Gli attacchi alle basi houthi degli Stati Uniti e del Regno Unito sono un nuovo capitolo che complica il contesto geopolitico al centro del World Economic Forum: eventi di guerra che creano instabilità e frammentano le vie di comunicazione marittime
Il 54esimo incontro annuale del World Economic Forum, che si svolgerà dal 15 al 19 gennaio a Davos, nel cuore delle alpi svizzere, avrà come scenario il contesto geopolitico più complicato mai affrontato fino ad oggi, secondo le parole espresse dal suo stesso presidente, Borge Brende.
Il Forum sarà preceduto, il 14 gennaio, da un incontro tra 120 alti funzionari di vari paesi tra cui anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sulla formula di pace per l’Ucraina, nel tentativo di raccogliere il sostegno del Sud globale nella resistenza di Kiev contro l’invasione russa. L’incontro è l’ultimo di una serie, volti a raccogliere sostegno al piano di pace dell’Ucraina e sarà il quarto di questo tipo dopo Gedda, Copenaghen e Malta.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken, il presidente francese Emmanuel Macron e i principali leader del Medio Oriente tra cui il presidente israeliano Isaac Herzog, parteciperanno al Wef, alla presenza di più di 60 capi di Stato e di Governo, 16 governatori di Banche centrali e centinaia ceo d’impresa, mettendo in cima all'agenda dell'élite globale i colloqui per porre fine alle guerre a Gaza e in Ucraina. Altri temi in agenda oltre alla geopolitica: transizione energetica, intelligenza artificiale, commercio internazionale.
Rotte marittime
Il quadro economico globale è molto volatile, con l’inflazione ancora persistente e le politiche restrittive dei tassi di interesse a cui si aggiungono gli eventi di guerra che creano instabilità e frammentano le vie di comunicazione marittime come il caso del Mar Rosso.
Usa e Gran Bretagna hanno colpito le basi dei ribelli houthi dello Yemen per garantire la sicurezza delle rotte di mare, punto essenziale della globalizzazione, di cui l’uomo di Davos ne è l’alfiere. I ribelli filoiraniani però minacciano “pesanti” ritorsioni, «ci troviamo in un mondo fratturato e a crescenti divari sociali. Dobbiamo ricostruire la fiducia nel nostro futuro», ha affermato Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Wef.
Ma non sarà facile nemmeno per l’uomo che ha messo allo stesso tavolo Simon Peres e Yasser Arafat e ha accolto Nelson Mandela dopo la fine dell’apartheid a Pretoria di de Klerk, ha evitato una guerra tra Grecia e Turchia nel 1988 e ha ideato il G20.
I temi economici quest’anno dovranno lasciare il passo alla geopolitica. Gran parte dell’attenzione dei 2.800 partecipanti da 120 paesi di quest'anno sarà concentrata sui colloqui diplomatici ad alto livello sulle guerre in Medio Oriente, Ucraina e Africa. «Faremo in modo di riunire le persone giuste (...) per vedere come possiamo risolvere questo mondo così impegnativo», ha detto il presidente Borge Brende alla Reuters.
Blinken e Sullivan
Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan parteciperanno entrambi ai lavori e saranno i membri di più alto profilo dell'amministrazione Biden a Davos. Blinken e Sullivan si uniranno a Davos alle principali parti interessate nel conflitto di Gaza, compresi i leader del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti – entrambi i paesi emersi come intermediari in Medio Oriente – e il presidente israeliano Isaac Herzog. Ci saranno anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e più di 40 ministri degli Esteri.
Quanto alla Francia si prevede che Macron, che ha appena nominato il nuovo premier, Gabriel Attal, pronuncerà un discorso sul ruolo di Parigi nel futuro dell’Europa, mentre al forum interverrà anche il presidente della Commissione europea, la popolare Ursula von der Leyen, che vorrebbe rinnovare l’incarico dopo le elezioni europee. Per l’Italia è prevista la partecipazione del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.
La guerra in Ucraina ha dominato gli ultimi due incontri del Wef e, anche se si prevede che il presidente Volodymyr Zelensky terrà nuovamente un discorso, ora c’è anche la questione di Gaza. E se non ci saranno russi, esclusi dopo l’invasione dell’Ucraina, non mancherà la Cina, che invierà il premier Li Qiang.
Famoso è rimasto l’episodio di Xi Jinping che a Davos nel 2017 aveva difeso la globalizzazione dagli attacchi di Donald Trump, presidente che aveva snobbato l’evento tra le nevi svizzere lasciando campo libero alla Cina e poi aveva fatto ammenda e l’anno successivo si era presentato per rassicurare gli investitori che l’America li avrebbe accolti a braccia aperte, magari favorendoli con imposizioni fiscali attrattive.
I rischi geopolitici
Negli ultimi anni i rischi geopolitici sono aumentati, con la guerra della Russia in Ucraina e la guerra di Israele con i militanti di Hamas, e il recente impatto correlato sulla navigazione nel Mar Rosso. Senza dimenticare la Cina, che nel frattempo, ha aumentato la pressione militare per affermare rivendicazioni di sovranità su Taiwan.
«Sfortunatamente, ciò che gli ultimi due anni ci hanno mostrato con la pandemia, la guerra in Ucraina e molte altre crisi in tutto il mondo è che non eravamo così resilienti», ha affermato Bob Sternfels di McKinsey alla vigilia dell’evento.
«Ci aspettiamo una crescita globale del 2,9 per cento quest’anno», ha affermato il direttore generale del Wef, Jeremy Jurgens, ma potrebbe andare meglio. Ci sarà anche il neoeletto presidente argentino Javier Milei che ha appena ricevuto un finanziamento dal Fmi, come prova di buona volontà, ma l’Argentina non è certo un allievo modello nel mondo dei prestiti internazionali.
Davos arriva in un momento in cui le imprese si trovano ad affrontare un contesto di scarsa crescita globale, mentre le economie sono alle prese con tassi di interesse elevati, inflazione persistente, rischi geopolitici e le conseguenze della pandemia e della transizione verde. Non è un Cigno nero, ma ci assomiglia molto.
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