Oleksandra Matviichuk, avvocata ucraina per i diritti civili, nel 2022 ha ricevuto il premio Nobel per la pace insieme all’organizzazione che guida, il Centro per i diritti civili, impegnato a documentare i crimini di guerra russi in Ucraina. Sabato, ha incontrato papa Francesco a Roma, nel corso del Secondo incontro mondiale sulla fraternità umana.

Lei ha invitato papa Francesco a Kiev. Quale creda che possa essere il ruolo positivo che il papato può recitare nel conflitto in corso?

Il nostro centro ha documentato oltre 76mila crimini di guerra commessi dai russi nel corso degli ultimi dieci anni. Ho detto al papa che grazie al nostro lavoro sappiamo che milioni di ucraini soffrono e per questo gli ho chiesto di venire in Ucraina. Ci sono molte dimensioni in questa aggressione. Non solo quella militare, ma anche quella spirituale.

Il papa potrebbe avere un ruolo di “ponte” con quei paesi che non hanno nei confronti del conflitto lo stesso atteggiamento dell’Europa e degli Stati Uniti?

Sono molto grata al papa per il fatto che menziona l’Ucraina e il suo popolo e ci esprime solidarietà nelle sue preghiere settimanali. Ci aiuta a non far dimenticare le nostre sofferenze in tutto il mondo. L’Ucraina ha una relazione molto “orizzontale” con il Sudamerica, l’Africa, e l’Asia, per via della distanza geografica e perché siamo tornati indipendenti solo dopo il collasso dell’Urss. Per questo è così importante che il papa nomini spesso il nostro conflitto. Non posso consigliare Sua Santità su cosa deve fare, non è il mio ruolo, ma di sicuro abbiamo bisogno di essere più articolati nei discorsi che rivolgiamo sopratutto ai paesi più lontani geograficamente. Anche perché se siamo fisicamente distanti, siamo vicini come valori. Questa guerra è una guerra tra autoritarismo e democrazia. Putin non ha paura della Nato, Putin ha paura della libertà. E la libertà è facilmente comprensibile da qualunque popolo, indipendente da quanto è lontano.

Molti in Ucraina hanno però un’opinione negativa di papa Francesco, come mai secondo lei?

Penso che parte del problema sia che papa Francesco parla agli ucraini soprattutto attraverso i media. Se parlasse loro direttamente, le persone vedrebbero che non è indifferente alle loro sofferenze, non è distante. Ma c’è un secondo punto: la guerra si vede diversamente da Ginevra, da Berlino, da Roma o da Kiev e Kherson. A volte i giornalisti mi chiedono cosa penso della “stanchezza di guerra”. Io rispondo sempre: cosa pensereste della stanchezza se i russi fossero a Berlino, Roma o Ginevra? Se doveste nascondervi negli scantinati, se foste senza elttricità, mentre le persone che vi sono care vengono mandate al fronte? Provereste stanchezza o qualcos’atro? Per questo penso sia importante che il papa venga in Ucraina.

Uno degli argomenti di papa Francesco, portato avanti da molti cattolici e pacifisti, è che una pace ingiusta sarebbe meno costosa in termini di sofferenze di una prosecuzione del conflitto. Cosa pensa di questo argomento?

Ci sono persone fuori dall’Ucraina che sono animate da buone intenzioni, ma che non comprendono una cosa che invece agli ucraini è chiara: l’occupazione russa non è pace. La guerra è così orribile, pensano, che un accordo ingiusto potrebbe ridurre la sofferenza umana, ma la verità è che l’occupaizone russa non la ridurrà, la renderà soltanto invisibile. Lo so perché documentiamo i crimini dei russi da dieci anni. L’occupazione non signfica semplicemente scambiare una bandiera con un’altra,significa torture, stupri, sparizioni, negazione dell’identità, deportazione dei figli, campi di fitlrazione e fosse comuni. Nesssuno pensa che si debbano lasciare le persone all’occupazione dell’Isis, perché pensano sia giusto lasciarle a quella della Russia?

A Kharkiv è in corso una nuova offensiva di terra, con villaggi liberati dagli ucraini oltre un anno fa che rischiano di essere occupati di nuovo. Lei è preoccupata da questo sviluppo?

Ricordo che quando l’esercito ucraino liberò Kharkiv, le persone raccontavano storie terribili di detenzioni illegali, violenze e uccisioni ed erano spaventati nel raccontarle, chiedevano di non scrivere i loro cognomi, di non rendere pubbliche le loro testimonianze. Queste persone non sapevano cosa sarebbe stato di loro, temevano che i russi sarebbero potuti tornare e punirli ancora più duramente. Oggi, i nostri colleghi impegnati nell’evacuazione dei civili dai territori minacciati raccontano che la popolazione è terrorizzata all’idea che i russi possano tornarne. Scappano lasciando tutto quello che hanno.

Vi siete occupati di documentare crimini di guerra per oltre due anni oramai. Qual è l’impatto che la brutalità dell’invasione sta lasciando sulla popolazione ucraina?

Dico sempre che documentiamo non solo violazioni della Convenzione di Ginevra, ma il dolore umano. E questo a volte stanca anche noi, che siamo professionisti. Siamo di fronte a enormi atrocità e incredibili quantità di sofferenza. A volte le persone non ci possono credere, non credono che queste cose possano accadere nel XXI secolo, immaginano che siano delle iperboli. Ma la realtà è peggiore di quanto immaginano. Quando provo a spiegare perché i russi sono così crudeli, cito due cose. La prima è l’impunità: le truppe russe hanno commesso crimini in Cecenia, in Georgia, in Moldavia, in Mali, in Libia e in altri paesi. Non sono mai state punite. Pensano di poter fare tutto ciò che vogliono. La secoda è una spiegazione militare. Quando i russi occupano un territorio eliminano scrittori, i politici, aritisti, giornalisti. Si tratta di un messaggio: non ci servono persone attive, dovete solo restare calmi e passivi. Questo terrore aiuta a mantenere il controllo del territorio.

C’è il dolore causato dai russi, ma anche i crescenti sacrifici imposti dalla difesa del paese. Secondo lei la volontà di proseguire il conflitto da parte degli ucraini si sta affievolendo?

Tutti vorrebbero una soluzione alternativa alla guerra, ma il problema è che Putin non si fermerà. Tutti i segnali di disponibilità al negoziato che lancia all’occidente sono solo escamatoge per ridurre il sostegno alla causa ucraina. Putin non vuole la pace, vuole raggiungere i suoi obiettivi storici. Per lui non esiste una nazione, un popolo, una lingua ucraina. Un insegnante di Berdysansk mi ha raccontanto che quando i russi sono arrivati nella sua scuola hanno bruciato i libri di ucraino. Vogliono cancellare l’identità ucraina: per questo non abbiamo altra scelta, se smettiamo di combattere non ci sarà più un “noi”. Per essere obiettivi, citerò un sondaggio recente secondo cui il 73 per cento degli ucraini dice che sopporterà le conseguenze negative del conflitto fino a quando serviranno. Gli ucraini vogliono la pace quanto chiunque altro, ma sanno che questo è uno scontro esistenziale.

Ma non è un problema solo di europei e americani, come dimostra il sondaggio ci sono ucraini disposti a negoziare anche ora. Anche loro si illudono sulla Russia?

Abbiamo dato una possibilità alla Russia di tenersi la Crimea e avere la pace, ma la Russia non l’ha colta. Si sono preparati e hanno attacco ancora. Questa è la natura degli imperi: attaccano sempre. Per questo vogliamo una pace sostenibile, non una pausa che dia solo il tempo alla Russia di prepararsi a occupare nuovi territori. Il problema è che quando parlo con politici, anche di alto livello, che mi chiedono dei negoziati, domando sempre loro: cosa proponete di fare affinché Putin si fermi? Non hanno mai risposte, non hanno nulla da dire a Putin per costringerlo a fermarsi. La logica degli imperi è sempre la stessa: la logica della forza. Hitler non è stato fermato da negoziati, ma solo con la forza.

Quindi il conflitto potrà finire solo con la morte di Putin o dettando le condizioni da Mosca?

Non posso prevedere il futuro. Personalmente, spero di vedere Putin al tribunale dell’Aia. Ma il problema è anche che questa non è una guerra solo di Putin: è una guerra dei russi. Quando parlavo di impero, intendevo dire che i russi non hanno imparato le lezioni della storia. In gran parte sostengono la guerra, continuano a credere di avere il diritto a invadere altri paesi e di uccidere le persone che non vogliono l’occupazione russa. Il presidente Zelensky ha preparato un formula di pace che sarà discussa in Svizzera il prossimo mese. Pensiamo tutti a strategie a lungo termine. Non stiamo combattendo solo per noi.

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