- La crisi nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, sotto attacco di una guerriglia jihadista, ha prodotto un popolo di profughi. Sono 335mila i bambini, su un totale di 732mila sfollati, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni.
- L’Italia storicamente è molto legata a questo paese dell’Africa australe: c’è un’antica storia di cooperazione con le ong; lo storico accordo di pace mediato da Sant’Egidio nel 1992; la presenza dell’Eni e tanto altro.
- È auspicabile un impegno politico che il governo italiano deve assicurare partecipando in maniera rilevante alle operazioni di stabilizzazione securitaria del paese.
Un popolo di profughi bambini. Questa è la tragica fotografia della crisi nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, sotto attacco di una guerriglia jihadista dai contorni in parte oscuri. Metà dei profughi è minorenne, spesso senza genitori. Sono 335mila i bambini, su un totale di 732mila sfollati, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. È quanto ha denunciato in una recente conferenza stampa, citando dati Hcr, don Angelo Romano della comunità di sant’Egidio, presente sul territorio e che sta ora gestendo nel paese il più grande programma umanitario con il sostegno dell’Unione europea.
Ogni volta che la gente è costretta a fuggire per la violenza, sia che si tratti di un conflitto mediorientale, di una guerra africana o di una crisi asiatica, ne consegue un trascinarsi di situazioni croniche e allarmanti, fatte di malattie, povertà e morti precoci. Dopo un primo momento di interesse spesso tali congiunture non ricevono la necessaria prolungata attenzione internazionale. Si tratta di crisi che provocano continue metastasi delle cui conseguenze ci si accorge sempre troppo tardi.
La situazione dei profughi
Enormi campi profughi sono divenute città (come Daabab in Kenya) fuori dal controllo delle autorità e infiltrate. Altrove i campi si trasformano in mondi sospesi (come i siriani a Zaatar in Giordania o gli innumerevoli campi di profughi afghani) senza prospettiva e senza domani. Infine ci sono i veri universi concentrazionari come al Hol in Siria, nella zona controllata dai curdi, sotto scacco dei resti dell’Isis che tengono in ostaggio donne e, anche in questo caso, innumerevoli bambini.
Il Mozambico non deve diventare un’altra di queste storie di fallimento dell’azione umanitaria internazionale. L’Italia storicamente è molto legata a questo paese dell’Africa australe: c’è un’antica storia di cooperazione con le ong; lo storico accordo di pace mediato da sant’Egidio nel 1992; la presenza dell’Eni e tanto altro. È auspicabile un impegno politico che il governo italiano deve assicurare partecipando in maniera rilevante alle operazioni di stabilizzazione securitaria del paese.
Il recente intervento delle truppe ruandesi e sudafricane nella zona di Cabo Delgado è un primo passo verso il contenimento e la fine dell’insurrezione jihadista. Parallelamente l’Ue sta approntando un’operazione Eutm (training mission) per esercitare e formare le forze mozambicane, in modo che possano il più rapidamente possibile avvicendare i reparti africani inviati in loro aiuto. Il Portogallo ha preso l’iniziativa ma sarebbe bene che l’Italia divenisse il maggiore sponsor di tale operazione. Nel recente dibattito parlamentare sul decreto Missioni all’estero, si è aperto uno spazio: è auspicabile che le forze politiche mantengano un’attenzione continua su tale situazione. Un secondo impegno del governo deve essere di emergenza umanitaria: non lasciamo che un popolo di profughi bambini languisca senza tetto, pane, acqua, scuola e cure. Non lasciamoli senza futuro.
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