. Per la polizia australiana le prime attività di riciclaggio risalgono addirittura agli anni Settanta.
Le alleanze con i gruppi autoctoni
Uno degli aspetti più rilevanti evidenziati da Nigel Ryan è che le ‘ndrine presenti sul territorio australiano hanno stretto patti con altri gruppi locali con cui collaborano regolarmente e, in alcuni casi, alcune organizzazioni sono sotto il loro controllo. Tra questi spiccano fra tutti i rider. Si tratta di bande di motociclisti che fanno i corrieri per conto dei calabresi a cui garantiscono anche una “manovalanza violenta” per le spedizioni punitive.
«Le informazioni suggeriscono che il loro numero complessivo di membri potrebbe essere simile a quello delle bande di motociclisti fuorilegge australiani. Questo dimostra quanto la ‘ndrangheta sia sotterranea e significativa in Australia», scrive la polizia.
Ma non solo. Si collabora e si fanno affari anche con gruppi criminali asiatici e mediorientali per «agevolare le attività criminali, tra cui l’importazione di droga, il riciclaggio di denaro, la distribuzione di tabacco e gli atti di violenza».
Per comunicare vengono utilizzati applicazioni di messaggistica criptate come Anom, in grado di garantire una certa copertura e anonimato. Da tempo l’intelligence australiana sta monitorando questi dispositivi e gli utenti che ne fanno uso riuscendo a fornire «una visione inestimabile dell’entità delle importazioni di droghe illecite agevolate dalla ‘ndrangheta, dei profitti che essa realizzava e della frequenza con cui collaborava con gruppi motociclistici fuorilegge».
L’aiuto italiano e dell’intellgence
A collaborare nelle indagini ci sono anche gli inquirenti italiani che hanno aiutato la polizia federale australiana a mappare e valutare le relazioni familiari, risalendo ai legami di sangue e alle unioni suggellate dai matrimoni.
Team di detective provenienti da Stati Uniti, Colombia e Italia si sono recati in Australia il mese scorso per collaborare con le autorità locali e delineare una strategia comune di contrasto che mira al colpire le «loro finanze, comunicazioni e operazioni», ha detto Ryan in conferenza stampa.
La strategia delle ‘ndrine
La metodologia operativa usata dalle famiglie calabresi in Australia non è poi diversa da quella usata in Italia e in Europa. Gli affiliati adottato comportamenti che «includono il mantenimento di un basso profilo, i tentativi di dimostrare uno scopo legittimo, l’intimidazione dovuta alla reputazione, la minaccia o l’uso della violenza, l’ottenimento di benefici finanziari attraverso la corruzione e la non ostentazione di ricchezza manifesta», scrive la polizia australiana. Il tutto avvolto da un codice di silenzio che garantisce omertà e protezione.
Sul territorio ci sono figure definite “senior” che hanno autorità sugli affiliati più giovani e con meno esperienza. Ma questi senior, secondo gli inquirenti australiani, sono assistiti o diretti da membri del clan che dall’Italia decidono il piano d’azione.
I numeri del mercato della droga
Secondo l’ultimo rapporto della Commissione australiana per l’intelligence criminale (Acic) si stima che nel 2020-21 in Australia siano state consumate 15,7 tonnellate di metilamfetamina, cocaina, Mdma ed eroina. Il consumo di metilamfetamina è quello più dominante, ben più della cocaina, che è venduta a caro prezzo.
Il valore di mercato stimato di queste sostanze è stato di 10,3 miliardi di dollari l’anno scorso, in aumento rispetto agli 8,9 miliardi dell’anno precedente, soprattutto a causa dell’aumento generale dei prezzi di mercato.
Secondo il Centro nazionale di ricerca sulle droghe e l’alcol dell’università del Nuovo Galles del sud nel 2020 ci sono stati 1.800 morti per overdose, pari a cinque decessi al giorno. Il rapporto, inoltre, afferma che dopo un periodo di relativa stabilità il tasso di overdose da anfetamine è aumentato sostanzialmente dal 2011 al 2020, anno peggiore dal 1997.
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