Nella cattedrale di Odessa, la messa domenicale si celebra sottoterra, in una cappella situata sei metri sotto il manto stradale. Incolonnati, i fedeli baciano l’icona di san Nettario, arrivata poche settimane fa dalla Grecia. Si tratta di uno dei santi più amati della Chiesa cristiana orientale, al cui operato sono attribuiti migliaia di miracoli. E proprio di un miracolo sembra aver bisogno la cattedrale di Odessa. Colpita in pieno da un missile russo nella notte tra il 22 e il 23 luglio 2023, la chiesa è in rovina. Il missile ha centrato il transetto settentrionale, incendiato l’edificio e fatto crollare buona parte del tetto.

«Quando sono arrivato qui dopo l’attacco ho cercato di aiutare a spegnere le fiamme con un estintore, ma il fuoco era così intenso che ci ha ributtati fuori», dice padre Miroslav Vdodovitch, rettore della cattedrale. L’attacco ha suscitato orrore e sdegno in tutto il mondo.

La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha definito il bombardamento della cattedrale «un attacco al cuore» e il giorno stesso ha promesso «maestranze e risorse» per ricostruirla. Da allora, visite e delegazioni ufficiali italiane si succedono quasi ogni mese.

Di atti concreti, però, se ne sono visti pochissimi. Per la ricostruzione dell’edificio, il governo italiano ha donato appena 500mila euro, tramite l’Unesco. «Pochi, troppo pochi», dice padre Miroslav, «non capisco perché». E anche di quel mezzo milione, a causa di lungaggini burocratiche per le quali gli italiani accusano l’Unesco, sono arrivati davvero soltanto 70mila euro. «Se non fosse per l’aiuto che abbiamo trovato da soli, ora nella cappella sotterranea nuoterebbero i pesci».

A giugno, l’Italia ha assunto il patronato sulla ricostruzione dell’intera città, promettendo di «renderla più sostenibile e smart, a misura d’uomo, avviando la transizione verde e digitale e avvicinandola al modello europeo», come ha detto il commissario alla Ricostruzione, Davide La Cecilia.

Tuttavia, come per la cattedrale, anche qui non è ancora arrivato un solo euro, come mostrano documenti ufficiali del comune di Odessa ottenuti da Domani. Dopo quasi un anno di promesse, visite ufficiali e rassicurazioni, il governo italiano deve ancora varare il primo progetto.

Odessa, Italia

L’idea di ricostruire Odessa era nata già nell’estate del 2023, quando, sull’onda dell’ottimismo dovuto alla grande controffensiva ucraina — che si sarebbe poi rivelata un fallimento — governi e imprese europei facevano a gara per spartirsi quali parti di Ucraina ricostruire, e quindi in quali investire.

In quei giorni, il governo Meloni mise gli occhi sul più grande porto dell’Ucraina, di gran lunga la città più italiana dell’Ucraina. Fino ai primi del Novecento, a Odessa l’italiano era la lingua franca dei marinai provenienti da tutto il Mediterraneo. Oggi, per le sue strade, si possono trovare ancora il caffè Fanconi e l’hotel Frapoli, dal nome dell’architetto italiano che costruì il campanile della cattedrale. È la città dove venne scritta la canzone O sole mio, la destinazione del primo viaggio marittimo di Giuseppe Garibaldi e dove oggi vivono e lavorano ancora alcuni imprenditori italiani ben connessi con la politica locale.

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha quasi commesso una gaffe dicendo che la città è stata persino fondata da un italiano: tema delicatissimo nell’Ucraina di oggi, dove alla versione ufficiale di una città fondata dal capitano mercenario napoletano, José De Ribas, e dalla zarina Caterina di Russia, viene contrapposta la storia di insediamenti preesistenti risalenti al XIV secolo. Il “ritorno” dell’Italia a Odessa è stato formalizzato a giugno, con l’assunzione ufficiale del patronato, firmata dal ministro Tajani alla conferenza di Berlino.

Il documento non è pubblico, ma fonti della Farnesina hanno fatto sapere a Domani che contiene promesse di investire 45 milioni a Odessa e altri 9 nella regione circostante. Secondo il comune di Odessa, che ha risposto ufficialmente a una nostra richiesta di accesso agli atti, a novembre 2024, non un solo euro di questi soldi era arrivato in città. Sul portale del governo ucraino Dream, dedicato al monitoraggio degli investimenti nella ricostruzione, non risultano nemmeno progetti italiani in fase preliminare.

Città sotto le bombe

Nel frattempo, bombe e missili continuano a cadere su Odessa, che con il suo porto strategico e la sua vicinanza alla penisola di Crimea, occupata dalla Russia, è una delle più vulnerabili del paese.

Due settimane fa, Odessa ha subito un attacco particolarmente sanguinoso. Un missile ha colpito il centro in pieno giorno. Quasi nessuno ha sentito l’allarme poiché un blackout aveva disabilitato la rete telefonica e quindi le app degli allarmi aerei. Demian Hanul, un attivista locale, si trovava in una caserma della polizia per una deposizione quando il missile è arrivato a poche decine di metri da lui. «I vetri sono andati in frantumi, e siamo stati sbalzati per terra», racconta.

Mostra il luogo dove è atterrato il missile: un cratere di cinque metri di diametro in mezzo a palazzi con i vetri distrutti. Indica il punto sul marciapiede dove, appena uscito dalla caserma, ha visto una donna accasciata. Racconta che si è avvicinato per aiutarla prima di accorgersi di una spaventosa ferita alla pancia. La donna era già morta. In tutto, 11 persone sono state uccise nell’attacco.

Secondo una diplomatica italiana, che ha chiesto di restare anonima, il dossier Odessa è considerato molto delicato a Roma, e nessuno alza un dito senza che Palazzo Chigi sia informato. Tra le ragioni dei ritardi, ci sarebbero proprio i continui bombardamenti. Ma altri paesi europei hanno già avviato numerosi progetti e speso decine, se non centinaia, di milioni di euro nonostante la guerra in corso.

La Germania ha stanziato quasi 240 milioni per 19 progetti nella città di Chernihiv, di cui condivide il patronato con la Francia. A Mykolaiv, appena un centinaio di chilometri da Odessa, è stato il governo danese ad assumere il patronato della ricostruzione. In città sono già arrivati oltre 400 milioni di euro, suddivisi in 33 progetti. In queste settimane, tecnici danesi, con l’aiuto di un’impresa italiana, lavorano a un nuovo piano urbanistico da attuare alla fine delle ostilità, ma nel frattempo Copenaghen ha inviato a Mykolaiv pannelli di compensato per riparare le finestre infrante e generatori per garantire elettricità durante i blackout.

Lo spettro della corruzione

Nella più ottimistica delle ipotesi, il governo italiano si adopererà per adempiere alle sue promesse al termine della fase più calda della guerra. Ma, se cercherà di compensare il ritardo agendo di corsa, potrebbe trovarsi di fronte ad altri problemi. «Il mio messaggio per il governo italiano è: non lasciate che siano le istituzioni locali a occuparsi degli appalti per la ricostruzione», dice Petro Obukhov, giornalista, eletto nel consiglio comunale di Odessa con il partito di opposizione Solidarietà europea.

Anche se l’Ucraina ha fatto molti progressi negli ultimi anni, resta ai primi posti nelle classifiche sulla corruzione, e Odessa è considerata dai suoi stessi abitanti una delle città più a rischio. «Regioni e città ucraine non sono pronte a ricevere soldi stranieri», afferma Valery Bolgan, direttore del principale sito di inchiesta della città, Intent. «Il rischio è che i vostri soldi non vengano spesi bene».

Domani ha parlato con oltre mezza dozzina di attivisti locali anti corruzione. Molti hanno detto di essere stati interpellati da diversi donatori internazionali per ottenere consigli su come operare al meglio ed evitare il rischio di sprecare i loro aiuti. Nessuno di loro proveniva dall’Italia.

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