Or Levy, Ohad Ben Ami ed Eli Sharabi sul palco dei miliziani prima della liberazione mediata dal Cicr. Accuse reciproche sulle condizioni di salute delle persone liberate. Delegazione israeliana a Doha
Sono gli ultimi passaggi prima di arrivare alla seconda fase di un accordo che si sta rivelando sempre più fragile. Ieri Israele e Hamas hanno completato il quinto scambio di prigionieri dall’entrata in vigore dell’intesa, lo scorso 19 gennaio. Il gruppo che controlla la Striscia di Gaza ha rilasciato tre ostaggi israeliani, sequestrati durante l’attacco del 7 ottobre 2023: Or Levy, Ohad Ben Ami ed Eli Sharabi.
I tre uomini sono stati esibiti in una processione che, come già accaduto, Hamas ha architettato come piano mediatico per apparire forte e tutt’altro che sconfitto. Questa volta, però, lo scambio è avvenuto a Deir al-Balah, nella parte centrale della Striscia, di nuovo di fronte a una grande folla.
Mentre un’altra folla commossa, a Tel Aviv, applaudiva la comparsa sui maxi schermi dei tre uomini, il forum delle Famiglie degli ostaggi, alla vista dei corpi smagriti, ha definito «le immagini inquietanti, l’ennesima prova cruda e dolorosa che non lascia spazio a dubbi: non c’è tempo da perdere per gli ostaggi».
Le condizioni di salute hanno suscitato preoccupazione, a partire dai familiari che in alcuni casi hanno faticato a riconoscerli. La figlia di Ben Ahmi ha raccontato di aver riconosciuto il padre «a malapena». Sharabi invece ha scoperto solo nel giorno della sua liberazione che le figlie e la moglie erano state uccise il 7 ottobre. Scortati da militanti di Hamas armati, i tre sono stati costretti a fare un discorso, prima del rilascio.
A criticare la scenografia messa in piedi da Hamas, anche la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock: «È intollerabile che Hamas mostri ancora una volta i tre uomini in pubblico e li costringa a rilasciare “interviste”».
È poi seguita la firma, ripresa in diretta tv, da parte di rappresentanti di Hamas e del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), che sta svolgendo un ruolo chiave negli scambi previsti dall’accordo per il cessate il fuoco. Da intermediario neutrale, il Comitato – concluso il quinto scambio – si è però detto «sempre più preoccupato per le condizioni in cui avvengono le operazioni di rilascio» da parte di entrambi i gruppi e ha chiesto che gli scambi previsti in futuro avvengano in «privato» e siano «dignitosi».
Il Cicr ha poi trasportato in elicottero i tre ostaggi all’interno della Striscia per consegnarli alle forze di difesa israeliane (Idf) e alle forze dello Shin Bet, che li hanno scortati fuori dall’enclave palestinese.
Il rilascio dei prigionieri
Alla loro liberazione è corrisposto, come previsto dall’intesa, il rilascio di 183 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, confermato dal servizio penitenziario israeliano, secondo cui sono stati «trasferiti da diverse prigioni in tutto il paese» prima di essere rilasciati a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, a Gerusalemme Est e a Gaza.
Nella città di Ramallah, ad accogliere i pullman che trasportavano le persone rilasciate una folla in festa, che ha applaudito il loro arrivo. Tra i prigionieri, sette sono stati ricoverati in ospedale, ha riferito l’organizzazione a difesa di diritti umani Palestinian Prisoners’ Club, che ha denunciato la «brutalità» e i maltrattamenti che sono costretti a subire nelle carceri israeliane. Dei 183, diciotto stavano scontando una condanna all’ergastolo, mentre 111 sarebbero stati catturati nella Striscia durante l’offensiva israeliana dopo il 7 ottobre 2023.
Le condizioni di salute
Le parti si sono scambiate accuse reciproche sulle condizioni di detenzione. Per l’ospedale in cui stanno ricevendo le cure i tre cittadini israeliani, due di loro sono in «pessime» condizioni di salute. Se l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha minacciato che «le immagini scioccanti non passeranno inosservate», Hamas ha accusato Tel Aviv di «uccidere lentamente» i prigionieri palestinesi, con «aggressioni sistematiche e maltrattamenti» da parte «delle autorità carcerarie israeliane».
Anche la Mezzaluna Rossa ha riferito ad Al Jazeera che alcuni prigionieri palestinesi rilasciati sarebbero «in condizioni critiche». Un esempio lo ha portato il segretario del partito Iniziativa nazionale palestinese, Mustafa Barghouti, citato dalla Bbc, che ha raccontato l’esperienza di uno degli ex reclusi palestinesi: ha scontato 22 anni e perso 35 chili durante la sua detenzione.
Tregua in pericolo
In un accordo in bilico, la fase due sembra avvicinarsi lentamente, dopo la conferma da parte dell’ufficio di Netanyahu dell’«invio di una delegazione di negoziatori a Doha», in Qatar, «per discutere dei dettagli tecnici». Il premier israeliano, in visita negli Usa dove ha incontrato Donald Trump, al suo ritorno terrà «una riunione del gabinetto di sicurezza riguardo i negoziati per la seconda fase», ha fatto sapere il suo ufficio.
«La mancanza di impegno» di Israele mette in pericolo l’applicazione dell’accordo, ha detto un alto funzionario di Hamas, Basem Naim, all’Afp ma, ha aggiunto, «tornare alla guerra non è certamente un nostro desiderio né una nostra decisione». Naim ha esortato i paesi arabi a «non normalizzare le loro relazioni» con Tel Aviv, nel giorno in cui l’Egitto ha definito le dichiarazioni di Netanyahu – su un paese palestinese in Arabia Saudita – «irresponsabili e totalmente inaccettabili».
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