Zelensky promette vendetta, ma a Kiev si scambiano accuse sulle responsabilità dell’attacco. Intanto il presidente è criticato dopo una raffica di nuove dimissioni dal suo governo
I due missili sono esplosi appena due minuti dopo l’inizio dell’allarme aereo, mentre le persone stavano ancora cercando di raggiungere i rifugi antiaerei. Il primo ha colpito la facciata dell’Istituto di telecomunicazioni militari di Poltava, una scuola delle forze armate ucraine, distruggendo completamente tre piani dell’edificio. Il secondo è caduto poco lontano e la sua onda d’urto ha danneggiato una vicina clinica.
Il bilancio di morti è feriti è uno dei più gravi per un singolo attacco dall’inizio della guerra, due anni e mezzo fa: 51 morti, 219 feriti e altre 18 persone che potrebbero ancora essere sepolte sotto le macerie. Non è chiaro quanti tra loro sono i civili e quanti i militari. La «feccia russa pagherà per l’attacco», ha promesso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, chiedendo ancora una volta ai suoi alleati di dare il via libera agli attacchi a lungo raggio con armi Nato sul territorio russo.
Quest’ultimo lancio di missili, però, sarebbe avvenuto dalla Crimea, un territorio nel quale Kiev è già autorizzata a utilizzare missili a lunga gittata di fabbricazione Nato. Inoltre, è molto difficile colpire i lanciatori mobili che trasportano i missili utilizzati per bombardare Poltava, come dimostra la frequenza di questi attacchi e le difficoltà a fermarli su entrambi i lati del fronte.
Lutti e accuse
Mentre il sindaco della città di Poltava ha proclamato tre giorni di lutto, a Kiev non si piangono solo le vittime. Molti accusano gli alti comandi ucraini di essere in parte responsabili per l’alto numero di morti. Su X, un ex ufficiale ha commentato: «Non è la prima volta che la Russia ha preso di mira strutture piene di personale. Sembra che alcuni generali debbano ancora imparare le regole basilari del gioco, nonostante siamo ormai al terzo anno di guerra».
Il riferimento è a quegli episodi, accaduto tanto agli ucraini quanto ai russi, in cui singoli attacchi sono stati responsabili del ferimento o dell’uccisione di decine di soldati a causa degli ordini insensati dei loro superiori. Ad esempio, nelle prime settimane di guerra 26 paracadutisti ucraini sono rimasti uccisi nel bombardamento della loro caserma, la stessa usata prima della guerra e quindi nota ai russi da tempo. Un anno fa, un altro gruppo era stato preso di mira durante una distribuzione di medaglie all’aria aperta a poca distanza dalla prima linea, nella regione di Zaporizhzhia. In passato, questi episodi hanno portato alla rimozione di alti ufficiali e a forti polemiche interne, almeno in Ucraina.
Questa volta, il ministero della Difesa ha smentito ogni responsabilità dei suoi alti ufficiali: durante l’attacco non erano in corso cerimonie né altri eventi, ha detto in un comunicato. All’istituto di telecomunicazioni militari gli studenti erano a lezione come al solito e l’alto numero di vittime è dovuto soltanto al fatto che al momento dell’arrivo dei missili non c’era stato tempo di evacuare chi si trovava nell’edificio. Il ministero ha poi invitato il pubblico ad evitare speculazioni. In ogni caso, Zelensky ha promesso di aprire un’inchiesta sulla dinamica dell’attacco e su eventuali responsabilità dei comandi o del ministero.
Blogger e corrispondenti militari filorussi intanto festeggiano l’attacco, sostenendo che sarebbe stato colpito un intero battagliano di soldati d’élite, riuniti nel campus militare al centro dell’attacco per un evento di formazione.
Poltava ha 280mila abitanti ed è un importante snodo logistico e militare. Si trova sulla strada principale che da Kiev conduce a Kharkiv ed è un’importante base di retrovia per le forze armate e per l’aviazione in particolare.
Rimpasti e dimissioni
Negli stessi minuti in cui si diffondeva la notizia dell’attacco a Poltava, la presidenza del Parlamento ucraino ha comunicato le dimissioni di tre nuovi ministri, in quello che sembra essere l’ennesimo capitolo del lunghissimo rimpasto a cui Zelensky sta sottoponendo il suo governo fin dall’inizio dell’anno.
Ad aver abbandonato l’incarico questa volta sono stata il ministro delle Produzioni strategiche, Oleksandr Kamyshin, nominato nel marzo 2023, il ministro della Giustizia, Denys Maliuska, e il ministro dell'Ambiente, Ruslan Strilets.
Nessuno dei tre ha fornito ragioni per spiegare le sue dimissioni, ma è possibile che in almeno un caso, quello di Kamyshin, l’abbandono del posto ministeriale sarà compensato con una nuova posizione nel gabinetto del presidente.
Sempre ieri, hanno presentato le dimissioni anche Vitalii Koval, presidente dell’importantissimo Fondo demaniale ucraino e due membri del consiglio di amministrazione dell’autorità energetica ucraina. Questi ultimi, in protesta contro l’allontanamento del direttore della società, avvenuto per volontà di Zelensky e, accusano, con motivazioni esclusivamente politiche.
Sono mesi ormai che Zelensky sta scuotendo i vertici della leadership ucraina, licenziando ministeri, aiutanti e vertici militari. Nel caso più noto anche in Europa, lo scorso marzo Zelensky ha rimosso il popolare comandante delle forze armate, Valery Zaluzhny, sostituendolo con Oleksandr Syrsky.
Per i difensori del presidente, queste misure erano necessarie per rimuovere elementi corrotti o che hanno manifestato incompetenza. Per i critici, Zelensky starebbe invece consolidando il potere nelle sue mani e in quelle del suo braccio destro, il capo del gabinetto presidenziale, Andrii Yermak.
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