Alla vigilia di qualsiasi elezione c’è tensione. Specie nei paesi in cui non sono presenti dittature e quindi il voto non è scontato. Nel caso del Regno Unito, pur essendo la democrazia più antica del mondo, l’incertezza oggi non sembra esserci. Le elezioni di giovedì 4 luglio arrivano dopo oltre 14 anni di governo conservatore e con ogni probabilità vedranno la vittoria dei laburisti. 

Ma oltre alle proporzioni del successo del partito guidato da Keir Starmer, dalle urne britanniche sarà interessante osservare anche lo scontro a destra tra i conservatori del premier Rishi Sunak e Reform, il partito di Nigel Farage.

Cosa dicono i sondaggi

I sondaggi nel Regno Unito sono stabili da tempo, almeno per quanto riguarda i Tories e il Labour. Il momento in cui il divario tra i due partiti principali del paese è cresciuto, diventando in pratica incolmabile, è stato nel settembre del 2022, durante la brevissima esperienza di Liz Truss a Downing Street. I laburisti di Starmer da allora, con qualche piccola variazione, sono stati avanti di circa 20 punti percentuali. L’ultima rilevazione di YouGov del 25 giugno dà i conservatori fermi al 18 per cento, con i laburisti al 36.

La sfida più elettrizzante sembra essere quella tra i Tories e Reform, la formazione politica che deriva dall’Ukip e dal Brexit party. La discesa in campo di Farage ha dato impulso al partito di estrema destra che ora è in crescita, si attesta al 17 per cento e tallona i conservatori. Alcuni sondaggi lo danno anche sopra. Se dovesse avverarsi il sorpasso per Sunak sarebbe una sconfitta disastrosa.

Più dietro rimangono i LibDem di sir Ed Davey, al 15 per cento, anch’essi desiderosi di strappare consensi ai conservatori in crisi, e i Verdi all’8 per cento. Presenti ai nastri di partenza anche lo Scottish national party e il gallese Plaid Cymru che - se sondati in tutto il Regno Unito - ristagnano al 3 e all’1 per cento.

Il sistema elettorale e il perché delle elezioni anticipate

I laburisti sembrano veleggiare verso un’agevole vittoria, quindi. E dato che il sistema elettorale britannico prevede un maggioritario puro nelle 650 circoscrizioni, l’amato quanto odiato First past the post, potrebbero conquistare anche una larga maggioranza. Specie se libdem e Reform dreneranno i voti ai candidati conservatori. Starmer è pronto a diventare il prossimo premier britannico, dopo che Sunak a fine maggio ha optato per indire elezioni anticipate.

Il primo ministro ha scelto la via del voto estivo per diverse ragioni. La scommessa di Sunak è stata quella di provare a capitalizzare il consenso (rimasto) attorno ai conservatori sfruttando il tempismo. Poche ore prima della sua chiamata alle urne, infatti, erano stati diffusi i numeri di un ulteriore calo dell’inflazione. Era una delle promesse elettorali di Sunak che in quel momento sembrava mantenuta. La scelta di anticipare di qualche mese le elezioni, che dovevano essere svolte comunque massimo entro il gennaio 2025, è stata anche dovuta al timore di nuove ondate di sbarchi di migranti.

Il premier 44enne aveva promesso di fermare i barchini che approdano sulle coste britanniche dalla Manica: per questo ha cercato di bloccare i flussi migratori, tra accordi con la Francia, il controverso Piano Ruanda che non ha mai visto la luce, i rastrellamenti sul territorio per rintracciare i ‘clandestini’. Un obiettivo, quello di fermare gli sbarchi, non raggiunto. Da qui la scelta di anticipare il voto, proprio per evitare di giungere alle urne magari in autunno dopo un’intera estate in cui gli arrivi dei migranti normalmente aumentano.

La campagna elettorale e i programmi dei partiti

La breve campagna elettorale non ha regalato particolari sussulti: i conservatori avevano poco a cui aggrapparsi - tra scandali, crisi e rassegnazione - per provare veramente a diminuire lo svantaggio, e i laburisti hanno pensato più a non commettere passi falsi. I grandi temi al centro dei comizi sono stati l’economia e l’immigrazione. Starmer ha avuto vita facile attaccando il caos provocato dai conservatori, sfibrati da 14 anni al potere, usando in campagna un efficace slogan: change.

La popolazione del Regno Unito vuole cambiare e i laburisti vogliono intercettare questo desiderio. Starmer ha stilato un Manifesto, 140 pagine di promesse da realizzare quando diventerà premier: tra cui creazione di 300mila abitazioni all’anno, investimenti miliardari da attrarre, stop nel 2030 della vendita di macchine a benzina, iniziative green, impegno per il nucleare, impulso al National health service (il servizio sanitario nazionale).

Sunak, invece, ha giocato la carta dell’incertezza. I cavalli di battaglia che il premier ha utilizzato per attaccare il Labour sono stati principalmente due: in primis lo spauracchio delle tasse che un governo Starmer potrebbe aumentare, tema sempre valido in campagna elettorale, e poi l’accusa verso i laburisti di non avere “un vero piano” per guidare il Regno Unito. Il premier ha anche tentato proposte spot, come il ritorno alla leva obbligatoria e un aumento delle pensioni. Mentre per dissuadere gli elettori di destra a votare altri partiti che non siano i conservatori, soprattutto Reform, Sunak ha spinto per una polarizzazione: per non far vincere il candidato laburista, proprio per via del sistema elettorale, bisogna votare i Tories.

A sparigliare le carte nell’ultimo mese è stato Nigel Farage, tornato prepotentemente alla ribalta con il suo Reform. Il suo obiettivo è lanciare una scalata esterna al partito conservatore per prenderne il controllo, per questo deve metterlo ancora più in crisi sfilandogli i voti da destra. Farage nei suoi comizi ha parlato soprattutto di lotta spietata all’immigrazione, di difesa dei confini e di abbandono della Corte europea dei diritti dell’uomo. E proprio nei comizi è stato attaccato: una volta da una ragazza che gli ha tirato in faccia un milkshake, un’altra volta da un uomo che ha provato a colpirlo sul suo bus con delle pietre.

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Le differenze in politica estera e i rapporti con l’Ue

La politica estera non è stata al centro della campagna elettorale nel Regno Unito. I laburisti moderati di Starmer su molti punti, come il sostegno all’Ucraina nella guerra di difesa contro la Russia, la pensano come i conservatori di Sunak. Se Starmer entrerà a Downing Street, il supporto a Kiev sarà mantenuto, così come l’appartenenza alla Nato, definita «irremovibile». La voce diversa è stata quella di Farage, che in un’intervista ha accusato l’Occidente di aver «provocato la Russia in Ucraina», portando allo scoppio della guerra. Un assist a Putin da parte del promotore della Brexit.

A proposito di Brexit, nessuno dei partiti la mette in discussione e il tema dei rapporti con l’Ue non ha interessato particolarmente il cittadino britannico. Un rientro nell’Unione non è previsto. Starmer nel 2016 era per il Remain, oggi deve adeguarsi alla realtà, ma proverà a migliorare i rapporti con Bruxelles sul piano politico, economico e securitario. Le criticità maggiori per i laburisti provengono dal dossier sul conflitto in Medio Oriente. Dopo la stagione di Jeremy Corbyn, Starmer ha impresso una svolta filo-israeliana che tuttavia ha diviso il partito, allontanando soprattutto i voti dei musulmani.

Duelli tv tra Sunak e Starmer

La campagna elettorale piatta non è stata scalfita neanche dai duelli in tv che hanno visto protagonisti Sunak e Starmer. I due confronti televisivi non hanno regalato grandi performance. Secondo i sondaggi e i commenti dei media principali britannici il primo è stato vinto dall’attuale premier - necessariamente all’attacco - mentre il secondo sarebbe finito in parità.

In entrambi i casi, però non sembrano aver avuto grande peso nel cambiare le opinioni degli elettori. I duelli hanno confermato la cautela di Starmer, così come il fatto che se i laburisti vinceranno sarà per la voglia di cambiamento dei cittadini britannici e non per il trasporto che riesce a suscitare il leader 61enne.

Scandali in campagna, il ‘gamblegate’ Tory e l’inchiesta su Reform

Come se non fossero bastati tutti gli scandali che hanno condito la vita del partito conservatore negli ultimi anni, nel mese e mezzo di campagna elettorale è scoppiato il cosiddetto ‘Gamblegate’ all’interno dei Tories. È emerso come alcuni deputati conservatori abbiano scommesso sulla data delle elezioni anticipate poche ore prima dell’annuncio di Sunak. Il 22 maggio il premier ha tenuto il suo discorso, ma il 21 si è verificata un’impennata delle scommesse sul voto a luglio.

Un volume insolito che ha fatto scattare l’indagine della Gambling Association. Sono usciti alcuni nomi, a partire da Craig Williams, deputato e segretario parlamentare di Sunak che ha “confessato” di aver scommesso 100 sterline guadagnandone 500. Una guardia del corpo del premier è stata arrestata, mentre altri cinque poliziotti sono indagati. Sotto indagine anche Tony Lee, direttore della campagna elettorale dei conservatori, e sua moglie Laura Sanders, candidata a Bristol.

Insomma, un’altra tegola per i Tories che non riescono a uscire da un loop infinito di scandali. Anche perché le scommesse sono una cosa seria nel Regno Unito. E lo sono anche le misure per evitare frodi, magari sfruttando informazioni riservate.

Ma non solo Tories. Anche in Reform è venuto fuori uno scandalo, questa volta grazie al lavoro giornalistico di Channel 4. Un reporter, infatti, si è infiltrato nel partito nel collegio di Clacton, riuscendo a catturare dichiarazioni omofobe e razziste di alcuni militanti del partito di Farage. Frasi offensive contro il gay pride, organizzato da “degenerati” e “pedofili” o insulti ai richiedenti asilo che dovrebbero essere usati per esercitarsi nel tiro al bersaglio. Reform ha allontanato alcuni protagonisti di questa inchiesta, tra cui anche qualche candidato, ma ha poi attaccato il lavoro giornalistico accusando la rete di interferenze elettorali.

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