«È uno stillicidio inumano», commenta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia
Il Tribunale di Mansura, in Egitto, ha rinviato al 27 settembre l’aggiornamento del processo a carico di Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna, relativo all'accusa di diffusione di notizie false ai danni del proprio paese.
Lo ha annunciato lo stesso Zaki in un breve messaggio sul suo profilo Twitter. «Oggi hanno solo preso la mia carta d'identità, mi hanno fatto uscire, mi hanno detto di aspettare: sono stato là per due ore senza avere idea di cosa stesse succedendo. Poi mi hanno detto che l'udienza è stata rinviata al 27 settembre. Non capisco perché mi impediscano di tornare in Italia. Voglio soltanto tornare a studiare. Questa tattica che stanno adottando con me sta rovinando la mia educazione», ha detto il ragazzo davanti al palazzo di Giustizia di Mansura.
«Erano, a oggi, 28 mesi, arriveremo a 31, come abbiamo appena appreso. Mesi che Patrick Zaki è intrappolato in un meccanismo giudiziario arbitrario che, di rinvio in rinvio, continua a privarlo della sua completa libertà», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
«È uno stillicidio inumano, un periodo esorbitante, in cui il tempo di Patrick Zaki si è fermato, un periodo di tempo che, di per sé, costituisce una punizione, considerato che Patrick è accusato di un reato dal puro sapore orwelliano e cioè diffusione di notizie false, per aver scritto soltanto la verità».
Già nella giornata di ieri diversi fonte giudiziarie avevano anticipato alla stampa che l’udienza sarebbe stata rinviata. È un «processo politico» e «potrebbe anche essere chiuso in maniera imprevista» dai giudici aveva detto la legale del giovane studente egiziano Hoda Nasrallah.
Le accuse
Nonostante la scarcerazione avvenuta lo scorso 8 dicembre dopo quasi due anni di detenzione, Patrick Zaki rimane imputato «per «diffusione di notizie false e diffusione di terrore tra la popolazione» riguardo a un articolo pubblicato nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dall’Isis e discriminati da frange della società musulmana.
© Riproduzione riservata