La Corte suprema conferma il bando del social di proprietà cinese. L’ad sarà all’insediamento. La cerimonia sarà spostata all’interno di Capitol Hill a causa del freddo record previsto a Washington. Il presidente eletto telefona a Xi
Il rapace opportunismo è una delle caratteristiche principali di Donald Trump, quindi nessuno è rimasto sorpreso quando il presidente eletto ha cercato di togliere dalle fragili mani dell’uscente Joe Biden il merito dell’accordo che ha portato al cessate il fuoco a Gaza.
Come sempre sgradevole ed eccessivo nei toni, Trump alla fine ha costretto Biden ad abbassarsi al suo livello, luogo in cui si sa chi trionfa di solito. Così la competizione si è trasformata in una gazzarra in stile social, con il presidente in carica che ha dovuto usare parte del suo discorso d’addio per rivendicare la paternità di un accordo costruito in otto mesi di negoziati.
Il team di Trump non ha nemmeno una versione comune su come questa presunta vittoria sia effettivamente maturata. Il presidente eletto sostiene che il merito è suo e del suo inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ma per il segretario di Stato entrante, Marco Rubio, l’accordo è stato raggiunto perché gli avversari dell’America temono il confronto con l’amministrazione: «Hamas e l’Iran probabilmente non volevano vedersela con il presidente Trump. Hanno pensato di raggiungere l’accordo migliore che potevano adesso». Che sia per sua iniziativa o per effetto deterrente, Trump vince sempre. E così lo raccontano i suoi in questi tesi giorni pre insediamento dominati dal duello fra lui e Biden.
Trump ha voluto far sapere quanto è impegnato nell’affrontare i problemi fondamentali del mondo (su cui Biden non ha messo mano) facendo una telefonata a Xi Jinping, avversario globale che aveva già invitato alla cerimonia di insediamento come gesto distensivo.
«La mia aspettativa è che risolveremo molti problemi insieme, iniziando da ora», ha scritto Trump su Truth. «Abbiamo parlato di commercio, fentanyl, TikTok, e molti altri argomenti. Io e il presidente Xi faremo tutto ciò che è possibile per rendere il mondo più pacifico e sicuro».
La Corte su TikTok
Qualche ora dopo la conversazione fra i leader è arrivata la decisione della Corte suprema sul bando a TikTok: i giudici hanno confermato la legge sul divieto e hanno così rigettato le richieste dell’azienda, controllata dalla cinese ByteDance, che si appellava alla tutela della libertà di espressione garantita dal primo emendamento. Le ragioni di sicurezza nazionale che hanno mosso il legislatore sono state considerate legittime, e anche la richiesta di Trump di rimandare la decisione, in modo che potesse occuparsene lui, è stata ignorata.
Se ByteDance non venderà TikTok a un acquirente americano, o approvato dal governo, entro domani sarà bandito dal mercato degli Stati Uniti.
Una faccenda tremendamente complicata e carica di importanti implicazioni geopolitiche, tecnologiche e comunicative, che Trump ora dovrà gestire. «La decisione della Corte suprema era attesa e tutti devono rispettarla», ha scritto Trump. «La mia decisione su TikTok sarà presa in un futuro non lontano, ma devo avere tempo per studiare la situazione».
Nell’immediato Trump potrebbe prendere tempo firmando un ordine esecutivo che blocca momentaneamente il processo, oppure potrebbe dare indicazione agli apparati di giustizia di non perseguire le violazioni della legge, ma dopo la decisione della massima corte sarà chiamato a trovare una soluzione definitiva per un’azienda piena di azionisti, lobbisti e portatori di interesse legati all’universo trumpiano.
Ed è in questo spirito che l’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, parteciperà alla cerimonia di insediamento di lunedì. Cerimonia che – altra novità – sarà spostata all’interno di Capitol Hill a causa del freddo record previsto a Washington.
Trump non potrà così avere la folla oceanica che ha desiderato da quando, all’insediamento del gennaio 2017, la presenza di sostenitori non aveva generato il colpo d’occhio atteso, e i media hanno marciato sulle immagini del pubblico a macchia di leopardo. È in quell’occasione che Kellyanne Conway ha coniato l’espressione «fatti alternativi».
Gli ostacoli messi da Biden
In tutto ciò, Biden non ha alcuna intenzione di andarsene senza lasciare qualche ostacolo per il successore.
Negli ultimi giorni ha firmato una serie di ordini esecutivi su temi fondamentali – dall’ambiente alla giustizia – che sembrano concepiti apposta per mettere i bastoni fra le ruote a chi viene dopo.
Ha commutato la pena per 2.500 detenuti condannati per reati di droga, provvedimento in contrasto con lo spirito law and order dell’amministrazione repubblicana, e prima ha messo un bando a nuove trivellazioni offshore, ha messo sotto protezione ambientale una vasta area della California, ha tolto Cuba dalla lista degli stati sponsor del terrorismo, ha protetto i migranti dalle minacce di rimpatrio, ha evitato la pena capitale ai condannati, ha dato altre armi all’Ucraina, ha cancellato i debiti universitari per 150mila studenti, e molto altro.
Trump potrà naturalmente firmare provvedimenti di senso contrario, ma anche per smantellare ci vogliono tempo, energie, volontà politica e capacità di gestione delle dispute legali che inevitabilmente si generano. Ma sono aspetti forse inevitabili nella più tesa delle transizioni del potere alla Casa Bianca.
© Riproduzione riservata