È la seconda giornalista a essere arrestata nell’arco di un mese nel paese, dove dall’estate scorsa si sta osservando una svolta autoritaria. C’è «il rischio di disperdere le conquiste della Rivoluzione», come la libertà di stampa, aveva avvisato Rsf in un rapporto a gennaio
Il sindacato nazionale dei giornalisti tunisino ha chiesto la liberazione di Chahrazed Akacha, arrestata su ordine del tribunale per aver criticato la polizia e il ministero dell’Interno.
Il sindaco ha denunciato le limitazioni al diritto della libertà di espressione che sono iniziate a partire dalla scorsa estate, quando il presidente Kais Saied ha rimosso il premier dall’incarico e sospeso le attività parlamentari.
La giornalista è accusata di aver «danneggiato terzi o turbato la loro tranquillità attraverso reti pubbliche di telecomunicazioni», in base all’articolo 86 del Codice delle telecomunicazioni. Akacha è stata sentita la scorsa settimana dagli inquirenti, per una denuncia a suo carico presentata dal ministero dell’Interno. Al centro delle indagini alcuni post pubblicati sul suo account Facebook in cui criticava la direzione del dipartimento, definendo i poliziotti – controllati dal ministro Taoufik Charfeddine – dei «cani», dopo l’attacco che ha subito da alcuni agenti lo scorso 11 aprile. Akcha aveva infatti denunciato sui social network che era stata insultata, attaccata e colpita per strada, e che i poliziotti le avevano anche tolto il velo.
La libertà di stampa in Tunisia
Akacha è la seconda giornalista nell’arco di un mese a essere arrestata in Tunisia. A marzo un suo collega aveva passato una settimana in carcere per aver pubblicato una storia sugli attivisti.
La libertà di espressione e di stampa nel paese è stata una delle conquiste della primavera araba nel 2011, dopo oltre 20 anni di regime autoritario di Ben Ali. Ma il sistema democratico è in crisi dalla scorsa estate: il presidente della Repubblica Kais Saied, da professore di diritto e grande sostenitore della Costituzione, ha iniziato a smantellare le istituzioni democratiche, prima rimuovendo il premier dall’incarico e sospendendo le attività parlamentari, poi sostituendo l’organo che assicurava l’indipendenza del potere giudiziario. Recentemente il parlamento è stato sciolto in via unilaterale da Saied.
Anche l’ong Reporter san frontières, lo scorso 19 gennaio, aveva lanciato un allarme con la pubblicazione del rapporto “Il giornalismo in Tunisia: l’ora della verità” e chiesto a Saied di «preservare la libertà di stampa».
«Il giornalismo in Tunisia è a una svolta nella sua storia», aveva scritto Rsf, ed esiste «il rischio di disperdere le conquiste della Rivoluzione».
L’accentramento di tutti i poteri da parte del presidente – legislativo, esecutivo e giudiziario – «è stato accompagnato da un aumento degli abusi commessi contro la stampa», aveva denunciato Rsf, ricordando «la violenta repressione che ha colpito una ventina di giornalisti che seguivano le manifestazioni», compreso il corrispondente di Libération.
«Una stampa libera e indipendente è inseparabile dal futuro della democrazia tunisina», aveva affermato il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire, invitando il presidente Saied a «rispettare le garanzie costituzionali» e «gli impegni internazionali a favore della libertà di stampa».
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