Biden chiede più risorse per il Secret Service, ma il tycoon vuole capitalizzare il vittimismo. L’inchiesta parallela di DeSantis e le contromisure della sinistra per scongiurare un altro 6 gennaio
Nonostante la retorica dell'ex presidente Donald Trump sia rapidamente mutata da istituzionale, con congratulazioni di prammatica alle forze dell'ordine sulle pagine del suo social, a incendiaria, con tanto di accusa diretta a Kamala Harris e Joe Biden di essere i diretti responsabili del nuovo tentativo di assassinio subito dal tycoon, il mondo politico americano sta reagendo con toni meno drammatici rispetto al mese di luglio, quando l'aura del quasi-martirio aveva avvolto l'ex inquilino della Casa Bianca e il suo ritorno al potere sembrava solo una questione di tempo.
Oggi il presidente degli Stati Uniti e il candidato dei dem sono appunto due persone diverse, Biden e Harris, con quest'ultima che si è detta «profondamente disturbata» dall'accaduto mentre il presidente uscente ha dichiarato di essere «sollevato» dal fatto che il suo ex rivale sia rimasto illeso e che è già in corso un'indagine da parte di Fbi e Secret Service.
Indagini parallele
Sotto traccia però si sta scavando un solco anche in seguito a questo evento: il governatore della Florida Ron DeSantis ha annunciato che le forze di polizia dello stato svolgeranno un'indagine in piena autonomia rispetto alle agenzie federali, come a voler sottolineare che del governo di Washington non ci si possa fidare e che potrebbero «coprire» eventuali complici dell'assassino che però al momento non ci sono, né sembra probabile che emergeranno nel prossimo futuro.
Del resto il mood cospirativo è molto alto nella politica americana e questo attentato ha il potenziale per ampliare a dismisura questo modo di pensare.
Già dallo scorso agosto un'indagine del magazine Axios rilevava che la campagna di Trump preferisse investire in un esercito di “guardiani del voto”, circa 150mila da dispiegare per “sorvegliare” gli scrutini e le operazioni di voto, mentre le normali attività di campagna elettorale vengono esternalizzate presso una miriade di gruppi ipertrumpisti, tra cui il gruppo studentesco di Turning Point Usa e il network di chiese evangeliche della Faith and Freedom coalition.
Paura a sinistra
Ma il sospetto serpeggia anche tra i dem. Un retroscena pubblicato da Politico ha ricostruito che il timore di alcuni dirigenti democratici riguardo al prossimo 6 gennaio 2025.
L'ipotesi è che ci sia nuovamente una maggioranza repubblicana alla Camera e che lo speaker Mike Johnson, che da deputato semplice si era guadagnato il nomignolo di "Maga Mike", possa fare uno sforzo ostruzionistico per ostacolare il conteggio dei voti "controversi" per far sì che, come da articolo 12 della Costituzione, a decidere dell'elezione presidenziale sia la Camera, evento avvenuto l'ultima volta esattamente duecento anni fa, nel 1824. Un'ipotesi rigettata con decisione dal diretto interessato, che per certi versi è cambiato rispetto al 2020, quando era in prima fila tra i contestatori del voto di quell'anno.
Insomma, se il richiamo all'unità dopo il tentato omicidio di Trump avvenuto a Butler, Pennsylvania, era durato solo qualche giorno, stavolta non ce n'è traccia e anche gli esperti di sicurezza rilevano un clima di «minaccia permanente» che viene sovraccaricato sia da potenziali minacce esterne di hackeraggio dei sistemi di voto provenienti da Iran e Russia, sia dalla diffusione incontrollata di fake news sui social, in particolar modo su X, l'ex Twitter, ora di proprietà del magnate neotrumpiano Elon Musk, attivissimo nel diffondere bufale di ogni tipo e insinuare il sospetto presso i suoi milioni di follower.
Il Secret Service
Una difficoltà in più soprattutto per il Secret Service, organizzazione federale che si occupa tra le altre cose della sicurezza dei politici a livello federale, e che già ha visto le dimissioni della direttrice Kimberly Cheatle dopo la debacle di luglio che peraltro non ha dissipato i sospetti di una frangia repubblicana estremista che lo vede quale organo «politicizzato» sotto il diretto controllo dei dem e di Biden.
Non è un'ipotesi da escludere che Trump, nel prossimo futuro, possa decidere di affidarsi a una forza di sicurezza privata dai connotati non chiari che di sicuro non tranquillizzerebbe eventuali contestatori pacifici dei suoi comizi.
Anche se appare probabile che l'attentato non lasci grandi segni nell'immaginario (anche sotto altre presidenze sono stati sventati possibili attentati, che oggi vengono ricordati solo dagli specialisti della materia), di sicuro contribuirà ad aggravare la spaccatura tra le due americhe che sempre più si guardano con sospetto.
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