L’ospedale di Khan Yunis è vicino al collasso. Blackout nella parte nord della Striscia. Il premier deve gestire la crisi interna e le richieste degli alleati sulle vittime civili
L’operazione militare israeliana via terra è giunta anche al sud della Striscia diGaza. I carri armati dell’Idf sono arrivati a Khan Yunis, considerata la roccaforte di Hamas. Le forze di difesa israeliane hanno definito la strada che collega il nord con sud di Gaza «una zona di battaglia». Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha detto: «La sorte dei terroristi dei battaglioni di Hamas sarà la stessa di quelli del nord, se non addirittura peggiore». Il sud di Gaza è una zona delicata perché, prima del cessate il fuoco, moltissime persone si sono recate lì fuggendo dagli attacchi al nord. Il problema riguarda soprattutto l’ospedale Nasser della città che ormai è sopraffatto dal numero delle vittime. Nonostante lo spostamento a sud, gli attacchi nel nord non sono cessati. «Non li abbiamo ancora sconfitti del tutto militarmente a nord, ma abbiamo fatto grandi progressi», ha detto alla Cnn un portavoce dell’esercito. La situazione è peggiorata anche dall’assenza totale dei servizi di telecomunicazione a Gaza City e nel nord della Striscia. Nel tardo pomeriggio di ieri le compagnie di telecomunicazioni Paltel e Jawwal hanno detto che i network sono stati oscurati.
Per la prima volta, l’esercito israeliano ha stanziato anche la Brigata Kfir, specializzata nella lotta al terrorismo e al combattimento urbano. L’obiettivo è scovare i tunnel utilizzati da Hamas per «sconfiggere il nemico». La situazione della Striscia continua a preoccupare la Croce rossa. La presidente dell’organizzazione ha detto che la situazione è «intollerabile». In visita a Gaza, ha richiesto il rilascio degli ostaggi e il permesso di visitarli in sicurezza. «In qualità di attore neutrale, il Cicr è pronto a sostenere ulteriori accordi umanitari che riducano la sofferenza e il dolore», ha detto su X. Continua lo scontro anche sul fronte libanese. L’esercito israeliano ha rilevato il lancio di diversi razzi dal Libano. In risposta all’attacco, le forze di difesa israeliane hanno confermato di aver colpito diversi siti di Hezbollah tra cui il comando e depositi di armi.
Crisi interna
Le famiglie degli ostaggi hanno criticato aspramente il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per non aver concordato un incontro. I familiari hanno chiesto un colloquio con il gabinetto di guerra per accettarsi che la massima priorità sia ancora la liberazione degli ostaggi, interrotta dalla fine della tregua. La madre di uno degli ostaggi ha detto: «Tutto ciò che chiediamo è che il governo si incontri con noi oggi, ce lo meritiamo, ignorarci è umiliante». Netanyahu ha negato le accuse confermando l’incontro già fissato per mercoledì. L’angoscia, però, è aumentata a seguito della notizia dell’ufficio del primo ministro che ha confermato la morte di almeno 15 dei 137 ostaggi nella Striscia. Il portavoce del ministero degli Esteri ha rassicurato le famiglie dicendo: «Continueremo a lavorare instancabilmente per riportare a casa tutti gli ostaggi». Dopo lo stop di due mesi per l’inizio del conflitto, il processo nei confronti di Netanyahu con l’accusa di corruzione, frode e abuso di potere è ripreso. Fino ad aprile, il premier non sarà chiamato a testimoniare. Il partito Likud ha espresso l’indignazione per la ripresa del processo contro «un primo ministro che è impegnato giorno e notte a gestire la guerra contro il nemico». La figura di Netanyahu è stata nuovamente attaccata anche dal leader dell’opposizione, Yair Lapid. «Chi ha fallito in questo modo non può continuare», ha detto Lapid sottolineando come l’attuale governo israeliano sia responsabile dell’uccisione di oltre 1.200 persone dall’inizio del conflitto con Hamas. Lapid si è schierato contro la decisione del premier di bocciare la proposta americana presentata durante la Cop28 dalla vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, di affidare la gestione di Gaza all’Autorità palestinese.
Crisi esterna
Anche sul fronte internazionale, Netanyahu è stato criticato duramente. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha presentato un dossier alla Corte penale internazionale dell’Aja in cui accusa Netanyahu di crimini di guerra e di genocidio. «Netanyahu, il macellaio di Gaza, non è solo un criminale di guerra, ma sarà sicuramente processato come macellaio di Gaza, proprio come è stato processato Milosevic», ha detto Erdogan nel suo discorso durante la riunione dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. Anche gli Stati Uniti hanno esercitato forti pressioni su Israele per garantire lo stesso numero degli aiuti umanitari dall’Egitto a Gaza, dopo che sono stati interrotti con la fine della tregua. Fonti democratiche citate dalla Ap hanno riferito delle pressioni di Biden per legare gli aiuti a Israele all’assicurazione dell’impegno per minimizzare le vittime civili. Sabato scorso, Israele aveva acconsentito a far entrare un quantitativo ridotto e non sufficiente di aiuti. La preoccupazione di Israele, però, riguarda la possibilità di non avere più una merce di scambio per il negoziato sugli ostaggi. «La nostra principale influenza su Yahya Sinwar, un leader di Hamas, riguardo agli ostaggi, oltre alla pressione militare, è il carburante. C’è la preoccupazione che se aumentiamo la quantità di carburante che entra a Gaza lui non avrà interesse a negoziare un nuovo accordo sugli ostaggi», ha detto un alto funzionario della difesa israeliana. In cerca di appoggio esterno, il premier ha avuto una conversazione amichevole con Javier Milei, il neoeletto presidente argentino. Durante la conversazione amichevole, il premier lo ha ringraziato per il trasferimento dell’ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme e lo ha invitato a Israele.
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