Dal 20 al 26 agosto le forze governative, le milizie di Hezbollah e parti dell’intelligence dell’esercito siriano avrebbero compiuto crimini internazionali contro la popolazione civile residente a Daraya. Secondo gli investigatori del Syrian british consortium sono stati trovati almeno 700 cadaveri
Almeno settecento persone sono state massacrate dal 24 al 26 agosto del 2012 in una città della Siria. Sono le conclusioni del rapporto pubblicato dal Syrian british Consortium (Sbc), un organismo di advocacy siriano con sede nel Regno Unito, sul massacro di Daraya avvenuto esattamente dieci anni fa.
Il rapporto, scritto da avvocati e investigatori, si basa su 23 testimonianze, due interviste a esperti, documenti e fonti aperte e offre un dettagliato resoconto di cosa è accaduto in quei giorni nella città situata a sud-ovest di Damasco.
La storia
Quando Bashar al Assad ha iniziato a bombardare la città di Daraya nell’agosto del 2012 la Siria era nel pieno della guerra civile iniziata con le proteste di massa del marzo 2011 che vedeva impegnati sul campo le forze governative e i ribelli.
Il 20 agosto di quell’anno vari apparati di sicurezza del regime siriano, compresa la Quarta divisione, la Guardia repubblicana, l’intelligence dell’aeronautica, con l’aiuto degli shabiha (milizie fantasma molto violente usate dal regime di Assad) e di Hezbollah hanno compiuto un attacco mirato contro la popolazione civile a Daraya che durerà fino al 26 agosto.
Sei giorni in cui, secondo le testimonianze raccolte dal Siryan british consortium, sono stati compiuti diversi crimini internazionali che ora sperano siano perseguiti dalla giustizia penale internazionale. Per Assad, che ha dato vita a una vasta campagna di disinformazione, si è tratta di una vasta operazione per contrastare il terrorismo e a compiere i crimini sarebbero stati i ribelli.
I crimini
In quei giorni sono stati compiuti massacri indiscriminati anche a danno di uomini, donne e bambini, che sono stati uccisi a sangue freddo.
I testimoni ascoltati hanno riferito che individui e intere famiglie sono stati radunati e giustiziati negli scantinati dei palazzi, una violenza vista recentemente a Bucha in Ucraina. Soltanto nell’edificio di Al-Saqqa sarebbero state giustiziate 80 persone, tra cui anche donne e bambini.
Dei 700 cadaveri ne sono stati identificati 514, tra cui 36 donne e 63 minori. Mentre 153 residenti sono stati registrati come detenuti e 86 risultano ancora dispersi. Tra questi ci sono cinque bambini. Ma gli attivisti e investigatori siriani dicono che questi sono numeri al ribasso.
La giustizia
Sul massacro di Daraya non è in corso alcun processo. Nel 2013 un documento pubblicato dalle Nazioni unite ha trovato «ragionevoli motivi che le forze governative abbiano perpetrato crimini di guerra contro combattenti e civili che non hanno preso parte attiva alle ostilità, compresi donne e bambini».
Ottenre giustizia è molto complicato. Attualmente in Germania sono stati condannati due membri dei servizi di sicurezza di Bashar al Assad per aver commesso dei crimini di guerra. Lo scorso gennaio Anwar Raslan è stato condannato all’ergastolo perché considerato il mandante e supervisore di torture, omicidi e diversi altri gravi reati avvenuti nella sezione 251, la prigione di nome al Khatib che si trova vicino Damasco. Lì, secondo i giudici tedeschi, tra l’aprile del 2011 e il settembre del 2012 sono state uccise almeno 58 persone e torturate altre 4mila.
Il processo si è tenuto a Coblenza e ha avuto luogo grazie al principio di giurisdizione universale recepito all’interno dell’ordinamento tedesco che permette di perseguire penalmente una persona accusata di aver commesso crimini gravi nel momento in cui entra nel territorio nazionale. La diaspora siriana all’estero spera che ora si apriranno nuovi processi e anche il Syrian british consortium che nel rapporto scrive: «I testimoni hanno fornito la loro testimonianza, raccontando gli atroci crimini commessi a Daraya dal proprio governo, nella convinzione che la loro storia – la loro verità – non solo sia degna di essere documentata, ma che possa un giorno essere utile per ma possa un giorno contribuire a portare giustizia e responsabilità».
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