Per lui il futuro di Reform è roseo, oggi «è una start-up» ma diventerà un movimento di massa e la principale forza di opposizione a Keir Starmer. Tanto che nel 2029 potrà ambire alla vittoria, con i Tories e il Labour «che esisteranno a malapena»
Poco più di un mese fa non doveva neanche parteciparvi, oggi Nigel Farage emerge dalle elezioni politiche - a prescindere dal numero di seggi ottenuti - come uno dei protagonisti principali e uno dei leader più influenti della politica britannica. Quando il 22 maggio scorso il premier Rishi Sunak ha indetto il voto anticipato, Farage era presidente onorario di Reform Uk e si era detto poco interessato alla questione.
Anzi, il suo progetto dichiarato era quello di aiutare - non si sa bene come - Donald Trump nella sua corsa alla Casa Bianca. Gli sono bastati pochi giorni per smentire se stesso, farsi dare (o prendersi) da Richard Tice la leadership del partito e iniziare la campagna elettorale.
Il volto ‘nuovo’ di Farage
Una giravolta in ogni caso lieve in confronto a quella dell’anno scorso, quando Farage ammise che la Brexit aveva fallito. Certo, in quel frangente incolpò i conservatori di Boris Johnson, Liz Truss e Sunak di aver gestito male l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. E a distanza di tempo si può dire che in quel modo sia riuscito in parte a riaccreditarsi agli occhi della popolazione britannica, nonostante il consenso attorno alla Brexit - di cui lui è stato promotore per eccellenza - sia sceso sensibilmente.
Anche la partecipazione al reality show ‘I’m a Celebrity… Get me out of here!’, una sorta di Isola dei famosi britannica in cui è arrivato terzo, lo ha aiutato a rientrare nelle case degli inglesi con una nuova immagine, meno spocchiosa, più semplice, ancora più ‘vicina al popolo’. Le chiacchierate, i consigli, le rivelazioni agli altri naufraghi, così come le prove che ha superato nell’isola, si sono dimostrate nel complesso un’ottima mossa di marketing.
Questo nuovo ‘vero’ Farage ha proseguito la sua strategia vincente anche in campagna elettorale, dal suo pullman scoperto, nei pub dove ha seguito le partite dell’Inghilterra agli europei di calcio, sul ring insieme a vari pugili, su TikTok o ai comizi, specie a Clacton, nel seggio dove si è candidato. Ha attirato sostenitori con la sua parlantina, le risate, le polemiche e le provocazioni. Lo ha fatto con uno stile da pastore, tutt’altro che religioso, tanto che si è paragonato a Billy Graham, storico scrittore e predicatore. Bastava vedere uno dei suoi ultimi comizi elettorali a Birmingham, in cui ha intrattenuto 5mila persone da un palco, per rendersi conto.
I temi forti in campagna
Poi, certo, oltre la parlantina e le risate ci sono i contenuti. Le posizioni anti-sistema e populiste di Farage continuano a funzionare. Non potendo più prendersela con l’Ue, il leader di Reform ha puntato tutto sull’immigrazione: la sua retorica contro i migranti, artefici - secondo lui - di molti dei mali del Regno Unito ha superato a destra quella dei Tories. Troppe «gang straniere». Alla ricetta populista di Farage si sono aggiunti poi classici ingredienti come il taglio delle tasse o lo stop a politiche green. In più, non poteva mancare un po’ di pacifismo accomodante verso Mosca: per l’ex europarlamentare la guerra in Ucraina è stata provocata dall’Occidente, con Putin costretto a reagire.
Per Farage l’obiettivo in fondo è sempre lo stesso: attirare i voti degli scontenti, dei più arrabbiati, di quelli rimasti delusi dal partito conservatore o dalla politica in generale. Senza dare soluzioni reali, solo dicendo alle persone le cose che vogliono sentirsi dire. Intercettare sentimenti diffusi, mal recepiti dai cittadini che ancora si vantano di essere un ex impero. Per questo è emblematico il suo pensiero, espresso in un’intervista su New Statesman: «Siamo in una sorta di declino morale. Stiamo perdendo il senso di ciò che siamo, di ciò che rappresentiamo, di ciò che è la nazione». Musica per orecchie nostalgiche.
C’è chi lo accusa di essere razzista o fascista, ma Farage si vanta del contrario: «Nessuno ha fatto più di me per sconfiggere l’estrema destra in questo paese», ha raccontato il 60enne. Certo, poco importa se poi alcuni suoi militanti siano stati beccati, grazie a un’inchiesta giornalistica, a pronunciare frasi razziste, omofobe e violente. O sia stato accertata la provenienza dalle fila del British national party, movimento neofascista inglese, di alcuni candidati di Reform. Farage, però, ha tirato dritto.
Il suo obiettivo finale è ‘rivoltare’ il sistema politico britannico e prendere il controllo del partito conservatore. Una scalata ostile dall’esterno mai così vicina al suo compimento. E poi ovviamente essere eletto a Westminster, dopo ben sette tentativi falliti. Per Farage il futuro di Reform è roseo, oggi «è una start-up» ma diventerà un movimento di massa e la principale forza di opposizione a Keir Starmer. Tanto che nel 2029 potrà ambire alla vittoria, con i Tories e il Labour «che esisteranno a malapena». Farage è tornato, e con lui il ‘faragismo’. Non sarà un milkshake in faccia tirato da qualche contestatore a fermarlo.
© Riproduzione riservata