Il quotidiano francese Le Figaro ha titolato a fine dicembre: Trenta anni dopo, l’ombra dell’Unione sovietica pesa ancora sulla Russia.  Un titolo azzeccato. Per capire cosa è accaduto in Ucraina e nelle sue regioni separatiste dal 2014 bisogna comprendere il profondo e complesso legame storico, politico e culturale esistente tra Mosca e Kiev e soprattutto quanto ancora pesi l’ombra dell’Urss su questa connessione interrotta dall’implosione dell’impero sovietico.

Anche Constanze Stelzenmüller, Fritz Stern chair al Brookings institution, ha insistito sul Financial Times che per capire la posizione russa sull’Ucraina bisogna tenere a mente una frase di Vladimir Putin in occasione di ciò che accadde trenta anni fa a Mosca: nel 2021 c’è stato «un altro 30° anniversario: quello della dissoluzione dell’Unione Sovietica, il 26 dicembre 1991. In un documentario televisivo andato in onda di recente, Putin ha definito questo evento la fine della “Russia storica”, aggiungendo che lo aveva costretto a fare il tassista di notte».

Folklore? Storia che non passa da chi si sente tradito dagli eventi? Revanscismo personale di un ex agente del Kgb? Forse, ma probabilmente c’è qualcosa di più.

Una situazione di confronto tra ex cortina di ferro e occidente liberale dove sono state usate l’arma dei migranti dalla Bielorussia ai confini polacchi, e l’aumento del prezzo del gas da parte di Mosca verso l’Ue. Non solo. Guardando agli ultimi trenta anni, dopo la Transnistria, l’Abkhazia, l’Ossezia del sud, Donetsk, Lugansk e la Crimea, Mosca sembra non aver tenuto in grande considerazione eventuali risposte significative da parte di Washington e dell’occidente. Ma si potrebbe replicare che questa volta è diverso e che la minaccia all’Ucraina è un fatto molto maggiore dei precedenti.

Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations, ha ricordato gli impegni dell’occidente verso Kiev su Project Syndicate: «Biden ha anche ragione a respingere la Russia. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, insieme alla stessa Russia, hanno assicurato all’Ucraina nel 1994 che, in cambio della rinuncia all’arsenale nucleare che aveva ereditato dall’Unione Sovietica, la sua sovranità e i suoi confini sarebbero stati rispettati. Ciò non costituiva un impegno di sicurezza simile alla Nato, ma implicava che l’Ucraina non sarebbe stata abbandonata».

Mosca ha annesso la Crimea ucraina ed è ampiamente considerata il padrino dei separatisti filo-russi nell’Ucraina orientale, dove il conflitto civile ha mietuto circa 13mila vittime dal 2014. Insomma l’occidente si sta defilando rispetto agli impegni presi nel 1994 con Kiev? Che ci sia cautela è evidente perché la Russia è una potenza nucleare e gli Stati Uniti non faranno mai una guerra diretta a una potenza dotata di armi atomiche.

La posizione dell’occidente

Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky (Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved)

Certo ufficialmente le prese di posizione dell’occidente sono risolute, ma sotto sotto tutti chiedono di trattare ed evitare che la situazione possa sfuggire di mano. «Pesanti conseguenze strategiche» per la Russia in caso di aggressione e pieno sostegno «all’integrità territoriale» dell’Ucraina. Mentre la tensione con Mosca sale a livelli di guardia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è volato a dicembre a Bruxelles per il vertice del partenariato orientale con i leader Ue e ha incassato «il forte sostegno» di Francia e Germania contro la «minaccia militare» di Mosca.

Si badi bene, un sostegno, non la promessa di inviare uomini sul terreno. Un trilaterale in cui Parigi e Berlino hanno ribadito di voler rilanciare il dialogo sul Donbass «nel formato Normandia», ribadendo però gli avvertimenti alla Russia che, ha assicurato il neo cancelliere tedesco Olaf Scholz, in caso di attacco pagherà «un prezzo alto». E proprio a Berlino Zelensky ha chiesto sostegno per «il percorso euroatlantico dell'Ucraina».

L’Unione europea è divisa

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Ma l’Ue è spaccata: nazioni come Francia, Italia e Germania sono per mantenere un filo diretto con il Cremlino, i paesi dell’est vorrebbero invece che la Russia venisse isolata e punita. Mosca insiste però di non avere piani militari contro Kiev e chiede «di avviare negoziati con gli Usa e la Nato per elaborare garanzie legali internazionali di sicurezza» che «escludano un’ulteriore espansione verso est della Nato e il dispiegamento di armamenti che mettono in pericolo la Russia sul territorio dell’Ucraina e altri stati confinanti». È sincera Mosca o sta cercando di recuperare una zona di influenza persa dopo il crollo del Muro di Berlino?

«Vogliamo avere buone relazioni con la Russia ma ulteriori atti aggressivi contro l’Ucraina avranno costi massicci», ha avvertito la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Poi è arrivato il vertice dei leader Ue a Bruxelles. «Abbiamo una serie di sanzioni economiche», ha spiegato von der Leyen, auspicando però che Mosca «porti avanti la strada diplomatica».

Un impegno condiviso anche dal presidente del Consiglio Ue, il belga Charles Michel, che ai cinque partner dell’est - Moldavia, Georgia, Azerbaijan e Armenia, oltre all’Ucraina, assente la Bielorussia che ha sospeso la partnership dopo le sanzioni - ha promesso: «Siamo pronti ad assumere un ruolo attivo nel sostenervi nella prevenzione e risoluzione dei conflitti».

«Il Consiglio europeo deve chiedere urgentemente alla Russia di adoperarsi per ridurre le tensioni tra Russia e Ucraina. Dobbiamo rinnovare il nostro sostegno alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina, come ho avuto modo di esprimere al presidente ucraino Zelensky», ha detto il premier Mario Draghi nel suo intervento alla Camera in vista del Consiglio Ue, ribadendo che «la diplomazia resta l’unica via per risolvere il conflitto nel Donbass». Draghi si distanzia dai paesi baltici e sembra non credere molto alle minacce russe e punta sul dialogo con Mosca.

Russia e Cina si alleano

Il presidente russo, Vladimir Putin, intanto cerca di aumentare le difese contro eventuali sanzioni e durante una video conferenza con il presidente cinese, Xi Jinping, i due hanno annunciato una struttura finanziaria condivisa per coprirsi da eventuali sanzioni.

Il sistema finanziario russo sarebbe in grado di farcela anche se fosse disconnesso dal sistema di pagamenti interbancari Swiftglobal, ha detto a dicembre il capo della seconda banca russa Vtb Bank. Washington ha avvertito Mosca che subirà forti ripercussioni economiche se la Russia dovesse optare per l’invasione dell’Ucraina tagliando la Russia fuori dallo Swift, cruciale per i flussi di denaro globali, un’ipotesi che è stata fatta filtrare ai media. «Certo che sopravvivremo, ma non credo che si arriverà a questo», ha detto il Ceo di Vtb Andrey Kostin. La Russia ha istituito un proprio sistema di messaggistica bancaria, noto come Spfs come alternativa a Swift, in una decisione che i dirigenti dicono dovrebbe mitigare il colpo se la Russia dovesse essere disconnessa da Swift.

German Gref, amministratore delegato del principale istituto di credito russo, Sberbank, ha respinto come notizie assurde che le eventuali sanzioni potrebbero prendere di mira la capacità del paese di convertire i rubli in dollari. Mosca però, nel frattempo, ha accumulato oro nei forzieri al posto di dollari.

Il ruolo chiave della Germania

08/12/21 Berlino, il nuovo cancelliere Olaf Scholz durante il giuramento dopo essere stato eletto

La posizione del governo tedesco si è fatta più intransigente con l’ingresso dei Verdi nella coalizione tripartita Spd, Verdi e Liberali. La ministra della Difesa tedesco, Christine Lambrecht, ha avvertito che la Russia non può «dare ordini» alla Nato, dopo che Mosca ha pubblicato le due proposte di accordi rivolte a Usa e Nato per una de-escalation in Europa orientale.
«È chiaro che la Russia è l’aggressore», ha detto la ministra, ma prima «dobbiamo sfruttare tutte le opzioni a nostra disposizione per fermare l’escalation e ciò include la minaccia di dure sanzioni», ha affermato Lambrecht. Sinora nessun esponente della Spd si era espresso in maniera così dura sulla Russia. La visione filo-russa dell’ex cancelliere Gerhard Schroeder sembra essere messa in soffitta in nome di un rinnovato filo-atlantismo.

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