- Marielle Franco «rappresentava un’idea di politica di trasformazione. Assassinarono un corpo che il Brasile considera di scarto: perché è un corpo di donna, nera, di umili origini, socialista, lesbica, femminista. Fu un femminicidio politico»
- Così Monica Benicio, militante brasiliana per i diritti umani e architetta, ricorda la moglie assassinata cinque anni fa a Rio de Janeiro. E sottolinea che i mandanti non sono ancora stati identificati
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Questo articolo si trova sull’ultimo numero di POLITICA – il mensile a cura di Marco Damilano. Per leggerlo abbonati o compra una copia in edicola
Monica Benicio è una militante brasiliana per i diritti umani, lesbica e femminista. Di professione architetta urbanista, attualmente è consigliera nel comune di Rio de Janeiro, centrando la sua attività sulla promozione e difesa dei diritti delle donne e sul dibattito urbanistico con particolare attenzione all’inclusione sociale. È la vedova di Marielle Franco, uccisa il 14 marzo del 2018, in un quartiere del centro di Rio, un assassinio su commissione presumibilmente riferito alle milizie vincolate con l’allora presidente brasiliano, l’ultraconservatore Jair Bolsonaro, eletto nel 2019 e accusato di crimini contro l’umanità per la gestione della pandemia.
Marielle Franco aveva 39 anni, era un’attivista nera, nata e cresciuta in una favela, eletta due anni prima nel consiglio municipale di Rio de Janeiro. Con Monica Benicio parliamo delle elezioni brasiliane del 2022 che hanno riportato Lula alla presidenza del paese, dopo essere stato prosciolto da ogni accusa di corruzione, sconfiggendo Bolsonaro, durante il cui mandato le autorità di pubblica sicurezza si sono rese responsabili di frequenti uccisioni di massa, riguardanti principalmente persone nere delle zone più disagiate. Parliamo con lei del ruolo delle donne nel favorire il cambiamento politico in Brasile e nel sud America, dell’assalto al parlamento dei seguaci di Bolsonaro per protestare contro l’elezione di Lula e dell’assassinio di Marielle Franco di cui sono ancora ignoti i mandanti.
Lei è una femminista e un’esponente del movimento lgtbi: quanto ha pesato l’iniziativa delle donne e del collettivo lgtbi nella sconfitta elettorale di Bolsonaro?
Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta di Bolsonaro ma ancora di più nella vittoria di Lula. Bolsonaro è stato sconfitto nelle urne ma il bolsonarismo come concetto politico è lungi dall’essere vinto. Le donne hanno giocato un ruolo fondamentale contro l’avanzata del fascismo e la politica bolsonarista. Non vi è dubbio che la sconfitta della politica bolsonarista verrà dalla mano delle donne, delle lotte delle minoranze, del collettivo lgtbi, della popolazione nera, della popolazione indigena. L’unità di queste lotte sconfiggerà l’avanzata del fascismo e del bolsonarismo. Le donne sono state protagoniste nelle ultime elezioni in cui è stato eletto Lula, grazie alla costruzione di un fronte ampio che andava dalla sinistra al centro-destra con l’obiettivo di sconfiggere Bolsonaro e con ciò frenare l’avanzata del fascismo. E questo è il momento migliore degli ultimi quattro anni, dopo le politiche di odio contro i diritti delle donne e del collettivo lgtbi.
Il bolsonarismo non è però solo un concetto politico.
Il bolsonarismo è nell’apparato dello stato come in qualunque altra dimensione della politica. Lo stato non è stato intaccato formalmente, ma il bolsonarismo è entrato in molti luoghi istituzionali. Quando affermo che Bolsonaro è stato sconfitto nelle urne ma che il bolsonarismo si è rafforzato, intendo dire che questo è in primo luogo il riflesso di una società che ha eletto un congresso nazionale molto conservatore e un senato che storicamente è conservatore. E ciò renderà difficile a Lula governare.
Perché in sud America il cambiamento è guidato dalle donne, dal collettivo lgtbi e dalle comunità indigene?
Non è solo un effetto dell’America latina, è un effetto a livello globale. L’avanzata del femminismo e del collettivo lgtbi è un fenomeno di livello globale. Il femminismo sudamericano trae ispirazione da quello spagnolo (e viceversa), il sud America è stato un grande protagonista nell’avanzata del femminismo, il Brasile è uno di quei paesi che sta rendendo protagonista l’avanzata del femminismo in sud America, come in Argentina, Messico o Cile, che sono i paesi ove il femminismo sta progredendo su larga scala. Tutto questo è un effetto anche dell’avanzata del neoconservatorismo, del neofascismo che ha una dimensione globale, in Europa, in America del sud e negli Stati Uniti.
C’è perciò un grande protagonismo del femminismo nel combattere l’avanzata del neo-fascismo a livello globale. Le minoranze che si battono per i diritti sono minoranze negli spazi delle politiche istituzionali, ma non sono minoranza nella società: quando sommiamo donne, neri, indigeni, siamo la maggioranza. Mentre nelle politiche a livello istituzionale la maggioranza è fatta da uomini bianchi, etero, conservatori, fondamentalisti. E sono loro che promuovono una politica escludente, che non vuole una società più egualitaria e più giusta. E il femminismo, che parla giustamente di eguaglianza, cerca di occupare più spazi di potere. Oggi le donne occupano più spazi di potere, ancora in modo molto simbolico e lo fanno perché ci sia un cambio strutturale ed effettivo.
I seguaci di Bolsonaro hanno assaltato il parlamento per protestare contro l’elezione di Lula: che significato ha questa azione politica?
È stato un momento molto grave, il peggiore della storia del paese dei quattro anni di Bolsonaro. Il Brasile è un paese dove non passano trent’anni senza che ci sia un qualche golpe. Abbiamo avuto un golpe nel 2016 con caratteristiche misogine (sospensione del Senato dalla carica di presidente di Dilma Rousseff ndr), dopo avere avuto una ditttaura militare particolarmente sanguinaria, senza che il paese abbia mai parlato di questo periodo, Bolsonaro non la chiamava neppure dittatura militare ma rivoluzione. Questi quattro anni di governo Bolsonaro sono stati anni di “dis-governo”, con politiche pubbliche che perpetuavano l’odio, lo spegnimento della memoria, l’avanzata di un conservatorismo assassino. E questo si è saldato con la parte di società che si identifica in quel discorso di odio.
L’invasione del congresso del Brasile, agita con molta violenza, in un attacco alle istituzioni, è il riflesso di quella politica praticata per quattro anni attraverso un discorso di odio. È il riflesso di una piccola parte della società che è molto razzista, molto misogina, è il frutto di un paese che ha un razzismo patriarcale molto interiorizzato e strutturato, che ha la misoginia come tratto fondamentale. Se non si parla di educazione, cultura, produzione di memoria, dittatura; se non si discute di cosa fare per le donne, per la popolazione nera, per quella indigena; se non si promuovono politiche pubbliche sulla memoria, si finisce con l’avere un popolo che va riproducendo ignoranza e violenza. Questo è quello che la politica bolsonarista ha generato col suo discorso di odio. È una piccola minoranza, ma è una minoranza arrabbiata che agisce violentemente e perciò sembra molto più grande.
Cosa si può fare per contrastare questo discorso di odio?
Lula ha vinto democraticamente nelle urne, ma con una maggioranza molto risicata. Però mi rifiuto di pensare che quelli che votarono Bolsonaro, quasi il 50 per cento, siano tutti fascisti: si tratta, in realtà, di un popolo disincantato nei confronti delle politiche istituzionali, di questa vecchia politica che viola i diritti umani e non fa pratica di memoria. È urgente che il Brasile faccia una politica che parli della memoria, perché la gente non consideri il bolsonarismo come lo scopo della politica, perché la gente non abbia una società che produce Bolsonari e ammazza Marielle. Perciò è importante parlare della giustizia sul caso di Marielle. Perché la violazione della democrazia e dei diritti umani, come fu l’assassinio di Marielle, non torni a ripetersi. Perché oggi, a cinque anni dall’assassinio di Marielle, quello che la gente ha visto è che nello stato del Brasile esiste un gruppo politico capace di utilizzare l’assassinio come modalità della politica, nella certezza dell’impunità.
Non si è fatta ancora luce sull’assassinio di Marielle Franco?
Quelli accusati di essere gli esecutori materiali furono identificati nel primo anno, ma non furono portati in giudizio. La democrazia brasiliana ancora non ha dato risposte sul perché fu ammazzata, né su chi furono i mandanti del suo assassinio.
Perché Marielle Franco diventò un obiettivo del regime?
Marielle rappresentava un’idea di politica di trasformazione per una società più giusta e più egualitaria. Assassinarono un corpo che il Brasile considera di scarto: perché è un corpo di donna, nera, di umili origini, socialista, lesbica, femminista. Quello fu il corpo scelto, l’assassinio di Marielle fu un femminicidio politico.
Come si sente lei, cinque anni dopo?
La violenza della sua perdita non si è mai spenta. È vero che l’assenza e la tristezza assumono un’altra connotazione col tempo. La tristezza però è anche motivo per continuare la lotta. Cinque anni dopo, la mia lotta per Marielle è perché a nessuno capiti ciò che è successo a me e perché la società possa apprezzare Marielle in tutta la sua potenza, costruendo condizioni sociali più giuste ed egualitarie.
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