A un certo punto nella stanza ci sono sei disertori. Hanno tutti abbandonato le loro unità nel corso del 2024, per le ragioni più svariate e sono tutti ritornati nell’esercito dopo l’amnistia approvata a novembre. «È l’unica buona decisione che il governo ha preso di recente», dice Kompositor, nome di battaglia di un soldato 54enne, fuggito da un’unità dell’antiaerea e ora riassegnato alla fanteria. Siamo vicino a Lyman, Ucraina orientale, circa una decina di chilometri dalla prima linea, in un’abitazione civile dove, su sacchi a pelo stesi per terra, dorme una squadra della 115esima brigata di fanteria meccanizzata. Secondo le statistiche ufficiali, centomila soldati ucraini si sono assentati dal loro dovere senza giustificazioni. Più di seimila hanno approfittato dell’amnistia, molti altri sono ritornati nelle loro unità dopo che i comandanti hanno chiuso un occhio sulla loro assenza.

Combattimenti e negoziati

È questo l’esercito ucraino che, nonostante tutte le difficoltà, continua a difendere il fronte, mentre i grandi si apprestano a iniziare un negoziato di pace sul cui esito in molti nutrono seri dubbi. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, chiede a Kiev 500 miliardi di dollari in terre rare e altre risorse naturali in cambio degli aiuti americani, ma lui stesso sembra poco interessato al futuro del paese. Gli ucraini? «Potrebbero diventare russi, oppure no», ha detto ieri. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, continua a cercare di allettare il leader Usa con nuove offerte. In un’intervista al quotidiano britannico Guardian, pubblicata ieri, ha offerto appalti per la ricostruzione e ha ribadito che gli Stati Uniti sono fondamentali per il futuro del suo paese: senza le loro garanzie militari, qualsiasi offerta europea è inutile, ha detto. Alla Russia, propone di scambiare il territorio occupato nella regione di Kursk, con quelli, molto più estesi, che Mosca controlla in Ucraina.

Ma molto di ciò che accadrà nei futuri negoziati dipende anche da cosa accadrà qui, sul fronte. Se l’esercito ucraino riuscirà ad arrestare l’offensiva russa che procede senza sosta da oltre un anno, per Kiev si apriranno nuove opportunità. Se invece i soldati di Kiev continueranno a ritirarsi, Zelensky si troverà presto costretto ad accettare qualsiasi accordo.

Disperata determinazione

«Vinceremo questa guerra, di sicuro – dice il maggiore Pavlo – Ma quando e a che prezzo, lo sa soltanto Dio». Pavlo è vicecomandante di un battaglione della 115esima brigata di stanza a Lyman. L’unità combatte dall’inizio del conflitto e in tre anni ha subito più di cinquemila tra morti e feriti su un organico di 750 soldati. Significa che il battaglione ha dovuto ricostituire completamente il suo organico per cinque volte dall’inizio dell’invasione. Dei soldati che ne facevano parte nel febbraio 2022 ne sono rimasti poche decine. Kamin è uno di loro. «Sono stato ferito tre volte e la mia testa non è più a posto», dice. Oggi si occupa di trasportare i suoi commilitoni tra le trincee della linea zero e il villaggio dove l’unità è acquartierata. Il viaggio dura una ventina di minuti, ma per i soldati è peggio che passare una settimana in trincea. Durante il tragitto, che percorrono in automobile – più rapida e agile dei mezzi blindati – sono costantemente esposti agli attacchi dei droni russi e se vengono presi di mira non hanno un bunker nel quale rifugiarsi. I viaggi avvengono solo all’alba e al crepuscolo, quando il cambio tra droni notturni e diurni crea una breve finestra di relativa tranquillità.

Il battaglione non torna nelle retrovie per un periodo di ricostituzione da quasi un anno. Il maggiore Pavlo spera che marzo sia finalmente la volta buona per i suoi uomini di rivedere le loro case e le loro famiglie. È una situazione che impone un prezzo pesantissimo alla salute mentale dei soldati, che da un anno non vedono le proprie famiglie. Nel frattempo, a prendersi cura di loro c’è “Mama” Tetyana, la robusta sergente medica del battaglione. Con circa 40mila donne in servizio attivo, l’esercito ucraino è uno dei più femminili al mondo, ma è comunque raro imbattersi in una di loro sulla linea del fronte. Tetyana spiega che può fare poco per i suoi commilitoni esauriti dalle continue azioni. «Se non posso mandarli a passeggiare in montagna per sei mesi a riprendersi, l’unica soluzione sono le pillole – dice – Anche se ovviamente non risolvono il problema alla radice».

La situazione con le nuove reclute è particolarmente problematica. Da oltre un anno, i rimpiazzi che arrivano al battaglione sono anziani, spesso in precarie condizioni di salute o comunque poco motivati. Tatar, un trattorista di Poltava di 43 anni, con il battaglione dal 2023, dice che quando un nuovo arrivato si fa prendere dal panico in prima linea, l’unica soluzione è parlargli. «Non devi lasciarli soli per un attimo. La violenza non serve. L’unica cosa che puoi fare è tirarli giù se si espongono oltre la trincea, scaricargli l’arma per evitare che facciano male a qualcuno e dirgli che andrà tutto bene».

Spes contra spem

Il battaglione offre uno spaccato senza sconti sull’attuale situazione delle forze armate ucraine sul fronte del Donbass. Un esercito stanco, affaticato, che soffre una grave crisi di reclutamento, in cui l’età media si aggira ormai tra i 40 e i 45 anni e dove le diserzioni e le insubordinazioni sono aumentate in maniera preoccupante. Un esercito che, però, in qualche modo continua a resistere.

Sull’altro lato del fronte, le cose non vanno molto meglio. L’esercito russo ha disposizione più soldati, può permettersi di ritirarli nelle retrovie molto più spesso e ha meno difficoltà a sostituire le perdite. Ma dopo un anno di offensiva senza tregua, anche le truppe di Mosca iniziano a mostrare segni di stanchezza. Nelle ultime settimane, il numero di attacchi registrati dall’esercito ucraino è al minimo dal giugno 2024, mentre dopo i record dello scorso autunno, la quantità di nuovi territori occupati dai russi è tornata a calare. È presto per trarre conclusioni e qui, a Lyman, nessuno se la sente di essere ottimista. «Spes contra spem», dice in latino uno dei soldati del battaglione. Speriamo, anche se non c’è alcuna ragione per continuare a farlo.

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