Decine di missili e droni hanno colpito Kiev e Kharkiv nel giorno in cui ricominciano le lezioni. Il presidente russo ignora il mandato d’arresto internazionale nella sua visita a Ulan Bator
L’aviazione del Cremlino ha salutato l’inizio delle scuole in Ucraina, dove le lezioni sono ricominciate lunedì, con una nuova salva di missili e droni. Più di 50 contro la capitale Kiev, con gli allarmi che hanno iniziato a suonare alle 5.30 e non hanno smesso per quasi tutta la mattina. Per fortuna solo due persone sono rimaste ferite nell’attacco. Gli ucraini rivendicano di aver abbattuto 20 missili e altri 20 droni. «Oggi l'Ucraina inizia un nuovo anno scolastico, nonostante la guerra e tutte le sfide», ha commentato su Facebook il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
Domenica, erano state le città vicine al fronte di Kharkiv e Sumy a essere colpite con particolare violenza. Nella prima, oltre 47 persone erano rimaste ferite nell’attacco che ha colpito anche un palazzetto dello sport. Il più giovane tra i feriti ha appena tre mesi – altri sette sono stati feriti in un secondo attacco ieri pomeriggio. A Sumy è stato colpito un centro di riabilitazione psicologica per minori. Diciotto persone sono rimaste ferite, tra cui sei ospiti della struttura.
In risposta ai bombardamenti, il ministro degli Esteri polacco, Radoslav Sikorsky, ha detto che il suo paese ha il «dovere» di abbattere missili e droni russi diretti verso la Polonia, anche se si trovano nello spazio aereo ucraino, una richiesta che Kiev avanza ormai da mesi. Ma il governo polacco, di cui Sikorsky fa parte, e i vertici della Nato, sono per ora contrari a quella che considerano una pericolosa escalation, che rischia di coinvolgere un paese membro dell’alleanza in uno scontro diretto con la Russia.
Sempre ieri, è stato il ministro degli esteri ucraino, Dimitro Kuleba, ad avanzare una richiesta agli alleati: quella di aver il via libera per gli attacchi in profondità nel territorio russo con armamenti Nato.
Sfida all’Icc
Intanto il presidente russo ottiene una piccola, ma simbolica vittoria sul fronte diplomatico. Ieri è arrivato in Mongolia dove, su invito del presidente Ukhnaagiin Khurelsukh, celebrerà la vittoria sovietica di Khalkin-Gol, quando nel 1939 l’Armata rossa e i suoi alleati mongoli sconfissero l’esercito giapponese, convincendo così il governo di Tokyo ad attaccare gli Stati Uniti al posto dell’Urss.
Particolarità del viaggio: La Mongolia è un paese che ha sottoscritto lo Statuto di Roma ed è quindi soggetta alla Corte penale internazionale, l’organismo che nel marzo 2023 ha spiccato un mandato di cattura per Putin. Ma il suo governo non ha intenzione di procedere all’arresto. «I nostri rapporti con Ulan Bator sono eccellenti – ha detto domenica il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov di fronte alle domande sul possibile fermo del presidente – Tutti i particolari della visita sono stati sistemati».
Per Kiev, quella di Putin è una «studiata provocazione» e non c’è dubbio che la propaganda di Mosca utilizzerà la visita per dimostrare che la Russia non è affatto isolata e che il fronte che le si oppone è costituito solo dai paesi ricchi di Europa e Nord America. «Putin vuole utilizzare la visita per dimostrare che a nessuno importa dei mandati d’arresto della Corte penale internazionale, ha detto Oleksandr Merezhko, presidente della commissioni affari esteri del parlamento ucraino.
D’altro canto, le buon relazioni di Ulan Bator con Mosca, e con Putin in particolare, risalgono almeno agli accordi commerciali e alla cancellazione del debito del paese durante la prima visita del presidente russo nel paese, oltre 20 anni. La Mongolia importa il 90 per cento dei suoi idrocarburi dalla Russia e spera molto nella realizzazione di uno nuovo gasdotto diretto in Cina, dal quale punta a ottenere ricchi diritti di passaggio.
Il fronte orientale
Se a Kiev sono di sicuro infastiditi per viaggi diplomatici di Putin, è la situazione militare a causare vero allarme. A un mese dall’inizio dell’incursione appare sempre più evidente che l'attacco contro la regione russa di Kursk non ha distratto le truppe del Cremlino dal loro attacco nella regione del Donbass. Ieri, il presidente russo ha celebrato quello che ha definito il fallimento ucraino a Kursk.
«Molte persone dovranno affrontare giorni difficili, specialmente nella regione di Kurksk – ha detto ieri Putin, durante una visita a una scuola in Siberia, prima del viaggio in Mongolia – Ma il nemico non ha raggiunto il suo principale obiettivo: fermare la nostra offensiva in Donbass». Anzi, ha aggiunto Putin: «Le nostre truppe avanzano a una velocità che non si vedeva da tempo».
Le parole di Putin non sono solo propaganda: diversi analisti indipendenti riconoscono che l’avanzata russa in Donbass non solo non è stata rallentata, ma ha addirittura accelerato, mentre sono sempre più numerosi gli ucraini che sono giunti alle stesse conclusioni. Nella sua visita alla città-chiave di Pokrovsk, domenica, il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Oleksandr Syrsky, ha definito «molto difficile» la situazione, mentre la deputata Mariana Bezgula, nota critica delle forze armate, ha usato le parole «disperata» e «disastrosa».
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