In Tunisia gli arresti nei confronti di attivisti, avvocati e giornalisti non sono più un fatto sporadico, ma quotidianità. La scorsa settimana un giro di arresti ha colpito principalmente esponenti di associazioni e organizzazioni umanitarie che forniscono servizi di assistenza ai rifugiati subsahariani presenti nel paese.

È stata la prima volta che il presidente Kais Saied ha deciso di colpire chi aiuta i migranti. Questo fine settimana, inoltre, per la prima è stata registrata in diretta televisiva l’irruzione nell’edificio del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di uomini in borghese e incappucciati, appartenenti ai servizi di sicurezza tunisini, arrivati per arrestare l’avvocata Sonia Dahmani.

La sua colpa? Aver risposto con una battuta durante un intervento televisivo alla giornalista che le chiedeva se pensasse seriamente che i migranti subshariani stiano cercando di invadere la Tunisia. Dahmani ha risposto facendo notare semplicemente la contraddizione dell’affermazione, più volte pronunciata da Saied nei suoi discorsi pubblici. Come è possibile che i subshariani vogliano invadere un paese da dove le persone cercano di scappare?

Una risposta che non è piaciuta al governo. Dopo poche ore, gli agenti dei servizi di sicurezza sono entrati nell’edificio dell’Ordine, aggredendo anche una giornalista e il cameraman di France 24 presenti sul posto, e l’hanno arrestata. Scene da dittatura.

France 24 «ha condannato fermamente questo ostacolo alla libertà di stampa e questo intervento brutale e intimidatorio della polizia che impedisce ai suoi giornalisti di esercitare la loro professione».

Il portavoce del tribunale di Tunisi, Mohamed Zitouna, ha detto all’agenzia di stampa tunisina Tap che «la procura desidera chiarire che gli agenti delle forze dell’Ordine incaricati dell’esecuzione del mandato lo hanno eseguito sulla base della buona applicazione della legge e dell’efficienza delle indagini in corso e che tutte le procedure legali sono state rispettate».

Il portavoce ha specificato che sono stati arrestati anche Borhen Bssais, conduttore televisivo e radiofonico, e Mourad Zeghidi, commentatore politico, per aver «diffuso false informazioni con l’obiettivo di diffamare altri o ledere la loro reputazione». Reati introdotti nel decreto 54 con il solo obiettivo di mettere a tacere chiunque osi criticare il governo e l’operato di Kais Saied. 

Un provvedimento considerato «una spada di Damocle sulla testa dei giornalisti e un mezzo per punire qualsiasi voce libera dei media», ha detto il sindacato tunisino dei giornalisti.

Sciopero a oltranza

Per questi motivi il consiglio dell'Ordine nazionale degli avvocati tunisini (Onat) ha deciso uno sciopero generale degli avvocati in tutti i tribunali del paese. Il presidente dell'Ordine degli avvocati, Hatem Meziou, ha anche annunciato che nascerà un osservatorio per monitorare tutte le violazioni contro avvocati, giornalisti e cittadini. 

Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano e la Camera Penale milanese hanno pubblicato una nota congiunta per esprimere solidarietà a Dahmani e chiedere che vengano prese tutte le iniziative necessarie per garantire agli avvocati il libero esercizio della loro professione senza ritorsioni o violazioni da parte degli apparati di sicurezza tunisini. 

Secondo l’Unione nazionale dei Giornalisti, da fine 2022 più di 60 persone, tra cui giornalisti, avvocati e oppositori sono state arrestate e perseguite sulla base di questo reato. 

Il sindacato dei giornalisti, che vanta un certo peso politico nel paese, ha denunciato in un comunicato l’ultima ondata repressiva di Saied. Ha ricordato l'arresto dei giornalisti Mourad Zeghidi e Borhen Bssais e «l'irruzione delle forze di sicurezza nella sede del Consiglio dell'Ordine degli avvocati per eseguire il mandato di arresto nei confronti dell'avvocato Sonia Dahmani e l'aggressione ad alcuni giornalisti, tra cui alcuni di France 24». Si tratta di «un flagrante attacco contro i giornalisti nell'esercizio delle loro funzioni» per l'Unione che «condanna i continui arresti di giornalisti e la politica di intimidazione adottata per ridurli al silenzio». Il sindacato ha anche chiesto di porre fine a «campagne di diffamazione e incitamento contro i giornalisti» e di «incitamento all'odio, divisione e tradimento».

In questo panorama politico e giudiziario fatto di arresti e repressione, il presidente Saied gode ancora del sostegno internazionale. Primo fra tutti quello della premier Giorgia Meloni, che un mese fa si trovava a Tunisi per firmare intese e accordi con il solo obiettivo di fermare i flussi migratori, ma senza considerare che i soldi italiani ed europei vanno a rafforzare un regime sempre più violento e in violazione dei diritti umani e civili.

Anche per questo migliaia di giovani tunisini ogni anno cercano di scappare verso le coste italiane. Persone che per il governo Meloni non hanno diritto alla protezione internazionale e per questo vengono rimpatriate in fretta. Appare chiaro, come se già non bastasse la spinta autoritaria impressa al paese da Saied negli ultimi due anni, che la Tunisia non può più essere considerato un paese sicuro.

Così come l’Egitto, inserito di recente nella lista da parte del governo Meloni.

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