A una settimana dalla visita della premier italiana, il primo ministro conservatore e anti migranti Rishi Sunak e il suo partito hanno subito una storica sconfitta. Lo spoglio è ancora in corso, ma i risultati sembrano peggiori di tutte le più pessimistiche aspettative
Ieri si è tenuta in Inghilterra una tornata elettorale amministrativa molto interessante, in primis perché si trattava del primo vero test elettorale per Rishi Sunak, leader del Partito Conservatore e Primo ministro subentrato a Liz Truss dopo il premierato più corto e rocambolesco della storia contemporanea britannica.
Un voto storico
Le elezioni amministrative di ieri segnano anche un punto storico per il Regno Unito in quanto, per la prima volta in assoluto, si è testata la nuova legge elettorale che prevede per gli elettori l’obbligo di recarsi alle urne con un documento di identità con fotografia. Può sembrare una cosa banale dal nostro punto di vista, ma in un paese dove non esistono documenti di identità obbligatori né la carta di identità, è una novità piuttosto rilevante e che ha sollevato più di una polemica.
La nuova legge, ideata per evitare le frodi elettorali (peraltro di fatto inesistenti), infatti rischia di disincentivare alcune fasce di popolazione che per ragioni anagrafiche o economiche non possiedono documenti con le caratteristiche richieste. Queste elezioni hanno costituito una sperimentazione del nuovo sistema che potrebbe essere introdotto in occasione delle elezioni politiche che si terranno verosimilmente nell’autunno dell’anno prossimo.
Prima di entrare nel vivo dell’analisi dei risultati di ieri occorre premettere che sarà necessariamente un’analisi parziale: nel Regno Unito, infatti, gli scrutini elettorali sono di una lentezza estenuante. Questo perché invece di essere effettuati in ciascun seggio, le schede vengono raccolte tutte insieme in un unico centro elettorale per ciascun comune e scrutinate tutte assieme, un processo che allunga i tempi e che di solito comporta che i risultati definitivi arrivino anche 48/72 ore dopo la chiusura dei seggi.
Fatta questa premessa, a scrutinio ancora abbondantemente in corso, il dato che pare certo è che è stata una tornata elettorale molto favorevole per i Laburisti e decisamente deludente per i Conservatori. I risultati confermano quello che i sondaggisti dicono ormai da mesi: il Labour guidato da Keir Starmer ha un solido vantaggio sui Tories. Ma non solo, vittorie in città come Plymouth, Stoke on Trent e Medway suggeriscono che i laburisti sono in grado di vincere in zone del paese storicamente blu e che devono assolutamente accaparrarsi per ottenere una maggioranza assoluta a Westminster.
Pare inoltre evidente che il voto degli euroscettici dell’UKIP, che tanto aveva danneggiato il Labour nel 2019, non si è affatto riversato nei Conservatori ma anzi si sarebbe spostato sui laburisti o, al massimo, nel non voto.
I risultati sono ulteriormente preoccupanti per Sunak perché vedono un buon risultato anche dei LibDem che si confermano come voto di “protesta” contro i Conservatori nel sud Inghilterra. Se questo trend dovesse confermarsi alle elezioni politiche sarebbe una grossa emorragia elettorale per i Conservatori e un forte indebolimento nei collegi “marginali” decisivi per determinare la maggioranza parlamentare.
Minimizzare la sconfitta
Ribadendo ancora una volta che stiamo facendo un’analisi a risultato parziale, occorre anche ricordare che il Labour per vincere le elezioni politiche ha bisogno di un risultato eccezionale: per ottenere la maggioranza in parlamento partendo dagli attuali 202 seggi conquistati nelle disastrose elezioni del 2019, ha bisogno di guadagnare oltre 120 seggi. Serve dunque una vittoria a valanga in tutte e quattro le nazioni del Regno Unito, compresa la Scozia, dove ieri non si è votato e dove non sappiamo ancora l’impatto avuto dall’abbandono inaspettato di Nicola Sturgeon, la carismatica leader che ha dominato la scena politica scozzese e non solo negli ultimi due lustri.
Dal fronte conservatore da settimane si lavora sullo spin mediatico e sulla minimizzazione di questo risultato elettorale e certo l’incoronazione di Re Carlo III di domani aiuterà a smorzare l’attenzione sul risultato elettorale, dando il tempo a Sunak di gestirlo e attrezzarsi con le risposte esterne ma soprattutto interne.
La speranza del governo è quella di agganciare una ripresa economica che sia in grado di far dimenticare all’elettorato le polemiche e gli scandali che hanno travolto Boris Johnson e i disastri economici causati dalle manovre fiscali di Liz Truss. Ma al momento i Tories non sembrano poter sperare di puntare a molto di più che la prospettiva di un “hung parliament” e cioè di un partito laburista vittorioso ma senza una maggioranza autonoma a Westminster.
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