A due anni dall’inizio della guerra, le forze armate sudanesi annunciano di aver riacquisito il pieno controllo della capitale. Ma quello che l’Onu ha dichiarato essere «il più grande disastro umanitario del momento» non finirà: le forze antagoniste dell’Rsf si stanno riorganizzando nel Darfur. Il rischio di una “libizzazione” del paese
Il secondo, tragico anniversario dello scoppio della guerra in Sudan – 14 aprile 2023 – si avvicina portando novità di grande rilievo. Le Forze Armate Sudanesi (Saf) hanno annunciato di aver ottenuto il pieno controllo del palazzo presidenziale di Khartoum e di aver rafforzato il proprio potere sulla capitale recuperando diversi edifici governativi chiave tra cui la sede del National Intelligence Service e della Banca centrale.
Secondo fonti vicine all'esercito, i combattenti dell'Rsf (Rapid Support Forces) hanno subìto gravissime perdite durante la loro ritirata. Le Rsf, dal canto loro, hanno affermato di essere ancora attive nell'area del palazzo presidenziale e di aver lanciato diversi attacchi contro gli effettivi delle Saf, ma è ormai certo che da qualche giorno a questa parte la capitale, per lunghissimi mesi in mano ai ribelli, è ora tornata a essere feudo governativo.
«Khartoum è ora libera», ha dichiarato il leader delle Saf e de facto capo di Stato del Sudan dopo il golpe del 25 ottobre 2021, generale Abdel Fattah al-Burhan, arrivato in elicottero per una breve visita al palazzo presidenziale devastato dalla guerra. Gli abitanti, terrorizzati da due anni di conflitto atroce, si sono riaffacciati per la prima volta dopo tanto tempo per le strade della capitale e hanno fatto festa per un ritorno, almeno apparente, alla normalità, senza spari e scontri.
Una svolta
La riconquista della capitale da parte dell'esercito segna una chiara svolta nell’andamento della guerra che sta causando, secondo l’Onu, «la più grande crisi umanitaria del momento». In meno di due anni di conflitto, oltre 15 milioni di individui hanno lasciato in fretta e furia le proprie case per mettersi in salvo, di cui circa 3,3 milioni all’estero. I morti sarebbero almeno 150mila, i feriti, i rapiti, gli scomparsi un numero impressionante. Nel frattempo fame, malattie ed epidemie, unitamente ad assenza pressoché totale di assistenza medica, stanno mietendo nuove vittime a ritmo incalzante.
L’importante cambiamento, però, è improbabile che porti alla pacificazione del paese. Almeno nell’immediato. L'Rsf, proprio mentre le Saf entravano a Khartoum, conquistavano la città strategica di Al-Maliha, nel Darfur settentrionale e proseguono l’assedio nella zona di El Fasher, Nord Darfur, dove il 24 marzo scorso una sessantina di persone sono state uccise in un attacco aereo sferrato da loro contro un mercato.
Ma alla notizia della presa di Khartoum da parte delle truppe governative, fa eco un’altra, altrettanto clamorosa. Le Rsf stanno per annunciare il varo di un nuovo governo parallelo deciso in un incontro tra tutte le forze fedeli al gruppo paramilitare, tenutosi a Nairobi un mese fa. Secondo fonti vicine alle formazioni anti-Saf, le Rapid Support Forces guideranno il consiglio presidenziale di un governo di imminente formazione che dovrebbe suggellare in qualche modo il consolidamento del controllo nei territori sotto la sua influenza (in particolare l’intero Darfur, l’enorme area occidentale del paese).
L’esecutivo che, sebbene non dichiarato, godrebbe dell’appoggio del Kenya che ha ospitato le assemblea costituenti, oltre all’Rsf che avrà almeno il 40 per cento del potere, annovererà altre formazioni come l'Splm-N (30 per cento) e gruppi minoritari. L'autorità parallela si sta formando nel quadro di una dichiarazione politica firmata il 22 febbraio, come detto, a Nairobi.
Un governo alternativo
Il documento, sottoscritto da Rsf, movimenti armati e gruppi civili e politici, punterebbe, come riportano quotidiani sudanesi, a una formazione di un'ampia alleanza e l'istituzione di un governo alternativo al Consiglio di sovranità guidato da al-Burhan. Nessuno crede che il leader delle Saf accetterà mai di lasciare il potere specie dopo due anni di sanguinosa guerra in un momento in cui sta parzialmente ribaltando a suo favore le sorti.
Piuttosto, con Khartoum e altre vaste aree in mano al governo e le regioni occidentali appannaggio delle Rsf e di un nuovo esecutivo non riconosciuto, sono in molti a pensare che il Sudan si stia avviando verso un processo di "libizzazione”. E i timori che la guerra prosegui, quindi, si restano alti.
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