I manifestanti hanno assaltato il palazzo presidenziale, e lo stato d’emergenza è stato esteso a tutto il paese Dumoulin dell’Ecfr: «L’Europa deve seguire la vicenda»
Continuano le proteste contro l'aumento del costo del gas in Kazakistan, a causa della decisione del governo kazako di eliminare il limite massimo al prezzo del Gpl. Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa russa Tass, citata da LaPresse, la residenza presidenziale ad Almaty è in fiamme e fuori dall'edificio si sono radunati migliaia di manifestanti armati di carabine, fucili e granate.
La residenza, il corrispondente della Tass, è stata inghiottita dal fumo, e gli edifici vicini sono in fiamme, mentre le forze dell'ordine hanno lasciato l'edificio. Nel frattempo sempre più manifestanti sarebbero diretti verso l’aeroporto di Almaty, e le evacuazioni dei dipendenti sarebbero in corso.
Il gruppo di monitoraggio web NetBlocks ha denunciato un blackout di internet a livello nazionale, mentre il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha detto che intende «agire nel modo più duro possibile» verso i disordini in corso nel paese, chiamando i manifestanti «complottisti motivati finanziariamente» e definendo le proteste un «periodo nero» nella storia del paese.
Intervenendo in televisione per un discorso alla nazione, il presidente Tokayev ha annunciato inoltre che dirigerà il Consiglio di sicurezza della repubblica – in precedenza guidato dall'ex capo di stato Nursultan Nazarbayev – e ha detto che non lascerà il paese «qualunque cosa accada», annunciando «proposte per la trasformazione politica del paese» al più presto.
Questa mattina i manifestanti hanno preso il controllo dell'edificio del comune ad Aktobe, e fatto irruzione in quello di Almaty, appiccando il fuoco.
Lo stato d’emergenza è stato esteso a tutto il paese, compresa la capitale, Nur-Sultan, fino al 19 gennaio, con un coprifuoco notturno fra le 23 e le 7. È stata vietata l'organizzazione di incontri e raduni pubblici, mentre la polizia usa blindati, gas lacrimogeni e granate per disperdere i dimostranti.
Il presidente Kassym-Zhomart Tokayev ha accettato le dimissioni del governo, e nominato come premier ad interim Alikhan Smailov, in precedenza vice premier.
Le forze dell’ordine hanno riferito che finora sono state arrestate più di 200 persone, e sono almeno 95 gli agenti rimasti feriti negli scontri. Ad Aktobe la polizia si sarebbe rifiutata di arrestare i manifestanti come richiesto dalla presidenza, affermando di essere «dalla parte della gente».
Le reazioni
Le prime reazioni internazionali sono arrivate da Mosca. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha chiesto che «nessuno interferisca» nella situazione in corso. «Siamo convinti che i nostri amici del Kazakistan possano risolvere i loro problemi interni in modo autonomo», ha detto.
Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha dichiarato di star seguendo gli eventi «da vicino» e di essere per «una soluzione pacifica a tutti i problemi nel quadro del campo costituzionale e legale e del dialogo, non attraverso rivolte di piazza e violazione delle leggi». Lavrov ha poi espresso sostegno al presidente kazako, auspicando una «normalizzazione» il prima possibile. La Farnesina ha fatto sapere che l’ambasciata italiana a Nur-Sultan resta pienamente operativa.
L’Unione europea ha diffuso una nota in cui invita i manifestanti a protestare pacificamente, e le autorità a rispettare i diritti dei cittadini. «Invitiamo tutti gli interessati – si legge – ad agire con responsabilità e moderazione e ad astenersi da azioni che potrebbero portare a un'ulteriore escalation di violenza».
«Il Kazakistan è un partner importante per l'Unione europea e contiamo sul fatto che mantenga i suoi impegni nel quadro di partenariato e cooperazione, tra cui la libertà di stampa e l'accesso alle informazioni online e offline».
Dumoulin: «Proteste senza precedenti»
Secondo quanto riportato dall’agenzia russa Interfax, martedì 16mila persone sono scese in piazza nella regione del Mangystau, e 10mila nella città di Zhanozen, dove sono iniziate le proteste, sabato scorso – nello stesso luogo in cui nel 2011 almeno 16 lavoratori petroliferi sono stati uccisi dalla polizia mentre scioperavano per chiedere migliori condizioni di lavoro.
In Kazakistan, ex paese sovietico, è raro che un movimento di protesta abbia questa diffusione e un tale tasso di partecipazione. Come ha raccontato Marie Dumoulin, direttrice del programma Wider Europe presso il think tank European Council on Foreign Relations (Ecfr), «il movimento di protesta iniziato il 2 gennaio non ha precedenti per il Kazakistan. Il paese ha vissuto numerosi movimenti di protesta socio-economica negli ultimi anni, anche nel 2021, ma nessuno di loro ha mai avuto una dimensione nazionale, o ha influito sul cambiamento politico».
L’esperta ha proseguito: «Dopo le dimissioni del governo nelle prime ore del 5 gennaio, il presidente Tokayev sta cercando di riprendere il controllo della situazione e di incolpare il governo uscente per le decisioni sconsiderate che hanno scatenato le proteste». Il nuovo capo del governo ad interim, Alikhan Smayilov, così come il nuovo segretario di Stato, Erlan Karin, «sono rappresentativi di una nuova generazione di tecnocrati ben istruiti, con scarsi legami con il passato sovietico. La loro nomina è stata ampiamente interpretata come un segnale conciliante, anche se non è bastato a placare la situazione nelle strade».
Secondo Dumoulin, «non va sottovalutato il potenziale di sviluppi violenti, sia da parte delle forze di sicurezza che dei manifestanti, molti dei quali sono rappresentanti di una gioventù priva di diritti che considerano la violenza come l'unico modo per essere ascoltati».
Anche l’Unione europea dovrebbe preoccuparsi di questa situazione: «L'Europa dovrebbe seguire da vicino questi sviluppi – conclude – poiché il Kazakistan è un partner chiave per la sua strategia per l'Asia centrale» e una sua instabilità «avrebbe un impatto enorme sull'assetto regionale».
Gli sviluppi delle proteste nel paese avranno probabilmente anche un impatto sui prossimi colloqui tra Stati Uniti e Russia, dice la direttrice, visto che «alcuni media russi già descrivono le proteste come una rivoluzione prodotta dall'Occidente».
I paesi occidentali, avverte infine, «dovrebbero stare attenti a non cadere nella trappola di una lettura geopolitica di questi eventi e prestare maggiore attenzione alle dinamiche locali, che sono fondamentali per capire cosa sta succedendo».
© Riproduzione riservata