- Il governo italiano si è comportato in modo goffo all’inizio della crisi: ostacolando parte delle sanzioni e commettendo qualche scivolone con Zelensky.
- Ora Draghi cerca di rimediare. Ieri, al telefono con Putin, ha parlato di gas, di rubli e del possibile ruolo da mediatore nel conflitto.
- I rapporti con l’Ucraina sono buoni, grazie alla spinta affinché il paese sia fatto entrare nell’Unione Europea, ma rimane aperta la questione delle armi: ne invieremo ancora? E quali: fondi di magazzino o questa volta dispositivi moderni?
Ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi ha parlato al telefono con il presidente russo Vladimir Putin. La conversazione, fa sapere palazzo Chigi, è durata circa un’ora e si è parlato soprattutto di gas e del possibile ruolo dell’Italia in un processo di mediazione. La telefonata è una conferma dell’impegno del governo italiano nel ritagliarsi uno spazio nelle complicate trattative diplomatiche di queste settimane.
La mediazione
Da sempre considerata uno dei paesi europei più vicini alla Russia, l’Italia è diventata negli ultimi giorni uno dei candidati potenziali per tentare una mediazione. Alcuni hanno anche suggerito un luogo ideale dove ospitare le delegazioni: la città di Bari, il cui santo patrono, San Nicola, è figura centrale nella religione ortodossa.
Si tratta però di un percorso in salita. Come tutta l’Unione europea, l’Italia è stata inserita nella lista dei “paesi ostili” dalla Russia. L’atteggiamento sulle sanzioni e la decisione di aumentare le spese militari potrebbero allontanare ancora di più Mosca e Roma. D’altro canto, l’apparente fallimento della mediazione di Israele e Turchia potrebbe rimettere in gioco anche il nostro paese.
Secondo quanto riferito da palazzo Chigi Draghi ha comunque posto delle condizioni: la mediazione potrebbe avvenire solo in caso di «de-escalation da parte della Russia». Un segnale che l’Italia è disposta a fare la propria parte, ma solo se questo non comporterà una rottura del fronte Nato.
Gas e rubli
Il governo italiano era partito male nella gestione della crisi ucraina, con il tentativo di escludere i beni di lusso dalle sanzioni alla Russia e l’iniziale contrarietà alle sanzioni finanziarie più dure. Nelle ultime settimane, però, Draghi ha recuperato gran parte del terreno perduto.
Il premier italiano è stato uno dei primi leader europei a esprimersi in modo netto sulla richiesta russa di ottenere il pagamento del gas in rubli (una mossa pensata per rafforzare il cambio della moneta russa). Ha affermato che non è possibile cambiare in corsa i contratti che prevedono pagamenti in altra valuta e che quindi l’Italia non intende esaudire questa richiesta.
Un argomento che è stato anche al centro della telefonata di ieri. I russi hanno comunque precisato che la loro richiesta di pagamenti in rubli non scatterà immediatamente, un’affermazione che Putin ha confermato in serata in una telefonata con il cancelliere tedesco Scholz.
E gli ucraini
Lunedì il premier italiano aveva parlato con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, al quale aveva assicurato nuovamente il sostegno italiano. Dopo le parole pronunciata da Draghi in parlamento e la netta presa di posizione a favore dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, tutte le incomprensioni iniziali tra il suo governo e quello ucraino sono state cancellate. La scorsa settimana, quando Zelensky ha dato una sorta di “pagella” ai capi di governo dell’Unione durante la riunione del Consiglio europeo, l’Italia è stata tra quelli che hanno ricevuto ringraziamenti.
Rimane aperta soltanto la questione dell’invio di armi in Ucraina: il governo italiano ne spedirà ancora? E saranno di nuovo fondi di magazzino o questa volta manderemo dispositivi più moderni e costosi?
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