Il governo prova a riscrivere la storia della dittatura cercando di riabilitare i torturatori. Francesco ha incontrato la nipote di una vittima e si è pronunciato contro il negazionismo
Ci sono ferite che non si possono rimarginare, che continuano a sanguinare nonostante lo scorrere del tempo: è il caso della feroce dittatura argentina che sconvolse la vita del paese latinoamericano dal 1976 al 1983. Una storia che, non per caso, arriva fino ai giorni nostri e tocca da vicino Francesco, il papa argentino.
Bergoglio, che pure ha cercato di aprire un canale di comunicazione con il presidente dell’Argentina Javier Milei, non ha esitato a prendere posizione contro il tentativo di revisionismo storico e giudiziario sugli anni della dittatura portato avanti dal governo guidato da Milei e in particolare dalla vicepresidente Victoria Villarruel, figlia di un alto ufficiale dell’esercito argentino, Eduardo Marcelo Villarruel, coinvolto nell’attività repressiva negli anni della giunta militare e che prese anche parte alla guerra per le Falkands-Malvinas contro il Regno Unito.
Negazionismo di stato
Victoria Villarruel, cattolica ultratradizionalista che frequenta la messa preconciliare celebrata dal gruppo scismatico reazionario della Fraternità di san Pio X (i lefebvriani), sostiene le classiche tesi negazioniste: il numero dei desaparecidos sarebbe sovradimensionato e soprattutto bisognerebbe riconsiderare tutto il periodo storico degli anni Settanta come una stagione di guerra civile a bassa intensità fra gruppi terroristi che volevano sovvertire lo Stato e i militari che vi si opposero.
Il culmine di questa strategia è stato raggiunto lo scorso 18 luglio quando sei deputati del partito di Milei, Libertad Avanza, sono andati al carcere di Ezeiza a visitare i militari condannati per crimini contro l’umanità durante la dittatura militare. Fra questi spiccava Alfredo Astiz, ex ufficiale della Marina argentina, assai vicino all’ammiraglio Emilio Eduardo Massera, uno dei principali responsabili del golpe del 1976, condannato successivamente per crimini contro l’umanità.
Astiz deve scontare due ergastoli per il rapimento e l’omicidio, fra molti altri, di due suore francesi e di tre fondatrici del movimento delle “madres de plaza de mayo” che si batté per rompere il silenzio sulla fine dei loro figli scomparsi (desaparecidos), catturati, torturati e uccisi dai militari. Famoso con il soprannome di “angelo della morte”, Astiz s’infiltrò nel gruppo che frequentava la Chiesa della Santa Cruz a Buenos Aires, dove stava prendendo forma il primo nucleo delle “madres” e fece arrestare 12 persone, fra cui le due religiose; nessuno sopravvisse al rapimento e alle torture.
Secondo i rappresentanti di Libertad Avanza, tuttavia, i condannati sono stati accusati ingiustamente, li descrivono anzi come «ex combattenti delle battaglie contro la sovversione marxista», sostenendo che i processi sono stati una «farsa» e minacciano di denunciare gli stessi giudici che hanno comminato le condanne.
Il gesuita e la comunista
Tuttavia qualcosa è accaduto nei giorni e nelle settimane passate. Lo scorso 9 di agosto, infatti, è stata ricevuta dal pontefice in Vaticano Anita Fernandez, figlia di Ana Maria Careaga; quest’ultima venne sequestrata dai militari quando, a 16 anni, era rimasta incinta di Anita riuscendo poi a salvarsi miracolosamente dalla prigionia; sua madre invece non ce la fece: Esther Ballestrino de Careaga, nonna di Anita e madre di Ana, fra le fondatrici del gruppo delle “madres de plaza de mayo” (proprio per cercare la figlia scomparsa) rimase vittima del tradimento di Astiz; desaparecida anche lei, venne scaraventata in mare durante uno dei famigerati voli della morte.
Esther però in gioventù, pur essendo una militante simpatizzante comunista fuggita a Buenos Aires dal Paraguay del dittatore Alfredo Stroessner, conobbe un futuro gesuita del quale diventò amica, che sarebbe diventato papa. I due si erano conosciuti nei primi anni Cinquanta, quando lui era un giovane apprendista chimico e lei, biochimica di professione, era la sua responsabile in un laboratorio. «È lei che mi ha introdotto alla politica, mi faceva leggere molte cose e poi ne discutevamo: devo molto a quella donna», disse Bergoglio durante la testimonianza che diede durante il procedimento giudiziario contro i responsabili della morte di Esther.
È poi storia che Bergoglio, anni dopo, nascose i libri che Esther Ballestrino gli diede in custodia perché troppo pericolosi da tenere in casa, testi politici che da soli potevano costituire una ragione per essere arrestati. La nipote, Anita, ha raccontato alcuni particolari del suo incontro con Francesco.
L’importanza della memoria
Il papa, ha spiegato la donna al quotidiano La Nación, «prima che potessi raccontargli l’accaduto, mi ha detto che aveva saputo della visita dei deputati al carcere di Ezeiza», poi ha aggiunto «che gli sembrava molto pericoloso e ha detto che dobbiamo prenderci cura della democrazia, quindi ha lanciato un messaggio, attraverso un video per la trasmissione radiofonica di mia madre, un messaggio molto importante, per tenere alta la bandiera della memoria, della verità e della giustizia, necessarie in tutto il mondo, ma soprattutto in Argentina».
Anita, infatti, ha chiesto a Francesco di registrare alcune parole da trasmettere nel programma radiofonico di sua madre, Ora e per sempre. Il papa ha acconsentito e il risultato è un video in cui lui stesso appare dicendo: «Non arrenderti, conserva la tua memoria. Conserva il ricordo di ciò che hai ricevuto. Non solo delle idee, ma pure delle testimonianze. Questo è il messaggio che vi do oggi».
Va però rilevato che quello del colloquio privato del papa con la nipote di Esther Ballestrino de Careaga non è stato un gesto isolato. Pochi giorni prima, infatti, si era recato a Ostia dove vive suor Geneviève Jeanningros, della Congregazione delle Piccole sorelle di Gesù, e lì aveva incontrato lei e la comunità dei giostrai e circensi del Luna Park di Ostia.
Suor jeanningros, però, oltre a svolgere il suo lavoro pastorale in mezzo alle comunità Lgbtq+ e ai giostrai, con i quali condivide la vita abitando in una roulotte insieme alla consorella Anna Amelia, è anche la nipote della religiosa francese Léonie Duquet, che faceva parte dei “12 di Santa Cruz” rimanendo anche lei vittima di Astiz e dei suoi complici. Il gesto del papa è stato giudicato in Argentina come una presa di posizione contro il tentativo del governo di riabilitare quanti sono stati condannati per crimini contro l’umanità commessi nel periodo della dittatura.
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