Qualche giorno fa a Kalamazoo, una cittadina del Michigan di quelle dove Kamala Harris deve fare il pieno di voti se spera di vincere lo stato, Michelle Obama ha fatto un comizio dai toni drammatici, raccontando con crudezza una serie di storie di donne colpite dalle leggi anti aborto approvate in molti stati a guida repubblicana dopo che la Corte Suprema ha deciso di cancellare la sentenza Roe Vs. Wade che aveva reso l’aborto un diritto federale.

Concludendo, Obama si è rivolta agli uomini: «Vi chiedo dal profondo del mio essere di prendere sul serio le nostre vite. Per favore! Non mettete le nostre vite nelle mani di politici, per lo più maschi, che non hanno idea o non si preoccupano di ciò che noi donne stiamo passando, che non comprendono appieno le implicazioni sanitarie di vasta portata che le loro politiche sbagliate avranno sulla nostra salute. Le uniche persone in grado di prendere certe decisioni sono le donne con il consiglio dei loro medici. Siamo noi ad avere la conoscenza e l'esperienza per sapere di cosa abbiamo bisogno».

Le conseguenze

Il discorso di Obama non è solo una difesa del diritto di scelta delle donne in materia di gravidanza. Il problema che le donne si trovano davanti negli Stati Uniti contemporanei non è quello di una maternità consapevole ma quello di rischiare il carcere o la vita qualora decidano di abortire o siano costrette a non farlo.

Dopo la sentenza della Corte, infatti, tredici stati hanno introdotto un divieto totale di interruzione della gravidanza, alcuni anche in casi in cui la madre (o persino il feto) siano in pericolo di vita. Altri fanno delle eccezioni per i casi di violenza domestica o simili. Altri stati hanno accorciato i tempi entro i quali una gravidanza può essere interrotta a sei settimane, molti hanno introdotto reati sia per chi abortisce che per i medici che praticano l’interruzione di gravidanza. In alcuni casi il reato vale anche se l’aborto è praticato laddove è legale (lo stato accanto). Naturalmente chi va ad abortire fuori dai confini statali non è una teenager impaurita o una donna povera, cioè le figure cui più spesso può capitare una gravidanza non desiderata.

Le maggioranze repubblicane negli stati hanno dunque usato la sentenza che riporta il diritto di legiferare in materia di aborto alle assemblee legislative statali per restringere o cancellare il diritto all’aborto. Questa crociata non ha portato bene al partito di Trump a livello nazionale: secondo i sondaggi le elezioni di metà mandato del 2022 dovevano essere un bagno di sangue per i democratici ma si sono risolte in un sostanziale pareggio. I sondaggi ci dicono che negli Stati Uniti più del 60 per cento della popolazione è favorevole all’aborto.

Ma al di là delle storie di donne che non vanno a farsi visitare, dei medici che aspettano a praticare un aborto fino a quando una donna non sia in grave pericolo di vita, di viaggi per poter abortire, che cosa ha cambiato nelle vite delle persone la cancellazione di Roe vs Wade?

Uno studio condotto da ricercatori della Ohio State University ha confrontato i dati sulla mortalità infantile dei mesi precedenti la sentenza con quelli successivi. Secondo i loro calcoli la mortalità infantile complessiva è aumentata del 7 per cento nei mesi di ottobre 2022, marzo 2023 e aprile 2023.

In media, ci sono stati circa 247 neonati morti in più al mese rispetto a quanto accada di norma. In sei di questi 18 mesi, la mortalità dei neonati con anomalie congenite è aumentata del 10 per cento. La ragione è da ricercarsi nella necessità, nell’obbligo, di portare avanti gravidanze anche quando le analisi indicano che il feto è a rischio o ha malformazioni.

Il paradosso

Uno studio condotto solo in Texas e pubblicato a giugno scorso ha verificato che le morti infantili sono aumentate del 13 per cento. Nel 2022, in Texas sono morti 2.240 neonati di età inferiore a un anno, più della metà dei quali prima dei 28 giorni di vita. Nel 2021, i decessi erano stati 1.985. Un terzo studio “texano” ha rilevato un numero di nascite superiore al previsto nei mesi successivi all'entrata in vigore della legge statale restrittiva.

Sebbene vi sia stato anche un parallelo un aumento degli aborti forniti alle donne texane fuori dai confini statali così come una maggior domanda di pillole abortive farmacologiche ottenute al di fuori del sistema sanitario formale, i risultati suggeriscono che non tutte le persone che avrebbero potuto abortire ci sono riuscite. Il paradosso delle restrizioni è che sono aumentati anche gli aborti, proprio perché, dicono gli esperti, si ricorre più spesso e senza aspettare troppo alla pillola abortiva.

Le conseguenze sul voto

Guardando questi dati tornano in mente Michelle Obama e il suo discorso: le leggi restrittive, le crociate anti abortiste non risultano in una diminuzione delle interruzioni di gravidanza ma solo in una maggior difficoltà, penalizzano chi ha meno informazioni, strumenti e disponibilità economica, mettono a rischio la vita delle madri.

Se guardiamo ai dati sulla mortalità infantile, aggiungiamo che queste leggi hanno un che di sadico: costringere le donne a portare a termine gravidanze che hanno buone chance di finire nella morte del neonato significa far subire a madri (e padri in questo caso) un dolore straziante. È quasi superfluo segnalare che, proprio a causa delle differenze di classe tra chi ottiene informazioni sulle pillole abortive o abortisce fuori dallo stato, a morire con più frequenza sono neonati afroamericani.

Il diritto delle donne a scegliere è dunque una delle grandi questioni su cui gli americani si troveranno indirettamente a votare il 5 novembre. I democratici sperano che le donne e i giovani tornino a mobilitarsi contro la crociata ideologica portata avanti dal Grand Old Party e consentita dalle scelte fatte da Trump nella nomina dei giudici della Corte Suprema – due dei quali, Kanavaugh e Coney Barret, peraltro hanno sostanzialmente mentito durante l’audizione per la conferma in Senato, rispondendo a domande esplicite sul tema che “Roe Vs Wade è legge dello Stato “ (law of the land).

Uno strumento di mobilitazione saranno anche i referendum che puntano a cambiare le leggi statali, il 5 novembre saranno undici, ma quelli che contano anche per le presidenziali perché si svolgono in stati cruciali da vincere per arrivare alla Casa Bianca sono fondamentalmente tre: Arizona, Nevada e Nebraska.

Negli stati del west la distanza nei sondaggi tra Trump e Harris è minima, in Nebraska è più complicato perché si tratta di uno dei due stati che assegnano i grandi elettori non per lo stato ma per diversi distretti elettorali. In passato referendum statali sui temi etici hanno contribuito a determinare la mobilitazione dell’elettorato sia a destra che a sinistra. Lo scontro pluri-decennale attorno al diritto all’aborto, insomma, potrebbe contribuire a decidere chi sarà il prossimo presidente.

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