Il Cairo non ha digerito la presa del lato palestinese del valico e sta valutando di “declassare” le relazioni diplomatiche con Tel Aviv. Ma la spaccatura potrebbe aprire uno spazio per l’Anp
Israele sta sfidando gli Stati Uniti, si sta isolando sempre più all’Onu e nei rapporti con i paesi arabi moderati. Dopo le scene di giovani estremisti israeliani che distruggono il cibo diretto a Gaza, come riporta la Bbc, il pessimismo è d’obbligo.
A tutto questo si aggiunge il fatto che l’offensiva israeliana a Rafah sta mettendo a rischio 45 anni di pace fra Tel Aviv e l’Egitto. Il Cairo, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, sta considerando di «declassare» le relazioni diplomatiche con Tel Aviv, dopo aver preannunciato l’intenzione di unirsi al Sudafrica nella causa al Tribunale dell’Aia contro Israele per genocidio a Gaza. Come ricorda il quotidiano finanziario americano, «nei 45 anni trascorsi dal loro storico accordo di pace (firmato il 26 marzo 1979), Israele ed Egitto sono diventati partner essenziali, un rapporto stretto ma mai caloroso che è alla base della sicurezza nazionale di entrambi i paesi. L’offensiva israeliana di Rafah minaccia di annullare tutto ciò».
L’Egitto ha recentemente rifiutato di riaprire il confine con Gaza dopo l’occupazione da parte israeliana della parte palestinese del valico.
Una voce isolata quella del Wsj? Non proprio. L’occupazione del valico di frontiera di Rafah da parte di Israele è stata il superamento di una “linea rossa” per il presidente egiziano Al-Sisi. Anche Tamer Qarmout, assistente professore di politiche pubbliche presso il Doha Institute for Graduate Studies, ha parlato ad Al Jazeera dell’adesione dell’Egitto alla causa avanzata dal Sudafrica contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia (Icj). Il rapporto tra Egitto e Israele è fondamentale per la stabilità dell’area ed è altresì molto delicato, considerando che in passato hanno combattuto guerre e firmato un trattato di pace. Secondo Qarmout, l’Egitto voleva mantenere la sua posizione di mediatore nei negoziati per il cessate il fuoco, quindi ha “assecondato” l’approccio degli Stati Uniti alla guerra di Israele contro Gaza.
Tuttavia, ora l’Egitto ha raggiunto un punto in cui capisce che la situazione a Gaza è “fuori controllo” e non può fidarsi né degli Stati Uniti né di Israele, ha affermato sempre Qarmout.
Il corridoio di Rafah è una “linea rossa” per gli egiziani, ha detto lo studioso, aggiungendo che il fatto che i carri armati israeliani siano al confine è una violazione degli accordi di pace di Camp David.
La questione di fondo è che gli egiziani, ha osservato Qarmout, ora sono preoccupati che Israele spinga i civili palestinesi nella penisola del Sinai, un’ipotesi che non viene accettata dalla dirigenza egiziana poiché vista come elemento di destabilizzazione del paese con l’ingresso di profughi al cui interno si muoverebbero dirigenti di Hamas, movimento vicino ai Fratelli musulmani che l’attuale governo egiziano ha combattuto e vede come fumo negli occhi.
Ma c’è di più. La crescente spaccatura tra Israele ed Egitto è emersa durante il fine settimana, minacciando ora le loro relazioni bilaterali, sostiene Zvi Bar’el, editorialista di Haaretz. «La spaccatura di Israele con l’Egitto potrebbe però creare un futuro per l’Autorità palestinese a Gaza», prosegue Zvi Bar’el.
«La decisione dell’Egitto di interrompere il coordinamento con Israele dopo la presa del valico di Rafah segnala la volontà del Cairo di adottare misure drastiche. Ma, per garantire un piano che coinvolga l’Autorità palestinese a Gaza, Israele deve togliere l’iniziativa politica al ministro della destra messianica Smotrich e affrontare il necessario cambiamento politico».
Cosa che al momento non sembra proprio di facile portata.
Truppe per Rafah
Intanto l’amministrazione Biden valuta che Israele abbia ammassato abbastanza truppe ai margini di Rafah per procedere con un’incursione su vasta scala nei prossimi giorni: lo riferisce la Cnn citando due alti dirigenti Usa, che tuttavia non sono certi se Tel Aviv abbia preso una decisione definitiva per una mossa del genere, in aperta sfida al presidente americano.
Uno dei dirigenti Usa ha anche avvertito che Israele non si è avvicinato nemmeno lontanamente a preparativi umanitari adeguati prima di evacuare potenzialmente più di un milione di abitanti che attualmente risiedono a Rafah.
Infine l’amministrazione Biden non crede che l’attuale strategia di Israele contro Hamas porterà alla «vittoria totale» sul movimento islamista al potere nella Striscia, ha detto il vicesegretario di Stato americano Kurt Campbell.
Un suggerimento che Tel Aviv non vuole ascoltare, sebbene provenga dal suo miglior alleato.
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