Il forte legame che si è instaurato tra la Russia di Vladimir Putin e la Nord Corea di Kim Jong-un è riconducibile al peso delle eredità storiche del passato e alle conseguenze dell’invasione russa in Ucraina. Nel primo caso, l’Unione Sovietica ha avuto un ruolo determinante nel sostegno economico e agro-alimentare della Nord Corea durante la Guerra fredda e nell’influenza politica con la scelta di Josif Stalin di insediare Kim Il-Sung alla guida di un paese isolato e con il culto del “grande leader”.

La guerra in Ucraina ha, invece, accelerato un processo di riavvicinamento con la Russia che Kim Jong-un aveva già cominciato nel 2017 dopo i primi test nucleari. Inoltre, il veto russo del marzo scorso alla risoluzione Onu sul monitoraggio delle sanzioni imposte a Pyongyang ha contribuito alla pianificazione di nuove intese, basate su interessi reciproci, che i diversi incontri diplomatici tra i ministri della Difesa e degli Esteri e tra i due leader hanno consolidato in quest’ultimo anno.

Questa guerra ha anche consentito a Kim Jong-un di uscire dall’isolamento diplomatico postpandemico, incontrando il presidente russo nella base spaziale di Vladivostok nel settembre 2023 per discutere sulle tecnologie necessarie per i missili balistici e nucleari e diventando uno degli attori fondamentali per la Russia sul piano militare, nell’Asia orientale e nella sfida all’ordine internazionale a guida americana.

Dalla Russia il leader coreano ottiene tecnologie militari e sottomarine avanzate per rafforzare il suo arsenale nucleare e aggiornare i suoi sistemi satellitari, può contare sulle risorse naturali come il petrolio di cui la sua economia ha bisogno e sul sostentamento agroalimentare di cui è profondamente carente. Dopo i fallimentari tentativi del dittatore nordcoreano di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti per ridurre l’impatto delle sanzioni e accedere al sistema finanziario internazionale, la Russia ha anche assunto un ruolo rilevante nell’aggirare le sanzioni e consentire al regime di Pyongyang di sopravvivere economicamente in attesa dello sviluppo di un sistema commerciale alternativo a quello “controllato” dal mondo occidentale.

La Corea del Nord rappresenta, invece, per la Russia uno dei principali fornitori di armi militari e un fattore di compensazione della carenza di manodopera che la Russia sta affrontando dall’inizio della guerra dopo che oltre un milione di persone sono fuggite all’estero. Gli operai nordcoreani potrebbero, infatti, essere utili per la ricostruzione dei territori nelle regioni del Donbas oppure essere impiegati nei progetti infrastrutturali al confine tra i due paesi.

È nell’ottica della modernizzazione delle infrastrutture che si può anche interpretare il viaggio di Putin in Jacuzia nella Siberia orientale per impostare e implementare nel breve-medio periodo un collegamento strategico tra Estremo Oriente russo e la Nord Corea.

Che si tratti di «relazioni invincibili di compagni d’armi e relazioni strategiche interne» per il leader nordcoreano o di «partneriato multilaterale» nelle parole del presidente Putin, i rapporti tra i due paesi sono in una fase di sviluppo costante e strategico che prevede nell’articolo 4 del nuovo trattato con la Russia la «fornitura militare di assistenza reciproca in caso di uno stato di guerra o aggressione contro una delle parti dell’accordo».

In quest’ultimo caso, come ci ricorda lo storico Sergej Radchenko, è stato ripreso, quasi nella sua interezza, l’articolo 1 del trattato di alleanza nordcoreano-sovietico dell’impegno alla difesa reciproca e l’equivalente punto dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) dell’alleanza militare intergovernativa in Eurasia.

La seconda tappa

Infine, nel trentesimo anniversario del Trattato sui fondamenti delle relazioni amichevoli, il viaggio di Putin si è spinto sino al Vietnam, con il quale lo scambio commerciale è cresciuto dell’8 per cento nell’ultimo anno e verso il quale la Russia è principale fornitore delle attrezzature militari. Alla base degli incontri con il suo omologo To Lam vi è il rafforzamento di accordi strategici con la firma di una serie di documenti sulla cooperazione in alcuni settori come la creazione di un centro di tecnologia nucleare.

Quale principale implicazione emerge nelle dinamiche geopolitiche portate avanti dal presidente Putin in questi giorni? È evidente lo spostamento del baricentro geopolitico della Russia verso l’Asia e, quindi, l’esigenza di ratificare nuovi trattati che coinvolgono de facto e de jure, ad esempio, la Nord Corea nel conflitto ucraino e di consolidare vecchie alleanze non solo dal punto di vista commerciale.

A Putin non importa, infatti, essere politicamente isolato dalle potenze occidentali, perché da tempo guarda con interesse strategico e tattico a Oriente con l’intento di costruire alleanze a geometria variabile (commerciale, militare, ecc…) anche in chiave antiamericana. E nel fare questo è opportuno che i leader occidentali non sottovalutino il fatto che l’influenza russa in questi e altri paesi non avviene esclusivamente con l’uso delle risorse naturali, bensì con la più allarmante “diplomazia nucleare” del colosso Rosatom.

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