Gran parte del dibattito sull’efficacia e sul costo delle sanzioni alla Russia è viziato, soprattutto in Italia, dal preconcetto giuridico, che le vede come mere “punizioni” di illeciti internazionali. La questione andrebbe invece esaminata da un punto di vista geopolitico e strategico e ridandole profondità storica. Emerge così come le sanzioni siano soltanto una parte, e neppure la principale, dell’arsenale di crescente complessità con cui le potenze conducono reciprocamente “guerre economiche” preventive, offensive e difensive.

Guerra economica

La guerra economica non va confusa con la cosiddetta “guerra” commerciale, ossia la concorrenza per la conquista di vantaggi puramente economico-finanziari. E neppure, come si è fatto largamente, con azioni illecite (come lo spionaggio economico, gli attacchi informatici, la contraffazione di valuta o il contrabbando) che hanno un impatto minimo.

La guerra economica si svolge con strumenti legali, giudiziari ed eventualmente anche militari (blocco, bombardamento, sabotaggio), ed è guerra vera e propria perché ha lo scopo (politico) di assoggettare l’avversario alla propria volontà, o, al limite, distruggerlo. Esattamente lo stesso scopo della guerra “cinetica” (caratterizzata dall’uso prevalente della forza armata).

Gli imperi del mare, e quindi l’occidente, hanno sempre goduto di una capacità di guerra economica di gran lunga superiore alle potenze continentali, dimostrata nelle guerre della Repubblica e dell’Impero francese (1793-1815), nelle due guerre mondiali e nella Guerra fredda, in cui un mix di deterrenza, corsa agli armamenti, embargo sui trasferimenti di tecnologia strategica e di controllo dei prezzi delle materie prime ha contribuito a isolare e a logorare l’Unione sovietica fino a provocarne l’implosione.

D’altra parte, proprio l’antagonismo sovietico ha indirettamente favorito l’adesione del resto del mondo alla graduale ma continua costruzione di un ordine mondiale complessivamente funzionale alla superiorità strategica degli Stati Uniti e dei suoi alleati.

Il principio di autotutela

Tra gli elementi del nuovo ordine che riflettono l’interesse occidentale c’è anche il superamento del principio internazionale di autotutela. La Carta delle Nazioni Unite restringe infatti il concetto di guerra alla mera aggressione armata e considera perciò illecita la risposta “cinetica” a una asserita “aggressione” economica. Da qui, ad esempio, la condanna dell’occupazione del Kuwait da parte di Saddam Hussein.

Ciò non toglie che all’occorrenza anche l’occidente resusciti il diritto di autotutela, come è avvenuto ad esempio nel 1956 (nazionalizzazione egiziana del Canale di Suez) e nel 1973 (crisi petrolifera). Lo stesso principio per cui quod licet Iovi non licet bovi spiega perché il boicottaggio sia considerato un illecito internazionale. 

Dalla Guerra fredda a oggi

Le sanzioni sono la componente maggiormente preventiva o offensiva dell’arsenale di guerra economica. Però durante la Guerra fredda sono state relativamente poche, e per lo più “internazionali” (Onu) e/o dirette contro stati minori (come Cuba, Sudafrica, Corea del Nord, Iran). È solo a partire dal 1990 che si sono moltiplicate vertiginosamente, fino a trasformarsi nel “modo occidentale” di combattere.

Le sanzioni oggi sono praticamente tutte unilaterali, decise dal presidente degli Stati Uniti o dal Congresso, a cui seguono quelle dell’Unione europea e del resto dell’occidente. Inoltre sono sempre più precise, devastanti e difficilmente aggirabili e vengono comminate non più solo contro illeciti internazionali, ma anche contro norme in contrasto coi princìpi occidentali.

Esse sono poi rese esecutive dal sistema giudiziario americano, che, tra l’altro, sta sempre più erodendo il principio di immunità degli stati rispetto alle azioni giudiziarie collettive (il caso teoricamente più destabilizzante è quello delle azioni intraprese in vari paesi occidentali, tra cui l’Italia, contro il governo cinese per l’asserita responsabilità nella diffusione della pandemia).

Secondo recenti stime, le sanzioni contro la Russia, iniziate anche prima del 2014, hanno contratto il Prodotto nazionale lordo di Mosca di oltre un terzo e l’hanno spinta a intensificare la cooperazione con la Cina molto al di là di quanto avrebbe voluto. Inoltre hanno compromesso i rapporti che Germania, Francia e Italia avevano cercato di mantenere con la Russia, perché la guerra economica è per definizione “guerra al commercio” e quindi “guerra ai neutrali”.

Le sanzioni sono perciò un formidabile meccanismo di “anti defezione”, che, almeno apparentemente, ricompatta l’Alleanza. La vulnerabilità dei neutrali alle sanzioni secondarie si è dunque rivelata infinitamente più efficace dei semplici embarghi vigenti durante la Guerra fredda, quando l’asse italo-tedesco riuscì a imporsi sul veto americano alla costruzione dei gasdotti che hanno reso l’Europa occidentale dipendente dall’Urss e oggi dalla Russia.

Interrogativi

Indubbiamente la guerra economica ha genialmente aggirato la dissuasione nucleare. Ma la strategia di sottoporre la Russia a un regime sanzionatorio permanente potrebbe averci narcotizzati. E se fossimo noi, adesso, i “sonnambuli” che si sono risvegliati sotto le bombe? Forse le sanzioni passate e imminenti sono la nostra Linea Maginot, sulla quale l’Europa di Monaco si è illusa per nove mesi di poter fare la guerra senza farla, abbandonando la Polonia al suo destino. Allora siamo stati di nuovo salvati dall’America. Ma stavolta non abbiamo riserve strategiche, perché è l’America ad averci schierati dietro la Maginot finanziaria. Dichiarare che in caso di invasione dell’Ucraina l’occidente avrebbe risposto solo con le sanzioni è stato forza maggiore? O un errore? O una trappola per orsi con esca ucraina?

L’uomo che quasi tutti credevano se non altro astuto, è apparso improvvisamente folle. L’altro grande “folle” della storia russa è stato lo zar Paolo I, assassinato nel marzo 1801, sotto la minaccia delle navi di Nelson, da una congiura di palazzo ordita da chi temeva di perdere le proprie ricchezze dal blocco di Riga e Odessa. Faranno lo stesso i nuovi boiardi di Londongrad? Oppure i folli siamo noi, incapaci di “pensare l’impensabile”? Cosa farà la Cina? Abbandonerà l’unico alleato, spaventata dalle sanzioni secondarie o allettata da qualche concessione su Taiwan? Svilupperà il sistema alternativo allo Swift sganciando l’Eurasia dal sistema economico globale?

Lo sguardo si volge ansioso a Pechino, a conferma della tesi dell’origine asiatica delle guerre mondiali scoppiate lungo la tragica linea dell’Intermarium. Da Sarajevo a Danzica. Passando per Kiev.

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