Elon Musk e Donald Trump hanno unito le forze per il comune obiettivo di battere Joe Biden. Il tycoon è intenzionato a dare un ruolo non meglio precisato al proprietario di Tesla e di X, l’ex Twitter, mentre quest’ultimo gli ha proposto un progetto per prevenire «le frodi elettorali».

E pensare che i rapporti tra i due non sono sempre stati idilliaci, anzi. La lontananza derivava da tutta una serie di ragioni: Musk fino a qualche anno fa era un magnate della Silicon Valley con idee progressiste, citato a esempio dal presidente Barack Obama nello stato dell’Unione del 2015, del quale era amico personale. Trump invece vedeva con disprezzo questi magnati del tech visti come taciti collaboratori dell’apparato dem e per di più diffidava profondamente di uno dei business principali di Musk, quello della produzione di auto elettriche.

Peraltro, la svolta a destra del magnate d’origine sudafricana non aveva convinto l’ex presidente a tornare sulla piattaforma da dove era stato bannato nei giorni successivi all’assalto a Capitol Hill. Anzi, sul suo account su Truth, il social creato da alleati del tycoon per fornirgli una piattaforma, aveva pesantemente insultato Musk, dicendo che le sue auto elettriche «non andavano da nessuna parte» e che quando era stato presidente «aveva mendicato dei fondi».

Poi c’era stato l’endorsement al governatore della Florida Ron DeSantis, altro atto decisamente sgradito all’ex presidente. Negli ultimi mesi però, le intenzioni comuni di cacciare i dem dalla stanza dei bottoni ha fatto avvicinare le due figure. Musk però non vuole limitarsi a fare come altri miliardari, ovvero staccare un assegno e poi lasciar campo libero ai politici.

Vuole avere un’influenza reale sulle scelte dell’eventuale seconda amministrazione Trump. E di fatto sta già lavorando per eleggerlo: secondo un’analisi del New York Times, Musk ha diffuso notizie false e critiche tendenziose all’amministrazione di Joe Biden in modo ben lontano dalla neutralità ostentata di altri magnati come ad esempio Mark Zuckerberg. Non solo: ha detto che la vittoria di Biden instituirebbe «un partito unico» del “Deep State”.

Un tono apocalittico che, ironia della sorte, è spesso utilizzato dai dem quando si immagina il ritorno di Donald Trump. Musk si è ritagliato un altro ruolo, quello di diffusore, attraverso gli eventi sociali, di un nuovo verbo, quello dell’antibidenismo, una sorta di movimento speculare all’antitrumpismo dei dem. Il rischio, a suo avviso, è che potrebbero essere varate nuove regole dall’amministrazione che metterebbero in difficoltà il suo business. Non c’è però ancora l’unione degli sforzi totali: Musk non ha ancora intenzione di annunciare il suo pieno sostegno a Donald Trump e alla sua causa.

Eppure il trumpismo non è più una parolaccia nella Silicon Valley, dove il tycoon ha raccolto nuovi sostenitori grazie anche all’aiuto del giovane senatore J.D. Vance dell’Ohio, che ha organizzato un evento per Trump il prossimo 6 giugno a San Francisco, organizzato dai venture capitalists Chamath Palihapitiya e David Sacks, dove i biglietti d’ingresso partono da 50mila dollari. Lo stesso Sacks nel suo podcast “All In” ha detto che ormai “è più in disaccordo con Biden che con Trump”.

Il tema è quello fiscale: Trump aveva tagliato le tasse sui redditi più alti, mentre Biden no e anche se ha dichiarato di voler far pagare “il giusto” ai miliardari, al momento non l’ha ancora fatto. Musk e altri miliardari basati in California dunque hanno deciso di puntare con tutte le riserve del caso di unire le forze con Trump per evitare che ciò avvenga, dato che appare poco credibile l’improvvisa preoccupazione del patron di Tesla per la “cultura woke” definita nelle ultime settimane quale un «virus che può distruggere la nostra civiltà».

Eppure, il Trump odierno appare molto meno malleabile di quello del 2016. Cos’è cambiato dunque? Un’ala dei dem si è spostata molto più a sinistra e c’è un forte attivismo di alcuni politici californiani, come il deputato progressista Ro Khanna, per mettere delle redini allo strapotere del Big Tech. Influenza che però Musk non solo non vuol perdere, ma vuole potenziare, diventando una sorta di “superconsigliere” del tycoon newyorchese. Senza riflettere sul fatto che Trump ha una tendenza a silurare i suoi collaboratori, quando non appaiono più utili alla causa. E un Musk con un ruolo alla Casa Bianca difficilmente farebbe eccezione.

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