Stefania Battistini e Simone Traini sono accusati di «attraversamento illegale del confine». Gli inviati avevano realizzato un reportage a Sudzha, nella regione di Kursk, nell’area al centro dell’offensiva di Kiev di questi giorni
Il ministero degli Affari Interni russo intenderebbe avviare un procedimento penale contro dei giornalisti italiani, Stefania Battistini e Simone Traini, per aver realizzato un reportage nella città di Sudzha, nella regione di Kursk, trasmesso al telegiornale di Rai 1.
I due giornalisti, i primi cronisti internazionali ad entrare nel territorio russo invaso dalle truppe ucraine, rischierebbero un procedimento giudiziario per «attraversamento illegale del confine di Stato», secondo quanto previsto dall'articolo 322 del Codice penale della Federazione Russa, opzione che il Sindacato Unitario Giornalisti Rai (Usigrai) ha definito «inaccettabile», aggiungendo: «Il giornalismo non è un crimine».
Il ministero degli Esteri russo ha convocato l’ambasciatrice italiana a Mosca, Cecilia Piccioni, alla quale ha espresso «una forte protesta in relazione alle azioni della troupe della Rai» che «è entrata illegalmente nel territorio della Federazione Russa. Le autorità russe competenti stanno compiendo i passi necessari per accertare le circostanze del reato commesso dai dipendenti Rai, ai fini della loro valutazione legale e dell’adozione di misure».
La Farnesina, in un nota, ha detto che «l’ambasciatrice Piccioni ha spiegato che la Rai e in particolare le redazioni giornalistiche programmano in maniera totalmente autonoma e indipendente la loro attività. La rete diplomatica ha il compito di seguire e tutelare i cittadini italiani in ogni situazione».
Il reportage
Il servizio di Battistini è stato trasmesso mercoledì e mostrava attrezzature danneggiate vicino al confine, oltre che delle interviste con i residenti rimasti in città.
«I russi ci hanno detto di restare qui raccolti. E poi se ne sono andati», dice nel servizio una ragazza del posto a Battistini. La giornalista poi le chiede come si comportassero le truppe ucraine nei loro confronti e la ragazza risponde: «Sono molto gentili».
«La vedi la differenza tra noi e i russi? Qui le case delle persone non sono distrutte», dice poi un soldato ucraino ai giornalisti italiani, mostrando gli edifici a Sudzha.
Dalla messa in onda del servizio, Battistini ha pubblicato sul suo account X alcuni messaggi che lasciano intendere ci siano stati problemi con la Russia.
«La Russia ha invaso uno Stato sovrano. L’Ucraina è un Paese aggredito all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti con referendum del 1991. Durante il conflitto i giornalisti con la scritta “press”», ha scritto in un post Battistini.
Oltre a ricordare i nomi di alcuni giornalisti uccisi dall’inizio del conflitto, l’inviata della Rai ha poi citato l’articolo 79 della Convenzione di Ginevra nel quale si dice che «i giornalisti nelle zone di guerra devono essere trattati come civili e protetti come tali, a condizione che non prendano parte alle ostilità».
Sempre su X sono stati riportati numerosi commenti di canali filorussi italiani nei quali Battistini viene minacciata di morte, a cui la commissione di vigilanza Rai ha risposto supportando la giornalista.
Le dichiarazioni di Mosca
«L'informazione non si fa con le autorizzazioni preventive. Il racconto delle guerre è sempre difficile e sottoposto alle più varie forme di condizionamento. Minacciare di processo penale chi fa informazione è una di queste», ha comunicato Usigrai in una dichiarazione congiunta con la Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi). «Le giornaliste e i giornalisti di tutto il mondo chiedono da sempre di avere invece garanzie di accesso nelle zone di conflitto, in Ucraina come a Gaza e in ogni area di guerra, dove più urgente è la necessità di sapere cosa accade», riporta il comunicato stampa.
Oltre alla commissione di vigilanza Rai, anche il Cdr del Tg1 ha espresso vicinanza agli inviati, ribadendo che l’ipotesi dei procedimenti penali «va contro il principio della libertà di stampa».
Al momento i due giornalisti Rai sono tornati a Sumy, in Ucraina, e non sono pervenute dalle autorità russe riscontri ufficiali alla notizia delle accuse.
«Vi preghiamo di contattare il ministero dell'Interno a riguardo», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, rispondendo alla richiesta dell’agenzia di stampa italiana Agi di confermare la intenzioni di Mosca nei confronti degli inviati del Tg1.
Zakharova ha però ricordato ai corrispondenti stranieri la necessità di «prestare attenzione alla necessità di rispettare le regole di permanenza sul territorio della Federazione russa».
Le reazioni delle istituzioni
«Se la notizia del procedimento penale da parte della Russia nei confronti dei due giornalisti Rai fosse come confermata, ci troveremmo di fronte a un fatto grave», ha detto Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra, che ha espresso una ferma condanna delle minacce russe nei confronti di Battistini e Traini.
Bonelli ha sottolineato l'importanza della libertà di informazione, soprattutto in contesti di guerra, e ha criticato sia le azioni del governo russo sia la mancanza di trasparenza in altre situazioni, come nel caso di Gaza. Ha inoltre espresso solidarietà ai giornalisti minacciati.
Anche Benedetto Della Vedova, deputato di +Europa, ha condannato l'atteggiamento del regime di Putin, che «incarcera i giornalisti russi che dicono o scrivono la verità e vorrebbe intimidire i giornalisti stranieri, inviati di guerra per il fatto stesso di raccontare i fatti». Della Vedova ha poi ribadito il sostegno all'Ucraina, auspicando che l'Italia, l'Unione Europea e gli altri alleati di Kiev continuino a supportare la resistenza ucraina fino al raggiungimento di una pace «che non può essere una capitolazione nei confronti dell'invasore».
Solidarietà agli inviati del Tg1 anche da Azione e Italia Viva.
La senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva, ha dichiarato: «Il diritto di cronaca, la libertà di stampa e il dovere di raccontare la guerra in Ucraina, una tragedia scatenata da Putin e dalla Russia, sono valori fondamentali. Li difenderemo contro ogni tentativo di intimidazione. Il regime di Putin, come dimostra anche il caso di Ksenia Karelina dimostra ancora una volta la sua vera natura».
Ieri, infatti, un tribunale russo a Yekaterinburg ha condannato la cittadina russo-americana Ksenia Karelina a dodici anni di carcere per “tradimento”, con l’accusa di aver donato poco più di cinquanta dollari a una fondazione pro-Ucraina.
«Il governo italiano, in particolare la Farnesina, faccia le dovute verifiche, a tutela dei due giornalisti e, più in generale, della libera informazione», scrive in una nota, invece, Mariastella Gelmini, senatrice e portavoce di Azione.
Anche da Bruxelles, la Federazione europea dei giornalisti condanna «con forza» la minaccia russe di una denuncia penale. In un comunicato, l'Efj, la più grande organizzazione di giornalisti in Europa, ha definito «queste intimidazioni alla stregua di una censura, volta a impedire che l'opinione pubblica venga informata sulle operazioni in corso».
Ancora nessun commento da parte del Governo italiano.
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