Sono diversi i paesi che hanno deciso di sospendere o ridurre i fondi destinati alle missioni umanitarie, a partire dagli Stati Uniti. Anche l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) è coinvolta dal taglio dei finanziamenti e si trova «in una fase molto difficile», costretta «a drammatiche scelte su quali interventi ridurre o tagliare», spiega Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, la Santa sede e San Marino dell’Unhcr.

L’Italia, aggiunge Cardoletti, non è tra i paesi che hanno ridotto i fondi destinati agli interventi umanitari dell’agenzia e «nel 2024 è stata tra i maggiori donatori a livello mondiale». Il nostro paese gioca un ruolo che Cardoletti definisce «cruciale» in un contesto «di forte aumento delle migrazioni forzate».

Per questo, continua, giudica positivamente le iniziative del governo, che promuovono «una cooperazione paritaria», come il Piano Mattei per l’Africa. Un progetto che, però, per le ong che lo monitorano assomiglia più a un piano di sfruttamento delle risorse del continente.

Le persone in fuga in tutto il mondo sono 120 milioni, dieci anni fa erano la metà. Nel 2024 avete risposto a 43 scenari di crisi, il numero più alto dal 2015. Cosa raccontano questi dati?

Raccontano che il mondo sta vivendo una conflittualità senza precedenti. Nuovi conflitti che si aggiungono a situazioni di crisi in corso da anni. E raccontano che, in aggiunta agli sforzi della comunità umanitaria, bisogna risolvere i conflitti e sostenere lo sviluppo dei paesi più fragili, che ospitano circa il 70 per cento delle persone in fuga. Le ricette necessarie includono pace, sviluppo e mitigazione dei cambiamenti climatici. Tuttavia, il settore umanitario e in parte quello della cooperazione allo sviluppo da anni si confrontano con una insufficienza di fondi a fronte dell’aumento esponenziale dei bisogni delle popolazioni sfollate.

Cosa significa concretamente?

Siamo grati ai nostri donatori pubblici e privati per il loro sostegno. Tuttavia, siamo in una fase molto difficile, e la carenza di fondi può esacerbare le crisi umanitarie, favorendo condizioni di insicurezza e instabilità, minando le prospettive di sviluppo e creando quindi le premesse per un aumento della pressione migratoria lungo le rotte. Questa situazione mette l’Unhcr di fronte a drammatiche scelte su quali interventi ridurre o tagliare, inclusi i beni di prima necessità e servizi essenziali come la fornitura di acqua o di cibo.

I paesi più colpiti dalla scarsità di fondi?

In questo momento colpisce tutte le nostre operazioni. Le situazioni più critiche le registriamo in Africa, in particolare in Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, ma anche in Ucraina, Yemen, Siria, Libano e Colombia. In Sudan, ad esempio, una delle maggiori emergenze al mondo, molto spesso dimenticata e che ha costretto quasi 12 milioni di persone a fuggire da violenze indescrivibili, il piano regionale di risposta nel 2024 è stato finanziato solo al 30 per cento.

A causa della riduzione dei fondi, molti decidono di spostarsi alla ricerca disperata di alternative per la sopravvivenza. Il rischio di tragedie umanitarie, di forte instabilità e di movimenti secondari fuori controllo, anche verso l’Europa, diventa uno scenario sempre più plausibile.

Dopo la decisione degli Usa di congelare gli aiuti umanitari, pensate che l’Europa possa fare lo stesso, mentre parla di riarmo?

Gli Stati Uniti sono da tempo un leader mondiale nella protezione dei rifugiati. Contribuendo in modo rilevante al budget globale, incluso il nostro (coprono un quinto del budget dell’agenzia, ndr), di aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo, il loro ruolo è fondamentale. In questa fase alla sospensione dei fondi degli Usa, si aggiunge la decisione di alcuni paesi europei di ridurre le risorse. Da parte nostra, esortiamo tutti i donatori a sbloccare le donazioni il prima possibile, ad aumentare i finanziamenti non vincolati per permetterci di allocare i fondi dove sono più necessari, e individuare fonti alternative di sostegno per il settore umanitario.

L’Italia, paese donatore, che impatto ha sul budget dell’agenzia?

La fiducia che l’Italia ripone nel nostro lavoro è dimostrata anche dal continuo sostegno finanziario alle nostre operazioni. Nel contesto globale attuale di forte aumento delle migrazioni forzate, il ruolo dell’Italia è cruciale. È importante che il governo abbia intrapreso varie iniziative sulla dimensione esterna, come il Piano Mattei, che, pur dovendo affrontare sfide molto complesse, hanno promosso il dialogo multilaterale, una cooperazione paritaria nella gestione delle crisi umanitarie, dello sviluppo e delle migrazioni forzate, specialmente in Medio Oriente e Africa.

La Commissione Ue ha presentato la proposta per un sistema di rimpatrio, aprendo ai Return hub in paesi terzi. I richiedenti asilo e i rifugiati sono raccontati come la vera minaccia in Italia e nel mondo occidentale, i loro diritti sono considerati sacrificabili in nome della sicurezza. Perché?

Un rafforzamento della politica unica europea in materia di ritorni mi sembra possa rappresentare un aspetto importante nell’ambito della più ampia attuazione del Patto Ue su migrazione e asilo. Stiamo ancora studiando la proposta in materia di Return Hub, ricordando che riguarda persone che non hanno più diritto di rimanere nell’Ue. I Cpr potrebbero essere opportunamente esplorati, entro certi parametri e in linea con gli standard dei diritti umani, come complemento ad altri sforzi per la gestione delle migrazioni irregolari. Il rimpatrio sicuro e dignitoso delle persone che non necessitano di protezione internazionale è infatti fondamentale per l’efficace funzionamento del sistema di asilo. Io credo che l’esigenza di sicurezza dei cittadini vada ascoltata e compresa, e che la risposta passi anche attraverso un’informazione più accurata sui bisogni di protezione delle persone in fuga e misure che portano a una gestione giusta ed efficiente del fenomeno migratorio nel suo complesso.

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