- Inizierà a breve il processo per la strage antisemita di Pittsburgh del 2018. Nel frattempo lunedì 24 aprile si sono svolte le prime audizioni per formare la giuria che andrà a decidere della vita dell’imputato, che rischia la pena capitale.
- Il 27 ottobre di cinque anni fa, poco prima delle 10, alla sinagoga “Tree of life” Bowers ha aperto il fuoco sui fedeli raccolti in preghiera, uccidendo undici persone e ferendone sei, di cui due in condizioni gravi.
- Secondo un report del 2019 dell’Adl il numero di aggressioni antisemite negli Usa nell’anno precedente è stato il più alto dal 1979, cioè da quando la società di advocacy ha cominciato a tenerne traccia. In un nuovo report la stessa ha registrato nel 2022 un aumento del 36 per cento di attacchi antisemiti rispetto al 2021.
Lunedì 24 aprile sono iniziate le audizioni per la selezione della giuria su quello che la Anti-Defamation League (Adl), una delle più famose associazioni per i diritti umani, definisce il «peggior attacco antisemita nella storia degli Stati Uniti» avvenuto nel 2018 a Pittsburgh, in Pennsylvania.
L’imputato, Robert Bowers, 51 anni, rischia la pena di morte. Raramente si sono visti processi riguardanti stragi, perché di solito l’accusato muore durante l’azione, ma in questo caso l’uomo è stato solo ferito e arrestato.
I fatti del 2018
Il 27 ottobre di cinque anni fa, poco prima delle 10, alla sinagoga “Tree of life” Bowers ha aperto il fuoco sui fedeli raccolti in preghiera, uccidendo undici persone e ferendone sei, di cui due in condizioni gravi.
La “Tree of life” non è una sinagoga qualsiasi. È la più importante del quartiere Squirrel Hill, zona storicamente abitata dalla comunità ebraica, tanto che il 26 per cento degli ebrei della città vive in quel quartiere.
Inoltre, al momento dell’attacco, si stavano svolgendo tre diverse funzioni in tre ambienti separati, facendo sì che circa cento persone fossero riunite nell’edificio. Una delle funzioni era un Brit milà, la cerimonia con cui nella religione ebraica si dà il benvenuto ai neonati maschi con una circoncisione rituale. Nessun bambino è però rimasto ferito.
L’imputato era armato di un fucile d’assalto e almeno tre pistole e ha sparato per diversi minuti all’interno della sinagoga. Poi ne è uscito ma si è subito scontrato con una squadra della polizia in tenuta d’assalto. Ha quindi sparato sugli agenti e poi è tornato all’interno della sinagoga, dove si è barricato in una stanza al terzo piano. Alla fine si è arreso alla polizia.
Il direttore dell’ufficio dell’Fbi di Pittsburgh, Robert Allan Jones, ha definito la scena del crimine la «più tremenda in vent’anni di lavoro nel Bureau» .
Il processo
È indubbia la colpevolezza di Bowers, la posta in gioco qui riguarda la pena capitale. La difesa, composta da Judy Clarke e il suo team, ha un solo obiettivo quindi: risparmiargli la sedia elettrica. L’imputato ha proposto di dichiararsi colpevole e patteggiare una sentenza all’ergastolo per salvarsi la vita, ma i procuratori federali hanno rifiutato.
La giuria sarà composta da 20 persone, ma è probabile che non sarà decisa fino alla fine di maggio. I giurati di processi in cui si parla di pena di morte, infatti, sono sottoposti a un fardello pesante, ci vuole una certa audacia a condannare un’altra persona a morte, si tratta di un «giudizio personale e morale sulla vita di un altro uomo», come ha detto il giudice distrettuale Robert Colville. Basterà che uno solo dei giurati voti contro la pena di morte che la giuria resterà appesa e la pena capitale non sarà comminata.
L’imputato ha a suo carico 63 capi d’accusa federali, tra cui ostacolo al libero esercizio del credo religioso, un crimine d’odio. Dovrà inoltre affrontare diverse accuse statali. I procuratori federali hanno espresso l’intenzione di far ascoltare le telefonate al 911 dei fedeli terrorizzati che descrivono gli omicidi mentre avvengono e di mostrare le foto delle autopsie durante il processo. Non è ancora chiaro se alcuni presenti alla strage potranno testimoniare.
Ci sono voluti molti anni per arrivare al processo, in parte perché la pandemia da Covid-19 ha bloccato o ritardato la maggior parte dei procedimenti, ma soprattutto per la natura stessa del caso. Trattandosi di una strage, il tribunale ha voluto distanziare il processo dall’evento, così da dissipare in qualche modo l’impatto dell’evento nella comunità e poter selezionare giurati in quella stessa zona.
La pena capitale
Negli Stati Uniti la pena di morte trova il suo fondamento nel V emendamento. I crimini punibili con la pena capitale sono previsti a livello federale, tra di essi ci sono:
- alto tradimento;
- omicidio;
- spionaggio o favoreggiamento nella circolazione di informazioni che danneggiano il sistema di sicurezza nazionale;
- omicidio di agenti federali, poliziotti, militari, pompieri;
- atti o favoreggiamento di terrorismo.
Nel caso specifico il governo chiede la pena di morte per Bowers insistendo sul suo aperto antisemitismo e sulla sua decisione di attaccare durante una funzione religiosa. Esponenti della comunità ebraica di Squirrel Hill hanno però pubblicamente esortato il governo a non perseguire la pena capitale, motivando la loro richiesta con princìpi religiosi ed etici e con preoccupazioni per gli effetti di un processo prolungato su persone già traumatizzate.
Tuttavia, i familiari di nove delle 11 vittime hanno scritto in una lettera al Pittsburgh Jewish Chronicle che «i crimini di Bowers meritano la pena di morte», mentre accettare il patteggiamento sarebbe un modo per lasciargli “una facile via d’uscita”.
L’attentatore
Quando aveva solo sette anni il padre di Robert Bowers si è suicidato dopo aver violentato una ragazza nello stesso quartiere di Squirrel Hill. Il suo avvocato difensore, Judy Clarke, ha dichiarato che Bowers soffre di schizofrenia e di disturbi cerebrali strutturali e funzionali, per questo motivo chiede l’ergastolo e non la morte.
Bowers ha abbandonato la scuola superiore poco prima del diploma e ha lavorato come camionista. All’epoca dei fatti non aveva precedenti penali e aveva 21 pistole registrate a suo nome.
Bowers vive a soli 25 minuti d’auto dalla sinagoga, ma i suoi vicini riferiscono di non aver mai parlato con lui, si aggirava nel vicinato come un fantasma senza interagire con nessuno, veniva solo visto fumare fuori casa. Tuttavia, all’apparente mitezza della vita quotidiana, si contrapponeva una tremenda aggressività sui social, su cui era frequente manifestare tutto il suo disprezzo verso la comunità ebraica.
L’uomo aveva un profilo personale sul social network “Gab”, che si presenta come un social dedicato alla libertà d’espressione. Nei fatti è diventato il ritrovo virtuale di una gran parte di attivisti di estrema destra e di nazionalisti bianchi.
L’accusato ha aperto la sua pagina nel gennaio del 2018 e da quel momento ha condiviso numerosi insulti antiebraici e di teorie cospirative antisemite, ripostando anche commenti nazisti di altri utenti. In particolare le sue teorie avevano come protagonista la Ong ebraica Hias, che si occupa dell’accoglienza di richiedenti asilo da tutto il mondo, accusata di «accogliere gli invasori che distruggono il popolo americano». Nell’ultimo suo post, di poche ore prima della strage, Robert Bowers aveva scritto di non poter rimanere seduto a guardare e che era tempo di agire.
Basandosi su questi commenti e dichiarazioni di intenti pubblicate su Gab, l’accusa vuole dimostrare che la strage non è dovuta al profilo psicologico dell’imputato ma a un odio antisemita dichiarato e per questo ritiene adeguata la pena di morte. L’antisemitismo non è però purtroppo una prerogativa solo di Bowers e della sua community online.
L’antisemitismo negli Stati Uniti
Secondo un report del 2019 dell’Adl il numero di aggressioni antisemite negli Usa nell’anno precedente è stato il più alto dal 1979, cioè da quando la società di advocacy ha cominciato a tenerne traccia. In un nuovo report la stessa ha registrato nel 2022 un aumento del 36 per cento di attacchi antisemiti rispetto al 2021.
Dagli esponenti di estrema destra antisemita le grandi crisi del paese sono state sempre rilette attraverso il pregiudizio antiebraico. Dalla teoria falsa che vede gli ebrei come mandanti dell’attentato alle torri gemelle, alla teoria, sempre falsa e nata durante la pandemia, che considera gli ebrei i creatori il virus con l’obiettivo di lucrare sui vaccini.
I mezzi con cui si manifesta l’intolleranza antiebraica sono i più disparati: volantini e graffiti apertamente antisemiti, aggressioni fisiche, soprattutto nei confronti di ebrei visibilmente ortodossi, ma anche discorsi online, difficili da rintracciare, e la retorica pubblica cospirazionista di commentatori e politici di estrema destra che parlano di una sostituzione etnica a danno dei maschi bianchi americani da parte di élite controllate dagli ebrei.
Oltre questa retorica politica, anche celebrità, come il cestista Kyrie Irving e il rapper Ye precedentemente conosciuto come Kanye West, si sono espresse con dichiarazioni antisemite. Un giornalista dell’Atlantic, Yair Rosenberg, ha analizzato l’episodio concernente West e l’ha utilizzato per spiegare la longevità e le trasformazioni dell’antisemitismo, definito da lui come «un circolo che si autoalimenta».
Secondo Rosenberg, questo tipo di discriminazione è al tempo stesso un pregiudizio personale contro le persone ebree e una teoria del complotto sul funzionamento del mondo intero, che ritiene gli ebrei controllori di ogni cosa del mondo. L’antisemita sfrutta pure le conseguenze negative della sua intolleranza come prova del fatto che gli ebrei controllino tutto. Come Kanye West, che prima ha fatto affermazioni antisemite, poi a causa di quelle affermazioni è stato condannato e privato di grossi contratti di sponsorizzazione, e ha accusato gli ebrei per la perdita di quei contratti.
Il giornalista osserva che il caso West dimostra come l’antisemitismo continui ad assumere forme nuove. Il rapper, tra le altre cose, ha detto che le persone afroamericane sarebbero i «veri ebrei» mentre gli ebrei etnici sarebbero degli oppressori, rifacendosi a una vecchia teoria ottocentesca, mai scomparsa, secondo cui gli afroamericani sarebbero i discendenti di una delle 12 tribù di Israele, cioè i 12 gruppi originari del popolo ebraico secondo la tradizione biblica.
L’effetto cumulativo di tutti i gesti antiebraici che si stanno diffondendo sempre di più in America è la creazione di un’atmosfera in cui le minacce, le offese e le cospirazioni si diffondo facilmente e velocemente online e offline, creando sempre più paura nelle comunità ebraiche. Il capo esecutivo e direttore nazionale dell’Adl, Jonathan Greenblatt, ha dichiarato: «Abbiamo visto normalizzare l’antisemitismo in modi che sarebbero stati inimmaginabili fino a pochi anni fa».
La task force di Biden
Questa tendenza si riflette nella cultura e nella politica americane ed è avallata anche dai dati raccolti dal governo federale. Tanto che a dicembre 2022 l’amministrazione Biden ha annunciato la creazione di una task force governativa che si occuperà di coordinare il contrasto al razzismo, all’antisemitismo e a qualsiasi forma di discriminazione.
Tra gli obiettivi annunciati c’è «la comprensione dell’antisemitismo e della minaccia che rappresenta per la comunità ebraica e per tutti gli americani». Il gruppo di lavoro si focalizzerà in particolare su comportamenti antisemiti sia online sia offline, «cercando di prevenire attacchi e incidenti e incoraggiando gli sforzi della società nell’azione di contrasto e costruzione di una nazione più inclusiva».
L’antisemitismo è un fenomeno nuovo negli Stati Uniti?
L’odio anti ebraico è una delle forme di razzismo più longeve e persistenti della storia. Nato ben prima della scoperta dell’America, è nel medioevo in Europa che si lega a una teoria complottista ancora molto in voga secondo cui gli ebrei controllerebbero l’economia e la finanza mondiali, le banche, i governi e così via, probabilmente originata dal fatto che prestare soldi era considerato peccato per i cristiani e quindi i mestieri di esattore delle tasse e prestasoldi erano spesso prerogative degli ebrei.
L’antisemitismo si è però prontamente diffuso anche negli Stati Uniti già dall’epoca coloniale, passando anche per la Seconda guerra mondiale, quando il Congresso, l’amministrazione Roosevelt e l’opinione pubblica rifiutarono spesso di consentire l’immigrazione dei rifugiati ebrei europei, fino ad arrivare ai giorni nostri.
È da notare come a metà dell’ Ottocento, degli immigrati ebrei tedeschi fondarono delle banche di investimento che divennero le principali sostenitrici dell’industria.
A partire dagli inizi del 1880 il calo dei prezzi delle aziende indusse il Partito del popolo a incolpare dei mali percepiti del capitalismo e dell’industrializzazione gli ebrei, a causa della loro presunta inclinazione razziale/religiosa verso lo sfruttamento finanziario. Lo storico Richard Hofstadter ha dichiarato che la tradizione populista ha attivato la maggior parte dell’antisemitismo popolare moderno statunitense.
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