Gli Stati Uniti riprenderanno immediatamente a fornire armi all’Ucraina e a scambiare informazioni di intelligence, mentre delegati americani si recheranno questa settimana a Mosca per portare una proposta di cessate il fuoco di 30 giorni. Sono questi i principali risultati di otto ore di colloqui Usa-Ucraina a Gedda, in Arabia Saudita. Per Kiev, si tratta del risultato migliore che potevano aspettarsi dall’incontro, dopo l’incidente diplomatico nello Studio Ovale del mese scorso e i numerosi attacchi di Trump e dei suoi alleati.

Nei prossimi giorni, il consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, si recherà a Mosca, dove informerà il presidente Vladimir Putin dei colloqui e gli presenterà la proposta congiunta di cessate il fuoco. «La nostra offerta è quella di smettere di sparare», ha detto il segretario di Stato americano, Marco Rubio, aggiungendo che non ci sono scadenze per l’offerta, ma che sperano che la tregua possa essere implementata il prima possibile. «Ora la palla è nel campo di Mosca – ha proseguito – Se diranno di no, sapremo chi è il vero impedimento verso la pace».

Per Kiev, l’incontro è stato una vittoria sotto ogni punto di vista. Non solo gli Stati Uniti hanno ripreso la fornitura di armi e di intelligence, ma ora sta a Putin decidere se accettare l’offerta o rischiare di apparire agli occhi di Trump come il vero ostacolo alla pace – risultato che gli ucraini stanno cercando di ottenere da settimane. La settimana scorsa, il presidente americano aveva minacciato nuove «sanzioni e tariffe» alla Russia, se non si fosse presentata al tavolo negoziale. Difficile prevedere cosa risponderà il Cremlino a questa nuova offerta. Fino ad oggi, qualsiasi ipotesi di cessate il fuoco temporaneo era stata nettamente esclusa.

Nel comunicato congiunto pubblicato dai delegati ucraini e americani si parla anche del famoso accordo minerario, specificando che sarà approvato «il prima possibile». Rubio ha chiarito che l’accordo non è stato discusso durante l’incontro. Kiev non ha ottenuto le garanzie di sicurezza la cui richiesta aveva fatto precipitare le relazioni con la Casa Bianca, ma come specificato dal capodelegazione ucraino, il capo del gabinetto presidenziale, Andrii Yermak, questo tema spinoso non era sul tavolo.

Quei 70 droni su Mosca

In molti ritengono che la proposta di cessate il fuoco sarà difficile da accettare per il Cremlino, anche per gli sviluppi che si vedono sul campo di battaglia. Per terra e nei cieli, infatti, la guerra continua. Alla vigilia dei colloqui, nella notte tra lunedì e martedì, gli ucraini hanno lanciato il più grande attacco aereo di sempre contro la Russia. Oltre 300 droni hanno bersagliato decine di siti oltre il confine, compresi una settantina che hanno attaccato la capitale, Mosca. Almeno tre civili sono morti negli attacchi.

Gli ucraini spiegano che questi attacchi servono a far capire a Putin che una tregua è anche nel suo interesse. «Possiamo colpire non solo le raffinerie russe, ma anche Mosca in qualsiasi momento», ha detto Andriy Kovalenko, direttore del Centro per combattere la disinformazione, un organo del governo ucraino.

Il Cremlino replica affermando che l’attacco dimostra che Kiev non vuole veramente alla pace. «Il regime di Zelensky ha dimostrato chiaramente che non è interessato a una soluzione diplomatica», ha scritto il ministero degli Esteri in un comunicato, affermando che l’attacco è stato esplicitamente programmato per avvenire alla vigilia dell’incontro di Gedda.

La Russia attacca le città ucraine con droni e missili quasi ogni notte e negli ultimi giorni ha compiuto bombardamenti record, causando la morte di 6 persone soltanto nelle ultime 24 ore e di altre venti nel corso del fine settimana.

Se i colloqui a Gedda sono stati positivi, Zelensky sta però perdendo quella che considerava una delle sue principali carte da giocarsi nel negoziato: la regione russa di Kursk, parzialmente occupata dagli ucraini lo scorso agosto e considerata un potenziale moneta da scambiare con territori occupati dalla Russia. Ma dopo un’improvvisa offensiva nelle ultime settimane, le truppe di Kiev controllano circa 200 chilometri quadrati, sugli oltre mille che avevano occupato con la loro incursione a sorpresa lo scorso agosto. L’offensiva russa è iniziata prima del blocco degli aiuti militari e della condivisione dell’intelligence deciso dagli Stati Uniti, ma è possibile che la decisione americana abbia facilitato i progressi russi degli ultimi giorni.

I soldati di Kiev al momento occupano soltanto la cittadina di Sudzha e i suoi dintorni, mentre l’unica strada che connette la città russa al confine ucraino è sotto costante attacco di droni russi. Il comandante dell’esercito ucraino, generale Oleksandr Syrsky, ha detto questa settimana che le truppe ucraine non rischiano di essere circondate e che nuovi rinforzi sono in arrivo nella regione, ma tra gli analisti e i blogger militari ucraini c’è poco ottimismo. Intorno a Sudzha sono schierate alcune delle brigate meglio equipaggiate e addestrate dell’esercito ucraino. Se saranno perse in un accerchiamento o indebolite dai combattimenti al punto da non essere più utilizzabili, Kiev rischia di avere grossi problemi nel prossimo futuro, durante la cruciale battaglia per il Donbass.

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