Solo pochi giorni fa l’uragano Helène ha colpito il Golfo del Messico e si è spinto fino alla North Carolina, facendo oltre 230 vittime e 250 miliardi di dollari di danni. Era un uragano di categoria 4, i venti hanno raggiunto in certi casi i 225 chilometri orari e aveva la particolarità di essere gigantesco e dunque colpire aree particolarmente estese. Non c’stato nemmeno il tempo di fermarsi e rimettersi in piedi. Domani, giovedì 10 ottobre, gli Stati Uniti attendono un nuovo uragano ancora più spaventoso e lo attendono con terrore.

«Chiunque si trovi sulla traiettoria di Milton deve evacuare adesso. Adesso. È una questione di vita o di morte», ha dichiarato martedì il presidente Biden dopo aver rinviato i viaggi previsti in Germania e in Angola.

Milton è un uragano che è sceso mercoledì a categoria 4 (da 5), secondo la scala Graffir-Simpson il secondo grado massimo di potenza per una tempesta di questo genere. I venti hanno toccato picchi di 280 chilometri orari per poi assestarsi a lungo sui 260 Km/h e si stima che le zone costiere possano essere sommerse da almeno 3 metri d’acqua. Si abbatterà sulla Florida, che aveva già subito il passaggio di Helène, ma questa volta la tempesta potrebbe essere doppiamente più forte, arrivando a distruggere non solo alberi, cartelli stradali e automobili ma anche interi edifici. L’area più a rischio è Tampa, dove risiedono circa tre milioni di persone. Toccando la costa dovrebbe scendere di categoria, ma la sindaca ha comunque avvertito: «Chi resta rischia la vita».

C’è chi ha deciso di rimanere lo stesso a casa e provare a difenderla, e chi invece ha seguito le disposizioni e si è dato alla fuga: le autostrade sono rimaste a lungo intasate di traffico e ingorghi, i benzinai hanno finito il carburante, da alcuni aeroporti sono partiti voli per evacuare chi non riusciva a spostarsi in macchina. Se la immaginiamo, questa scena disordinata di panico e fuga, qualcuno con le taniche di benzina nel bagagliaio, qualcuno forse costretto ad abbandonare la vettura sul ciglio di una strada, sembra estratta da qualche film apocalittico di vent’anni fa. E invece è vera: una manifestazione tremendamente reale della crisi climatica.

Martedì il meteorologo John Morales del National Weather Service stava spiegando questi dati alla Cbs. Morales fa questo lavoro da tutta la vita e di uragani nella sua carriera ne ha visti parecchi. Questa volta però gli si è spezzata la voce. Ha osservato il grafico per un attimo in silenzio, un silenzio raro in una diretta televisiva.

«Scusate, è spaventoso» ha detto poi. In quel grafico freddo uno scienziato può leggere le ripercussioni reali – e terribili – sulla vita delle persone. Nel faticoso tentativo di trasmettere la gravità e la novità di questo uragano, Morales lo ha definito «incredibile, incredibile, incredibile».

Tre volte, prima di restare senza parole. Ma ha definito «incredibile» anche la temperatura dei mari nel Golfo del Messico: solo con un mare così caldo è possibile immaginare una crescita così rapida di un uragano. Proprio sulle acque bollenti del Golfo del Messico Milton stava infatti acquisendo forza e potenza a una velocità mai vista, raccogliendo detriti e macerie che renderanno più pericoloso ancora il suo arrivo in Florida.

Quello che emerge nitidamente dall’intervento di Morales è che in un mondo immaginario senza riscaldamento globale, Milton probabilmente ci sarebbe stato lo stesso, ma sarebbe stato molto meno potente e dannoso. Fenomeni così saranno sempre più frequenti (o non faranno che aumentare) e peseranno anche economicamente sulla vita degli individui e sui conti pubblici.

Oltre a lanciare l’allarme agli abitanti della Florida, Biden ha fatto presente che i due uragani, Helène e Milton, stanno colpendo duramente il bilancio della Fema, l’Ente federale per la gestione delle emergenze. L’agenzia si è occupata di creare due basi da cui elargire 20 milioni di pasti e 40 milioni di litri d’acqua nella regione. Ma al di là della risposta immediata, se i danni provocati dalla tempesta fossero particolarmente gravi e richiedessero grossi lavori di ricostruzione, la Fema potrebbe non essere in grado di farvi fronte.

Recentemente il Congresso le ha fornito 20 miliardi di dollari come parte di una legge provvisoria di spesa a breve termine. Sono rimasti fuori però diversi miliardi di dollari in previsione di spese più cospicue e a lungo termine, fra cui la ricostruzione di un ponte crollato a Baltimora e altre opere pubbliche. Non mancano insomma i fondi per l’assistenza individuale immediata alle vittime dei disastri ma quelli per rimborsare governi statali ed enti locali dei costi enormi come la rimozione delle macerie.

Non è difficile indovinare chi abbia votato contro quei fondamentali miliardi in più alla Fema. Sono tutti repubblicani i deputati che si sono opposti, e proprio in questi giorni sono usciti su giornali statunitensi e account social liste di nomi e cognomi. Fra di loro c’è Matt Gaetz, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della Florida.

E il governatore della Florida è Ron DeSantis, negazionista climatico di lungo corso, che ha più volte definito la scienza del clima come una «politicizzazione del meteo».

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