Il polo di estrema destra si è dimostrato forte, attrattivo, ma ancora isolato, senza interlocutori tali da portarlo al potere. Se nemmeno in una circostanza così favorevole non ha rotto il soffitto di cristallo, difficilmente avrà un’altra occasione. A meno ché la sinistra non radicalizzi il conflitto politico
La disciplina repubblicana, contrariamente alle previsioni, ha tenuto. A dispetto di sondaggi catastrofici che a inizio settimana pronosticavano una valanga nera, all’Assemblea nazionale il Rassemblement national si trova in terza posizione.
La sinistra del Nuovo fronte popolare, sorprendentemente prima davanti ad Ensemble, la coalizione guidata dal presidente Emmanuel Macron, ha beneficiato di un comportamento repubblicano inappuntabile: il Nfp si è ritirato in quasi tutti i collegi dove era arrivato, al primo turno, in terza posizione, per lasciare spazio ai candidati neogollisti o macroniani.
L’immagine di partito in difesa delle istituzioni democratiche, oltre ad altri fattori, ha certamente pagato. Di questo comportamento hanno beneficato i due partiti moderati Ensamble e Repubblicani. Questi ultimi, fratturati dal tradimento del loro presidente passato armi e bagagli nel campo lepenista, hanno riportato in parlamento un numero quasi identico a quello della precedente legislatura: un risultato del tutto insperato, dovuto proprio al riversamento massiccio di voti della sinistra sui suoi canditati.
E lo stesso comportamento ha consentito al partito del presidente di contenere le perdite e mantenersi davanti al Rn. La dimostrazione di quanto sia stata seguita l’indicazione data dal Nfp emerge dal computo dell’alto numero di suffragi guadagnati dai candidati moderati tra primo e secondo turno. Anche per questo la palma della vittoria spetta moralmente, più ancora che per i numeri, al Nfp.
Onori e oneri
Agli onori del primato spettano però anche gli oneri. Per ora grava una nebbia fitta su come la coalizione di sinistra voglia utilizzare la posizione conquistata. Le prime dichiarazioni dei leader del gruppo della France insoumise di Jean-Luc Mélenchon – che ha perso qualche seggio – confliggono con quelle dei socialisti – che invece hanno raddoppiato i loro rappresentanti.
Mentre i primi si sono lasciati andare a eccessi di rivoluzionarismo infantile come se avessero riconquistato la Bastiglia (con 74 deputati), socialisti e verdi hanno più laicamente sostenuto che la Quinta Repubblica ora cambia faccia perché non c’è più alcuna maggioranza precostituita e il parlamento guadagna una centralità che non era prevista dall’originale disegno istituzionale gollista.
Rientrano in gioco termini a lungo ostracizzati quali coalizione e compromesso. I socialisti sono consapevoli che senza un abbassamento della conflittualità tra sinistra e centro, non ci potrà essere nessun governo e il paese rimarrà in un limbo di ingovernabilità mai visto prima. La France insoumise non sembra invece disposta a concedere nulla alla “macronie”, termine con il quale viene definito il sistema di potere presidenziale.
Anche se Mélénchon ha escluso esplicitamente di puntare alle dimissioni di Macron, ha annunciato un atteggiamento intransigente, che prevede il boicottaggio di ogni prospettiva di accordo.
La colazione riunita sotto le bandiere del Nfp ha vinto, ma come nei movimenti di resistenza, una volta sconfitto il nemico, il giorno dopo emergono le differenze. Ed è difficile che il Nfp rimanga compatto se non scende il tasso di conflittualità nei confronti del centro moderato.
I numeri del Rn
Anche perché il Rn ha subito una battuta d’arresto devastante simbolicamente e psicologicamente, ma non nei numeri. Le cronache descrivevano un gruppo dirigente intento a disegnare gli organigrammi del potere e si può ben immaginare l’impatto della disillusione.
Tuttavia il partito di Marine Le Pen rimane, nettamente, la formazione che ha ottenuto più consensi: al secondo turno ha confermato i propri voti del primo turno portandosi al 32 per cento – più il 5 per cento dei suoi alleati di estrema destra. Sono quasi 9 milioni i francesi che hanno scelto i candidati lepenisti. Il Rn è quindi in testa quanto a numero di voti e di seggi.
Gli altri partiti lo sorpassano solo tenendo conto delle coalizioni con cui si sono presentati. Il polo di estrema destra si è dimostrato forte, attrattivo, ma ancora isolato, senza interlocutori tali da portarlo al potere. Se nemmeno in una circostanza così favorevole non ha rotto il soffitto di cristallo, difficilmente avrà un’altra occasione. A meno ché la sinistra di Mélénchon non radicalizzi il conflitto politico al punto da riportare in gioco i lepenisti come unico baluardo disponibile ed efficace agli occhi di tanti moderati.
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