- Il governo cinese ha criticato i paesi che hanno deciso di adottare nuove misure di controllo dei viaggiatori in arrivo dalla Cina e ha promesso «contromisure basate sulla reciprocità».
- Ma nel frattempo resta difficile misurare le dimensioni della nuova ondata che ha colpito il paese dopo la riduzione delle restrizioni. Si parla di milioni di nuovi casi ogni giorni e di migliaia di morti.
- Arrivano però i primi segnali che il picco potrebbe già essere stato raggiunto in diversi città, tra cui la capitale Pechino. Anche alcuni indicatori indiretti, come l’utilizzo dei treni della metropolitana, indicano che forse il peggio è passato.
Pechino critica i paesi che hanno deciso di adottare nuove misure di controllo sui viaggiatori in arrivo dalla Cina, mentre arrivano i primi segnali che l’enorme ondata di Covid-19 che ha colpito il paese a dicembre, dopo l’allentamento delle misure di contenimento, potrebbe aver superato la fase di picco.
«Contromisure»
Stati Uniti, Francia e Giappone sono alcuni dei paesi che nelle ultime settimane hanno imposto nuovi controlli anti Covid ai viaggiatori in arrivo dalla Cina, come l’obbligo di presentare un tampone negativo. Anche l’Italia è stata tra i primi ad adottare le nuove misure.
«Diversi paesi hanno intrapreso misure restrittive nei confronti dei viaggiatori cinesi», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning. «Sono misure che mancano di solidità scientifica e alcune decisioni costituiscono pratiche inaccettabili». Mao ha aggiunto che nei confronti di questi paesi, il governo cinese potrebbe adottare «contromisure basate sul principio di reciprocità».
I nuovi controlli imposti da diversi paesi sono causati dalla dimensione dell’ondata di Covid che ha colpito la Cina e dal timore causato dell’assenza di dati certi su quello che sta accadendo dallo scorso dicembre, quando il governo aveva deciso di allentare notevolmente la durissima politica del “covid zero” che aveva risparmiato al paese l’alto numero di infezioni e decessi vissuto negli ultimi due anni da Europa, Stati Uniti ed India.
Le nuove misure decise dal governo cinese sono più stringenti delle regole in vigore in gran parte d’Europa, ma la copertura vaccinale in Cina è molto più bassa, soprattutto tra gli anziani. La politica del “covid zero” inoltre ha fatto sì che una percentuale inferiore della popolazione è protetta dalla parziale immunità naturale che si ottiene contraendo la malattia.
Il risultato di questi fattori è stato un aumento dei casi senza precedenti. Documenti riservati delle autorità sanitarie cinesi parlano di 250 milioni di infettati nei soli primi venti giorni di dicembre. Secondo un modello elaborato da un gruppo di ricercatori di Hong Kong, fino a un milione di persone potrebbe essere morto a causa del Covid questo inverno, mentre la società di analisi dei rischi sanitari Airfinity ha previsto una media 11mila morti e 1,8 nuovi infetti al giorno da qui alla fine di aprile, per un totale di 1,7 milioni di decessi.
Esperti e ricercatori devono basarsi su elaborazioni e stime perché il governo cinese ha cessato di diffondere regolarmente dati sull’epidemia. Ufficialmente, il governo ha ammesso soltanto 15 decessi dal giorno della riapertura, lo scorso 7 dicembre, ad oggi.
Le autorità cinesi hanno ammesso che l’epidemia ormai ha tali proporzioni da non essere più tracciabile. Gli esperti del centro epidemiologico cinese stanno utilizzando misurazioni indirette per farsi un’idea della diffusione della malattia, come la vendita di farmaci contro la febbre e il numero di chiamate ai servizi di emergenza.
I dati diffusi dai governi regionali sono comunque impressionanti. Nella città meridionale di Dongguan, un importante centro manifatturiero, si contano 300mila nuovi casi al giorno, altri 500mila nella città di Qingdao. Nella provincia costiera di Zhejiang, dove si attendono di raggiungere il picco in questi giorni, i nuovi casi hanno raggiunto un milione al giorno, gran parte nei grandi centri di Quzhou e Zhoushan dove probabilmente il 30 per cento della popolazione è stato infettato.
I timori
Sono due i timori principali per la situazione in Cina. Il primo è che un numero così alto di nuovi casi possa contribuire a produrre una variante del virus in grado di sfuggire parzialmente all’immunità garantita dai vaccini. Al momento le varianti in Cina sono di tipo conosciuto e numerosi esperti invitano a non preoccuparsi eccessivamente. Le varianti emerse dalle ondate precedenti sono risultate spesso più contagiose, ma quasi sempre meno letali. Non è impossibile che in futuro nasca una variante più mortale e più rapida a diffondersi, ma fino ad oggi non è mai avvenuto.
Il secondo timore è quello per le conseguenze economiche dell’epidemia. A dicembre, tutti i principali indicatori economici cinesi sono crollati. L’enorme ondata epidemica ha colpito il settore della manifattura e, ancora di più, quello dei servizi, costringendo a casa milioni di lavoratori e inceppando le catene di produzione globali.
Questo rallentamento si aggiunge a quelli registrati a ottobre e novembre, quando a contrarre l’attività economica erano stati i lockdown per eliminare i focolai di contagio che iniziavano a svilupparsi all’inizio dell’autunno.
Il picco è passato?
Dal paese arrivano però anche alcuni segnali incoraggianti. Negli ultimi giorni diversi funzionari hanno detto che il picco dell’epidemia sembra essere stato superato a Pechino, Chengdu, Tianjin e Guangzhou. Secondo l’agenzia Bloomberg, il traffico sulla metropolitana di Shanghai e Shenzen ha ripreso a crescere dopo aver raggiunto un picco negativo a metà dicembre, segno che le persone probabilmente iniziano a sentirsi sufficientemente bene da poter tornare a lavoro. Anche nella fabbrica Foxconn di Zhengzhou, uno delle principali fabbriche di assemblaggio degli iPhone, al centro delle proteste contro i lockdown lo scorso autunno, la produzione è tornata al 90 per cento dei livelli normali.
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