L’intervista di Tucker Carlson a un pastore evangelico palestinese ha aperto i riflettori su un mondo conosciuto solo agli addetti ai lavori: nel trumpismo esiste un movimento che vuole spezzare i legami con Tel Aviv. Fino a pochi anni fa era un gruppo di estremisti online, oggi è una corrente del partito
Quando qualche anno fa Tucker Carlson veniva tacciato di razzismo e antisemitismo, a destra si faceva spallucce e si andava avanti.
Era la solita pretestuosa opinione di qualche progressista che non apprezzava i taglienti argomenti dell’anchorman di Fox News contro il politicamente corretto e il radicalismo salottiero, posizioni estreme che però lo rendevano l’idolo del movimento trumpiano largamente inteso.
Oggi che Carlson non è più in forza a Fox News e ha un proprio show sulla piattaforma X, l’ex Twitter, sembra diverso agli occhi di alcuni repubblicani. Del resto, lo aveva detto lo scorso maggio 2023, quando grazie all’interessamento del proprietario del social network Elon Musk approdò su quei lidi interamente digitali: «Finalmente non avrò più censure».
Lo scandalo è partito il 9 aprile, quando ha ospitato nel suo programma un’intervista al pastore evangelico palestinese Munther Isaac: quest’ultimo ha affermato che Israele è nemico dei cristiani, che starebbe operando una repressione anche in Cisgiordania. Non solo: verrebbe limitato il proselitismo all’interno dei confini statali.
Critiche da destra
Stavolta le critiche pesanti sono arrivate da destra, anche da parte di un ex alleato di Carlson: si tratta di Erick Erickson, una delle star radiofoniche della destra americana. Erickson ha definito il suo ex amico un «filo Hamas», alleato degli antisemiti dei college e dei «progressisti che sostengono il terrorismo».
Non solo: ha concluso dicendo che usa «la fiducia guadagnata nel corso di molti anni» per «manipolare le menti deboli».
Giudizio simile quello del deputato texano Dan Crenshaw: l’ex conduttore di Fox News sarebbe solo «un falso intellettuale» e un «elitista che non sa nulla ed è pieno di stronzate».
Sembrerebbe un’uscita dunque isolata. E invece Carlson non è solo, anzi, è la punta di diamante di un risorgente antisemitismo di destra che, pur non essendo mai morto, sta recuperando in questi anni una sorta di legittimazione intellettuale.
Già all’inizio della presidenza di Donald Trump una piccola frangia cresciuta principalmente nelle community online, la cosiddetta alt-right, si era fatta strada a colpi di meme e di discutibile ironia fino alle porte della Casa Bianca.
Poi nell’agosto 2017 una manifestazione in difesa della statua del generale sudista Robert Lee a Charlottesville, in Virginia, che si concluse in modo violento fece finire bruscamente le pretese istituzionali di quel mondo di estremismi. Adesso uno dei capi di questi cosiddetti “groypers”, l’influencer Nick Fuentes, già noto per aver cenato a Mar-a-Lago con Donald Trump il 22 novembre 2022, sta esultando.
E del resto questo è sempre stato il suo progetto: abbattere uno degli ultimi pilastri del vecchio partito repubblicano: il sostegno a Israele. Sempre nel 2022, a marzo, aveva organizzato un’iniziativa, l’America First Political Conference, per radunare attorno a sé un nuovo partito repubblicano. Poche adesioni famose.
Il caso Owens
Tra queste però c’erano la deputata Marjorie Taylor Greene e un’altra giornalista nota a quel mondo, Candace Owens, afroamericana e anche per questo particolarmente coccolata sui media di destra, che potevano sbrigativamente allontanare eventuali accuse di razzismo.
Owens è stata di recente accusata di essere antisemita e di aver usato una retorica “inaccettabile” da parte della redazione del Daily Wire dove lavorava.
Questo ha causato il suo licenziamento in tronco lo scorso 22 marzo, a cui è seguita da parte sua la richiesta di fare un dibattito con un suo ex collega, anche lui nome noto del trumpismo radicale: Ben Shapiro, che però sullo stato d’Israele ha una posizione agli antipodi. Dopo lungo tergiversare, sembra che questo dibattito ci sarà. Sarà a Nashville, in Tennessee, in uno studio messo a disposizione da uno dei fondatori del Daily Wire, Jeremy Boreing. Senza moderatore.
Non si sa ancora la data precisa, ma probabilmente in quell’occasione si capiranno bene le divergenze tra questi due pezzi del mondo Maga.
Per Owens però possiamo dire una cosa: per lei la guerra più importante andrebbe combattuta nei confini americani, per trasformare radicalmente il governo federale americano. Assunto su cui però potrebbe convergere anche l’ex presidente.
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