L’ultimo nell’elenco è Vivek Ramaswamy, l’imprenditore del biotech che in passato criticava Trump e ora ha deciso di appoggiarlo. La grande conversione sta facilitando la corsa per le primarie dell’ex presidente
C’è stata un’epoca in cui l’imprenditore del biotech di origine indiana Vivek Ramaswamy era un grande critico del trumpismo. Nel suo libro A Nation of Victims, pubblicato nel settembre 2022, descriveva il tycoon come il capofila del “vittimismo conservatore”, che nell’opinione dell’autore stava trasformando la nazione in senso peggiorativo. E solo superando questo e la cultura woke del mondo progressista si sarebbe potuto superare la divisione che spacca in due l’America.
Il Ramaswamy di oggi, quello che sospende la sua campagna in Iowa annunciando il suo totale endorsement a quello stesso Trump uscito vincitore dai caucus con un robusto 51 per cento, non sembra proprio la stessa persona che criticava aspramente l’ex inquilino della Casa Bianca poco più di un anno fa.
Non solo: ha anche detto che martedì 16 gennaio sarà con il tycoon sul palco in New Hampshire. Perché, sostiene lo stesso candidato sconfitto, «voglio continuare a portare avanti liberamente le mie idee e le mie convinzioni».
La svolta radicale
Già, ma quali sono? Quelle dell’editorialista del Wall Street Journal che smontava con argomenti cólti la necessità degli investimenti sostenibili dei fondi pensione o che citava positivamente l’esempio del generale confederato schiavista James Longstreet, divenuto nel dopoguerra civile sostenitore dei diritti degli afroamericani pagando questa nuova convinzione con l’isolamento sociale tra i suoi ex commilitoni?
Oppure il truce tribuno populista che si è visto sul palco dei dibattiti precedenti alle primarie, pronto a mollare l’Ucraina al proprio destino, a definire il cambiamento climatico una “bufala”, così come le principali teorie su Covid e vaccini, ma soprattutto sempre pronto a difendere in modo sperticato l’ex presidente e ad attaccare sul piano personale la sua principale avversaria ideologica, l’ex ambasciatrice alle Nazioni unite Nikki Haley, fautrice di un approccio più tradizionale alle questioni economiche e alla posizione americana nel mondo.
Molti commentatori, compreso l’ex direttore del Wall Street Journal Gerald Baker, si sono detti "sconcertati" da questa svolta radicale. A ben guardare però, Ramaswamy non è stato un’eccezione in un partito repubblicano che per qualche mese dopo l’uscita dalla Casa Bianca di Donald Trump ha preteso di essersi rapidamente risanato dopo una folle parentesi di quattro anni, senza nessun tipo di autocritica.
Contraddizioni
Anzi, molti ex giovani speranze di questo partito, come il senatore texano Ted Cruz e il suo collega della Florida Marco Rubio sono passati in tempi relativamente veloci dall’essere degli strenui oppositori di Trump arrivando ad esserne insostituibili alleati e consiglieri.
Sembra quasi una coincidenza che proprio Rubio ha appena annunciato il suo endorsement al tycoon. Il senatore della Florida, durante gli anni terminali della presidenza di Barack Obama, giocava molto sulle umili origini della sua famiglia di ex migranti provenienti da Cuba, quasi a voler gettare le radici per creare un “obamismo di destra”, un messaggio di speranza innervato in un atteggiamento positivo verso il futuro.
Un’immagine che appare lontanissima dal Gop odierno sempre più vicino alla forma di una setta di cultisti del trumpismo, dove l’immagine apocalittica del tycoon vendicatore contro i “traditori” e il “deep state”, un tempo relegata ai forum online gestiti dagli estremisti dell’alt-right e agli aderenti alle bizzarre teorie cospirative di QAnon, è diventata quasi un atto di fede a cui uniformarsi.
Come fare carriera
Ragion per cui anche quasi tutti avversari interni di Trump si sono sbracciati per difenderlo dalle accuse emerse nei numerosi processi nei quali è imputato e fino all’ultimo momento hanno esitato ad attaccarlo direttamente.
Anche per questo il governatore della Florida Ron DeSantis, per mesi identificato come una possibile via d’uscita dal trumpismo prima di perdersi in tatticismi e sparate inutilmente estremiste anche per gli standard trumpiani su comunità Lgbtq+ e vaccini antiCovid, ha commentato amaramente «solo se andrete a baciargli l’anello vi dirà che siete persone meravigliose».
Forse un ricordo di quando, nel 2018, l’allora deputato DeSantis, candidandosi a governatore del Sunshine State, si atteggiava a fedele imitatore di Trump. Un destino inevitabile per chi vuol far politica nel moderno partito repubblicano, lezione appresa rapidamente dall’ex intellettuale Vivek Ramaswamy.
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