Francesco non si pronuncia fra i due candidati alla Casa Bianca del prossimo novembre, Donald Trump e Kamala Harris; interpellato sul volo di ritorno dal lungo viaggio asiatico circa la possibilità di scegliere fra chi progettava di deportare milioni di migranti e chi sostiene l’aborto, il papa affermava che entrambe le scelte sono profondamente sbagliate, «contro la vita», e comunque, spiegava, «non sono statunitense, non andrò a votare lì», ma «si deve votare». E si deve scegliere «il male minore. Ognuno in coscienza pensi e faccia questo».

Per l’ennesima volta, nel corso del pontificato, con le sue parole, Francesco chiama quindi i credenti a compiere delle scelte consapevoli prese seguendo la loro coscienza, chiudendo una volta di più la stagione del vescovo-pilota, ovvero della chiesa che ordina ai laici cosa fare in ogni ambito della vita civile; tanto più che in questo caso entrano due aspetti della dottrina sociale particolarmente dibattuti negli Stati Uniti e rilevanti nel magistero di Bergoglio.

I repubblicani, infatti, sostengono da sempre il movimento pro-life antiabortista (fortemente legato all’episcopato americano), rafforzato, negli ultimi due anni da una sentenza della Corte suprema che cancellava il diritto all’aborto a livello federale, tuttavia in molti casi referendum statali svoltisi dopo la sentenza, riaffermavano il diritto all’interruzione di gravidanza.

I democratici, al contrario, sono il partito pro-choice, cioè il partito favorevole alle leggi che consentono alle donne di scegliere se abortire o non farlo. Sulle migrazioni la situazione fra i due partiti e candidati che si contendono la presidenza è più complessa, ma di certo è Trump quello che sta facendo campagna elettorale sui rimpatri.

«Mandare via i migranti, non dare ai migranti capacità di lavorare», ha detto dunque il papa rispondendo alla domanda, «non dare ai migranti accoglienza è peccato, è grave. Nell’Antico Testamento c’è un ritornello: l’orfano, la vedova e lo straniero, cioè il migrante (...) Chi non custodisce il migrante, manca, è un peccato, un peccato anche contro la vita di quella gente».

Sull’aborto ha poi aggiunto: «La scienza dice che al mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano, tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere». «La chiesa», ha detto ancora, «non è chiusa perché non permette l’aborto: la chiesa non permette l’aborto perché è uccidere, è un assassinio, è un assassinio». Quindi ha ribadito i due concetti.

Cattolici senza casa

Spiazzati restano un po’ tutti. La conferenza episcopale che non si aspettava una uscita del genere tale da mettere in crisi una storica linea pro-life in vista del voto, e poi – sul fronte opposto – chi si attendeva forse un po’ ingenuamente, un papa totalmente anti Trump.

Secondo il periodico cattolico online Crux, «in particolare per i cattolici americani, i commenti di Francesco a bordo del volo di ritorno da Singapore a Roma hanno colto anche una dura verità, troppo spesso dimenticata nel trambusto della stagione elettorale: vale a dire, qualsiasi americano che prenda sul serio l’intera gamma dell’insegnamento sociale cattolico non può sentirsi a suo agio in nessuno dei nostri principali partiti politici». In pratica, si spiega, «i cattolici americani sono destinati a essere politicamente senza fissa dimora».

D’altro canto, non va dimenticato che a fine agosto a Panama si è svolto un summit sulle migrazioni con il sostegno del Vaticano, cui hanno partecipato i vescovi del Nord e del Sud America per dare vita a una pastorale migratoria che unisca paesi e chiese delle nazioni di partenza e di quelle di accoglienza, presto arriverà anzi un documento comune sul tema dei diversi episcopati americani.

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