Accuse di brogli, riconteggi infiniti, errori nella registrazione dei voti e diffusione di risultati contrastanti tra opposizione e fonti governative hanno contrassegnato il primo turno delle elezioni generali in Turchia, conclusesi con la vittoria della coalizione pro-Erdogan al Parlamento e con un testa a testa tra i due principali sfidanti alla presidenza del paese.

Il voto è stato monitorato come da prassi dai rappresentanti dei diversi partiti, dai funzionari del governo e da delegazioni internazionali, ma a controllare il buon andamento delle procedure sono stati anche gli stessi cittadini turchi. In migliaia si sono offerti volontari per monitorare le elezioni al primo turno e il numero degli interessati è più che raddoppiato in vista del ballottaggio, a dimostrazione di quanto sia ancora forte nel paese l’attaccamento a quei valori democratici che Recep Tayyip Erdogan ha lentamente cercato di cancellare.

Le ong

«Al primo turno abbiamo ricevuto 71mila richieste, ma adesso abbiamo più di 210mila persone interessate a monitorare il ballottaggio di domenica. È un risultato incredibile in soli 5 giorni», spiega Ertim Okun, uno dei fondatori della ong Oy ve Otesi (Voto e oltre). L’associazione, nata nel 2015, ha il compito di formare gli elettori che desiderano monitorare le elezioni, fornendo loro le competenze legali necessarie per riconoscere eventuali violazioni delle procedure, ma non solo. «Insegniamo ai nostri volontari anche come comportarsi all’interno dei seggi. Quella del voto è sempre una giornata molto tesa ed è importante sapere cosa fare per ridurre la tensione ed evitare che la situazione degeneri».

L’ong ha più di cento centri di formazione all’interno del paese, ma per chi vive nelle aree meno centrali è possibile seguire un corso online. Quello caricato recentemente in vista delle elezioni del 2023 ha ricevuto più di un milione di visualizzazione.

Oy ve Otesi è stata fondata nel 2015 per monitorare in maniera indipendente il voto in un paese in cui le elezioni non sono totalmente libere ed eque, come certificato anche dall’Osce, ma l’obiettivo principale resta quello di coinvolgere il più possibile i cittadini nel processo elettorale per fargli comprendere appieno l’importanza del diritto al voto. Coprire tutte le aree del paese però non è semplice. Nelle zone rurali e nei villaggi il voto non viene quasi mai monitorato da organizzazioni indipendenti, per cui anche i dati raccolti nel corso dello spoglio da Oy ve Otesi risultano parziali. I volontari presenti nei diversi seggi infatti hanno anche il compito di fotografare le schede in cui sono riportati i risultati delle singole urne per permettere al team informatico di analizzare i dati ricevuti e controllare che non ci siano discrepanza tra questi e i risultati diffusi dai canali ufficiali.

Un sistema simile era stato usato la notte del primo turno dall’opposizione, ma con un pessimo risultato. Il conteggio portato avanti dal partito repubblicano di Kemal Kilicdaroglu è risultato errato e per ore il candidato presidente e i suoi elettori hanno realmente creduto in una vittoria inesistente. Questo errore ha causato un danno di immagine non indifferente all’opposizione e ha amplificato il senso di sconfitta nell’elettorato di Kilicdaroglu, già sospettoso nei confronti di un conteggio portato avanti da agenzie leali al presidente uscente.

I cittadini

Non tutti i cittadini credono che il risultato ufficiale sia quello effettivamente uscito dalle urne. Per Işıl il rischio di interferenze nel voto è certamente alto in Turchia, per questo ha scelto di monitorare le elezioni sia al primo che al secondo turno. «Ho invitato i miei amici a fare altrettanto. Il voto è importante e dobbiamo assicurarci che non ci siano frodi».

La ragazza ha deciso di aderire a Turkiye Gonulluleri (Volontari turchi), un’associazione gestita per lo più da donne e politicamente vicina all’Alleanza nazionale guidata da Kilicdaroglu. «Ho vent’anni e da che ho memoria al governo c’è stato sempre e solo Erdogan. Per me e per i miei amici è importante che si arrivi a un cambiamento. Vogliamo vivere meglio e avere una vita normale, invece siamo preoccupati per il nostro futuro. Non facciamo altro che discutere di politica, ma un paese in cui si parla solo di questo non è un paese felice».

Mentre parla Işıl si gratta l’eritema che le è comparso su un dito della mano destra alcuni giorni prima e che secondo lei è stato causato dallo stress derivante proprio dalle elezioni. L’esito di queste urne d’altronde sarà decisivo per un paese alle prese con una crisi economica schiacciante e che preoccupa trasversalmente tutta la società.

La mancanza di futuro in Turchia è un tema dibattuto soprattutto tra i giovani, molto corteggiati in queste elezioni dai vari partiti politici. Gli elettori tra i 18 e 30 anni d’altronde corrispondono a un terzo dell’elettorato attivo ed è a loro che sono state promesse riforme ad hoc per incentivare l’accesso allo studio e al mondo del lavoro. I candidati alla presidenza hanno anche fatto ampio ricorso ai social per intercettare questa fascia d’età, tra video su Twitter e TikTok e incontri con influncer di diverse piattaforme.

Per l’opposizione però i social sono stati una scelta quasi obbligata per comunicare con i propri elettori. Il 90 percento dei mezzi di comunicazione tradizionali è controllato dal governo e la copertura mediatica è stata largamente favorevole nei confronti di Erdogan, mentre pochissimo spazio è stato riservato ai suoi sfidanti. In vista del ballottaggio, diverse trasmissioni hanno persino oscurato l’immagine o il nome di Kilicdaroglu, definito semplicemente “l’altro candidato”.

In un contesto in cui le elezioni non sono del tutto libere ed eque, il lavoro di monitoraggio della società civile rappresenta un segnale di speranza per un paese che sta facendo del nazionalismo e dell’autoritarismo i suoi elementi costitutivi.

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