Oppositori politici e i partiti hanno scelto la via del boicottaggio per delegittimare il voto. Ma non era previsto alcun quorum e la riforma costituzionale varata dal presidente Saied diventerà legge
Con oltre il 92 per cento dei voti favorevoli, il referendum sulla nuova Costituzione tunisina voluto dal presidente Kais Saied è stato approvato. Non c’erano grandi dubbi sul risultato finale del voto, anche per via del grande astensionismo: di fatto chi era rassegnato dall’attuale scenario politico ed economico del paese ha deciso di non andare a votare. Oppositori politici e i partiti hanno scelto la via del boicottaggio per delegittimare il voto. L’affluenza finale si è attestata intorno al 27 per cento, ma siccome non era previsto un quorum minimo da raggiungere, ora la nuova costituzione sarà legge e il paese intraprende il cammino verso il presidenzialismo.
«La Tunisia è entrata in una nuova fase», ha detto il presidente Saied, ex avvocato costituzionalista e primo promotore della riforma.
Ieri sera dopo la pubblicazione della notizia della vittoria, alcune centinaia di persone si sono radunate in Avenue Bourghiba e con bandiere della Tunisia in mano hanno accolto con soddisfazione l’esito del voto. Ma non tutti sono d’accordo e la società civile è seriamente preoccupata per la tenuta democratica del paese. Ora i prossimi passi prevedono nuove elezioni legislative per il 17 dicembre, giorno in cui quest’anno ricorrerà il 12esimo anniversario dall’immolazione di Mohamed Bouaziz, il venditore ambulante che si diede fuoco a Sidi Bouzid dando vita a un movimento di protesta che ha portato alla Rivoluzione dei Gelsomini e alla cacciata del regime autoritario di Ben Ali.
Le proteste
Nella giornata di ieri il sindacato nazionale dei giornalisti tunisini ha denunciato diversi casi di molestie e violenze contro i giornalisti. Ad alcuni reporter è stato impedito di coprire il voto all’interno di alcuni seggi, mentre ad altri sono stati negati i dati dello scrutinio.
L’Associazione tunisina per l’integrità e la democrazia delle elezioni (Atide), ha dichiarato che ad alcuni osservatori è stato impedito di svolgere il loro lavoro in libertà. In totale sono stati più di cinquemila gli osservatori locali impiegati e 120 quelli internazionali.
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