- Se è vero che Xi e Putin sembrano avviare “nuove ère” tra i loro paesi ogni volta che si incontrano, Mosca e Pechino questa volta non si sono scambiate soltanto cortesie. Stavano annunciando al mondo «un’imminente e profonda trasformazione», nelle loro parole «una ridistribuzione del potere nel mondo».
- L’effettiva posizione di Pechino nei confronti di Mosca è stata ambivalente.
- Per la Cina gli aspetti negativi della guerra iniziano a prevalere sui vantaggi, soprattutto perché il conflitto non pare prossimo alla fine.
Nella prima settimana di febbraio il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping si sono incontrati a Pechino prima della cerimonia di apertura delle olimpiadi invernali. Dopo l’incontro, Russia e Cina hanno rilasciato una dichiarazione congiunta su una «nuova èra» delle relazioni internazionali. Non aver dato importanza a quella dichiarazione, al tempo, può essere considerato un fatto perdonabile.
Perché se è vero che Xi e Putin sembrano avviare “nuove ère” tra i loro paesi ogni volta che si incontrano, Mosca e Pechino questa volta non si sono scambiate soltanto cortesie. Stavano annunciando al mondo «un’imminente e profonda trasformazione», nelle loro parole «una ridistribuzione del potere nel mondo».
L’ambivalenza di Pechino
Mentre l’invasione russa dell’Ucraina prosegue, il mondo è irrevocabilmente cambiato. La famosa citazione di Vladimir Lenin è stata usata così tanto nelle ultime settimane da diventare banale, ma rimane comunque vera: «Ci sono anni in cui non succede nulla e ci sono settimane in cui accadono decenni». Il mondo tendeva già al multipolarismo, ma ora ha passato il Rubicone e, a uno sguardo superficiale, sembra che la Cina stia dalla parte della Russia.
L’effettiva posizione di Pechino nei confronti di Mosca, tuttavia, è stata ambivalente. Un esempio: poche ore dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la Repubblica popolare ha annunciato di aver revocato tutte le restrizioni sull’importazione di cereali russi «per problemi fitosanitari». Il giorno successivo, tuttavia, due delle maggiori banche statali cinesi hanno limitato i finanziamenti per l’acquisto di materie prime russe, in particolare hanno smesso di emettere crediti per acquisti in dollari americani, offerti invece solo in yuan. Nel frattempo, il sistema cinese di scambi in valuta estera ha consentito di raddoppiare il range tra lo yuan e il rublo per incoraggiare le transazioni in yuan tra i due paesi. La Cina dimostrava d’essere disposta ad aiutare la Russia, ma a un prezzo.
Inoltre, il giorno dopo l’invasione russa il ministero degli Affari esteri cinese ha rilasciato la dichiarazione «posizione in cinque punti» sull’Ucraina. Per diversi giorni Pechino ha sollecitato negoziati diretti tra Mosca e Kiev e mantenuto un dialogo aperto con i più alti livelli del governo ucraino.
Confrontiamo questa faccenda con l’astensione della Repubblica popolare ai voti delle Nazioni unite per condannare la guerra e aprire una sessione di emergenza dell’Assemblea generale. O con la propensione di Wang a parlare in maniera ambigua, poiché ha recentemente dichiarato che le relazioni tra Cina e Russia sono «solide come una roccia», «le più cruciali al mondo». Pechino dice di rispettare la sovranità dell’Ucraina, però mantiene stretti rapporti con il suo invasore.
L’ambivalenza pechinese dovrebbe spaventare il presidente Putin, il quale, oltre ad annunciare una «nuova èra» a febbraio, ha anche svelato accordi per 117,5 miliardi di dollari in petrolio e gas con la Repubblica popolare. In sostanza, sta legando il futuro della sua nazione alla domanda cinese.
Dipendenza reciproca
Si è parlato molto della dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, del resto lo scorso anno meno della metà delle importazioni di gas naturale dell’Unione europea e poco meno di un quarto delle importazioni di petrolio provenivano dalla Russia. Ma la dipendenza di Mosca non è inferiore.
Il 70 per cento delle sue esportazioni di gas naturale e la metà delle sue esportazioni di petrolio sono finite in Europa. Negli ultimi anni il Cremlino ha aumentato in modo significativo le esportazioni di energia verso la Cina, diventando il terzo maggiore fornitore di Pechino, ma l’economia russa, dipendente dalle materie prime, è ancora in gran parte guidata dalla domanda europea. Anche l’infrastruttura del gasdotto russo è in gran parte orientata verso l’Europa: solo ora sta costruendo un gasdotto con capacità sufficiente per esportare in Cina su larga scala.
Per aggiungere al danno la beffa, secondo S&P Global la Cina sembra riluttante persino ad acquistare il greggio russo proveniente dal mare. L’agenzia Interfax ha riferito che la Repubblica popolare si rifiuta di rifornire gli aeroplani russi di parti di aeromobili. Bloomberg ha scritto che la Cina vuole acquistare partecipazioni nelle principali società di materie prime russe come Gazprom e Rusal, possibilità che i commentatori moscoviti hanno rapidamente respinto perché l’idea che Pechino possieda i campioni nazionali è un anatema per la posizione strategica della Federazione, al pari di consentire all’Ucraina di entrare nella Nato.
La Cina ha ascoltato con angoscia il segretario al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo, affermare che le aziende cinesi potrebbero incorrere in sanzioni da parte di Washington se esporteranno apparecchiature tecnologiche verso la Russia in violazione delle nuove regole statunitensi sui prodotti diretti esteri.
È una mera coincidenza che Xi abbia chiamato personalmente Putin lo stesso giorno per sollecitare «massima moderazione» nella guerra russa? La Securities and exchange commission, l’ente statunitense preposto alla vigilanza sulla borsa valori, ha anche delistato cinque aziende cinesi, riportando il prezzo dei titoli tecnologici cinesi al di sotto dei livelli della pandemia di Covid-19.
Il contratto sociale tra Putin e il popolo russo è che questi possa essere dittatore in cambio della stabilità e del ritorno alla grandezza. Quel contratto in Cina è molto diverso: per mantenere la sua posizione Xi deve mantenere la promessa di arricchire la popolazione fatta da Deng. Per questo la Russia può sopportare le sanzioni meglio della Cina.
Le preoccupazioni cinesi
È difficile ricordare il mondo prima della guerra, ma è importante farlo per capire che la Repubblica popolare stava affrontando importanti problemi economici legati allo scoppio della bolla immobiliare. Finalmente Xi sta cercando di imporre un po’ di disciplina fiscale nell’economia nazionale anziché stimolarla all’infinito attraverso il debito.
Ma è più facile a dirsi che a farsi. In Cina molti governi locali hanno rivisto gli obiettivi di budget per le entrate derivanti dalla vendita di terreni in calo di oltre il 10 per cento e si registrano perfino misure per “stringere la cinghia” riguardanti i dipendenti pubblici, alcuni dei quali negli ultimi mesi hanno visto ridursi la paga mensile di un terzo. Da quelle parti sono iniziate rivoluzioni per molto meno.
Quanto peggiore sarà la guerra russo ucraina per l’economia globale, tanto più complicato sarà per la Cina digerirla. Se Xi sapeva della guerra – non possiamo sapere se Putin gliene avesse parlato o meno – senza dubbio l’intelligence cinese ha fatto una valutazione simile a quella della maggior parte delle agenzie di intelligence: la campagna russa sarebbe stata più rapida e molto più efficace di quella cui stiamo assistendo.
La Repubblica popolare beneficia della guerra russo ucraina in due dossier chiave. Il primo è ovvio: poiché la maggior parte del mondo rifiuta i prodotti e le materie prime russe – e poiché l’Europa si impegna a ridurre la sua dipendenza dall’energia russa il più rapidamente possibile – la Cina otterrà di importare da Mosca a prezzi scontati.
Inoltre, il declino dell’influenza americana in Medio Oriente, evidenziato dal rifiuto di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti di parlare con Joe Biden, consente a Pechino di aumentare il proprio peso in quella regione. Il secondo è che più gli Stati Uniti sono concentrati sull’Europa, meno si dedicano al Mar Cinese Meridionale, dove la Repubblica popolare continua a mostrare i muscoli in vista di una eventuale annessione di Taiwan.
Tuttavia per la Cina gli aspetti negativi della guerra iniziano a prevalere sui vantaggi, soprattutto perché il conflitto non pare prossimo alla fine. Svanite le possibilità di una vittoria rapida, la Russia sta anche perdendo la guerra d’informazione, il che significa che Pechino subisce danni reputazionali collaterali perché puntualmente associata a Mosca.
L’importazione di grano e petrolio russi a basso costo non compensa l’enorme aumento di prezzo nei mercati delle materie prime causati dalla guerra. Un incremento dei prezzi che, specie quando si tratta di cibo, potrebbe gravare duramente sulla Cina se le spedizioni nel Mar Nero rimanessero interrotte e gli agricoltori ucraini non seminassero i loro raccolti primaverili.
Inoltre, lungi dal distrarre gli americani e i loro alleati, l’aggressione russa potrebbe convincere gli Stati Uniti, insieme al Giappone, che ha già rafforzato capacità militare e relazioni con Taiwan, e alla Corea del Sud, che ha appena eletto un presidente filoamericano, a prevenire per Taiwan un futuro scenario ucraino.
Nelle parole dei media statali cinesi: «I legami tra Cina e Russia si basano su una non alleanza». Tradotto: la Cina non è alleata della Russia. Storicamente, le relazioni tra Pechino e Mosca sono state relativamente tese, compresa una breve guerra di confine negli anni Sessanta e la conquista russa di territori cinesi alla fine del XIX secolo.
La Cina non sta inviando truppe in Ucraina per aiutare la Russia. Piuttosto, sta importando cereali e petrolio russi a un prezzo più basso del normale perché in questo momento la maggior parte degli acquirenti non vuole commerciare con Mosca. In sintesi: Pechino sta spudoratamente approfittando del momento russo. Una realtà cui il Cremlino dovrebbe abituarsi nel cupo futuro che ha scelto per sé invadendo l’Ucraina.
Traduzione a cura di Monica Fava.
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