Il candidato “pacifista” che vuole sfidare il presidente ha alle spalle una carriera politica non esaltante. Non è stato oggetto delle attenzioni riservate ad altri: come se al Cremlino la sua corsa facesse comodo
«Partecipo alle elezioni perché sono sicuro che oggi è un dovere verso il mio paese, verso i miei antenati e i miei discendenti. Negli ultimi cento anni abbiamo attraversato, due volte, tumulti e disintegrazione. E ancora una volta stiamo entrando nel solco dell’autoritarismo e della militarizzazione. Non mi perdonerò, se non provo a fermare tutto questo», scrive Boris Nadezhdin nel suo manifesto politico. Ma chi è il “nuovo” antagonista del presidente Vladimir Putin che sta raccogliendo le firme per competere alle prossime elezioni presidenziali del 15-17 marzo? È un nuovo personaggio politico o è il frutto dell’ennesima operazione di “cooptazione politica e di facciata” del Cremlino?
Per rispondere a queste domande, è opportuno avvalersi di diverse dichiarazioni e fonti primarie russe che consentono non solo di ricostruire il percorso politico di Nadezhdin, ma, soprattutto, di valutare quanto la sua recente visibilità e capacità di mobilitare una parte dell’elettorato russo possa influire sulla stabilità del regime putiniano.
Nato il 26 aprile del 1963 in Uzbekistan, padre di quattro figli e al suo terzo matrimonio, Nadezhdin attualmente risiede nella regione di Mosca, a Dolgoprudnyj, dove la sua famiglia si era trasferita nel 1966, dopo il terribile terremoto che ha colpito la città di Tashkent. Da cinque generazioni il nome di Boris è assegnato a tutti gli uomini della famiglia, e alcuni suoi antenati sono stati famosi e hanno avviato una carriera politica. È il caso di suo nonno, il compositore sovietico-uzbeko Boris Nadezhdin a cui hanno eretto un monumento a Tashkent, o del suo trisnonno che non fu eletto alla prima convocazione della Duma di Stato dell’Impero russo.
Dopo la scuola superiore, Nadezhdin si è iscritto all’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca dove si è laureato con lode nel 1985, ma ha anche ereditato dalla madre la passione per la musica e l’arte che lo induce a comporre ed eseguire canzoni. Nel 1989 ottiene il dottorato in fisica e matematica e lavora presso un istituto di ricerca, e, al contempo, assume la carica di vicepresidente del consiglio comunale di Dolgoprudnyj, dove è eletto deputato locale nel 1993.
La carriera politica
Gli anni Novanta della Russia di Boris Eltsin costituiscono l’ambiente politico entro cui Nadezhdin avvia la militanza partitica, dapprima con il Movimento per le riforme democratiche per poi tentare nel 1995 l’elezione alla Duma di Stato nel partito dell’Unità e della Concordia. Non viene eletto, ma questo suo attivismo politico gli consente di entrare in contatto con importanti politici di allora.
Nel 1997, Nadezhdin diventa, infatti, il consigliere di Boris Nemtsov, l’allora primo vice primo ministro della Federazione Russa, ucciso il 25 febbraio del 2015 vicino a Mosca, e leader del partito Unione delle Forze di Destra nelle cui fila è eletto in parlamento nel 1999. Durante la legislatura federale, il deputato Nadezhdin presenta oltre un centinaio di emendamenti, propone una riforma del sistema di nomina dei governatori e compone la propria versione dell’inno russo.
La sconfitta dei partiti liberali alle successive elezioni della Duma nel 2003, che da allora non riusciranno più ad accedere al parlamento, induce Nadezhdin a sostenere le ambizioni politiche dell’uomo d’affari Michail Chodorkovskij (attualmente identificato come “agente straniero”), per poi lasciare il blocco liberale e unirsi al partito Giusta causa di Boris Titov nel 2008.
Nel 2011, Nadezhdin litiga con il leader del partito Mikhail Prokhorov, dichiara di voler fondare un proprio partito, ma, poco dopo, diventa il confidente di Sergej Mironov, leader del partito Russia giusta, ed è eletto nel 2019 deputato della Duma della sua città, dopo una breve parentesi nel 2016 con l’adesione al Partito della crescita. Da allora, Nadezhdin ha provato a essere rieletto nella Duma federale nel 2021 e come governatore della regione di Mosca nel 2023, ma fallendo in entrambi i casi.
In sostanza, Nadezhdin vanta un carrierismo politico, maturato negli ultimi trent’anni, prevalentemente nell’ambito delle forze politiche liberali e filoccidentali russe, sebbene sussistano opinioni discordanti sul suo percorso. È un personaggio controverso, come ritengono anche alcuni antiputinisti, oppure la mobilitazione spontanea che la sua candidatura ha generato in queste settimane è riposta in buone mani?
La candidatura
Sebbene la sua candidatura sia stata presentata come la grande novità del 2024, Nadezhdin aveva già espresso la propria volontà di partecipare alle elezioni presidenziali nell’agosto 2023, non riscuotendo allora una particolare attenzione dei media.
È solo nel dicembre 2023, quando il partito di Iniziativa civile lo nomina alla carica di presidente della Russia, che il nome di Nadezhdin circola velocemente, attirando l’attenzione degli esponenti dell’opposizione extraparlamentare.
Il 28 dicembre 2023, la commissione elettorale centrale ha registrato il suo nominativo che gli ha consentito di avviare la raccolta di 100mila firme, necessarie per essere ammesso alla competizione, anche grazie all’appoggio della moglie e di tutto l’entourage di Aleksej Navalny e della giornalista Ekaterina Duntsova, esclusa dalla commissione per motivazioni procedurali.
Nel “manifesto di Boris Nadezhdin”, il potenziale candidato si proclama apertamente «oppositore di principio delle politiche dell’attuale presidente Vladimir Putin», promettendo di intervenire nelle politiche sociali, annullando, ad esempio, l’aumento dell’età pensionabile (che molte critiche e proteste aveva generato contro Putin), di riformare «la verticale del potere», rifiutando la centralizzazione del potere, di introdurre un esercito esclusivamente a contratto e di rafforzare il sostegno alle imprese.
La democrazia di facciata
La sua candidatura ha generato speranza anche al di fuori dei confini russi perché Nadezhdin ha esplicitamente sostenuto di essere contrario alla cosiddetta “operazione speciale militare”, avviata da Putin in Ucraina, rappresentando, così, il “partito/candidato della pace” alle prossime elezioni presidenziali.
Eppure, non tutti gli analisti e attivisti politici credono alla versione di Nadezhdin, perché ritengono che sia il prodotto di una precisa strategia del Cremlino. Questa ipotesi sarebbe anche avvalorata da alcune mosse politiche che Nadezhdin ha compiuto durante la sua carriera, sinora poco entusiasmante e, quindi, forse alla ricerca di un “posto al sole” che il sistema putiniano potrebbe garantirgli.
In primo luogo, Nadezhdin ha partecipato alle primarie del “partito del potere”, Russia unita, nel 2015, ma già alle elezioni presidenziali del 2012 non aveva esitato a proporsi come confidente a tutti i candidati, compreso Vladimir Putin. In secondo luogo, l’avvicinamento alle torri del Cremlino è ben più evidente con il suo ruolo di assistente nel 1997-1998 del primo ministro Sergej Kirienko, punta di diamante dell’amministrazione presidenziale.
E guarda a caso è proprio Kirienko che sostiene la necessità di trovare un candidato del “partito della pace” per le prossime elezioni di marzo. Dopo il rifiuto ad agosto di un altro leader liberale, Grigorii Javlinskij, è, infatti, entrato in scena il nominativo di Nadezhdin che consentirebbe al Cremlino di misurare il “peso elettorale” dei liberali, come era già avvenuto con la candidatura della giornalista Ksenija Sobčak alle presidenziali del 2018, anche lei sostenuta dal gruppo di Iniziativa civile. Non solo.
La presenza di un candidato “pacifista” sarebbe strumentale per dichiararne la sconfitta elettorale e consentire a Putin di dimostrare che la maggioranza del paese sostiene ancora la guerra. Potrebbe anche rappresentare il tentativo del sistema putiniano di “incanalare/legalizzare” la protesta anti guerra nell’ambito istituzionale al fine di evitare proteste dopo le elezioni, oppure di raccogliere questa istanza elettorale da usare, al momento opportuno, per avviare le negoziazioni con il governo ucraino.
Ma c’è un altro punto che forse costituisce la chiave di lettura più verosimile sull’anatomia politica di questo personaggio. Nonostante le sue critiche all’operazione “Z” in Ucraina, Nadezhdin non è stato mai etichettato come “un agente straniero”.
È una domanda che si pone lui stesso ed è più che legittima, considerando il numero di arresti e pene esemplari di altri oppositori di Putin: questa situazione potrebbe essere il vero indicatore di una sua cooptazione. Per il Cremlino la forma è anche sostanza e le elezioni costituiscono, a prescindere dal tipo di regime, una parvenza di democrazia, percepita tale anche da numerosi elettori russi.
Al di là delle speculazioni sulle reali intenzioni di Nadezhdin, la storia elettorale e politica della Russia ci fornisce già numerosi precedenti: “Non si muove candidato che il Cremlino non voglia”.
© Riproduzione riservata