L’Ucraina chiede altre armi e un «deterrente non nucleare». In cambio offre risorse naturali e l’uso del proprio esercito dopo il conflitto. Per gli alleati, però, il suo piano è politicamente infattibile, mentre Mosca minaccia: applicarlo significa entrare in guerra con la Russia
«Pace attraverso la forza». Questo il motto del «piano per la vittoria» che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha presentato alla Rada, il parlamento di Kiev, rivelando per la prima volta ai suoi concittadini il contenuto del documento già discusso con gli alleati americani ed europei. È lo stesso piano che giovedì 17 ottobre il leader ucraino presenterà davanti al Consiglio europeo.
Non ci sono state grandi sorprese rispetto alle anticipazioni uscite sulla stampa: Zelensky chiede agli alleati un rapido invito a entrare nella Nato, nuove consegne di armi e investimenti economici. Mosca sminuisce il piano, invitando Zelensky a «riprendersi dalla sbornia» e ad adottare una prospettiva più realistica e ricordando che, se completamente implementato, il piano significherebbe un conflitto aperto tra Nato e Russia.
Ma, purtroppo per Kiev, anche le reazioni degli alleati non sono state molto migliori. Dopo che a settembre la Casa Bianca aveva fatto filtrare alla stampa commenti durissimi sul piano, considerato «impraticabile», mercoledì è arrivato un commento sullo stesso tono del neo segretario Nato Mark Rutte: «Si tratta di un segnale positivo, ma non posso appoggiarlo completamente al momento».
L’ingresso nella Nato
I problemi per Zelensky cominciano già al primo punto del piano: l’entrata del paese nell’Alleanza atlantica. Zelensky ha detto di aspettarsi l’invito ufficiale «nei prossimi mesi». Secondo Zelensky, non è importante che l’entrata vera e propria nell’alleanza arrivi immediatamente, ma i partner dell’Ucraina devono segnalare chiaramente al Cremlino la loro volontà che questo avvenga nel prossimo futuro.
«Putin deve vedere che i suoi calcoli strategici sono falliti», ha detto Zelensky. Il problema è che non solo manca un calendario preciso su questo possibile invito, ma molti membri della Nato restano scettici, o apertamente contrari, all’ingresso dell’Ucraina.
Le armi
Il presidente ucraino ha detto che l’offensiva di Kursk, lanciata lo scorso agosto dalle truppe ucraine in territorio russo, ha dimostrato che le forze armate ucraine sono in grado di sorprendere e battere l’esercito del Cremlino. Per questo, ha spiegato, il secondo punto del piano prevede fornire all’Ucraina gli armamenti necessari a infliggere nuove sconfitte al suo avversario.
La lista esatta delle richieste di Kiev rimane segreta, ma Zelensky ha detto che le armi serviranno a compiere nuove operazioni in territorio russo, a proseguire la difesa del paese e a respingere le truppe occupanti russe. Inoltre, il presidente ha chiesto sufficienti difese aeree da proteggere tutte le città ucraine e capacità, cioè missili e droni, per bombardare la Russia. Tra queste richieste c’è anche quella di rimuovere tutte le limitazioni agli attacchi in territorio russo. Questo è il punto in teoria più facile da soddisfare. Il problema è che tanto in Europa quanto negli Usa sembra mancare la volontà politica di farlo.
Anche se la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato di fare affidamento sui Paesi che fanno parte del Consiglio di cooperazione del Golfo per fermare la guerra in Ucraina. Ma, con la necessità di sostenere allo stesso tempo Ucraina e Israele, gli Stati Uniti stanno esaurendo la loro capacità produttiva in fatto di armamenti, mentre i governi europei sono sempre meno entusiasti all’idea di spendere miliardi di euro in armamenti per l’Ucraina mentre tornano a tagliare la loro spesa interna.
C’è poi una parte molto ambigua del piano, in cui Zelensky chiede agli alleati di dislocare in Ucraina un «pacchetto di deterrenti non-nucleari» tale da scoraggiare ogni futura aggressione russa. Non è chiaro però se questa richiesta prevede soltanto ulteriori consegne di armi all’Ucraina oppure se si tratti di una misura ben più rilevante come il dislocamento nel paese di truppe dei paesi alleati, altro punto estramemente controverso per i loro governi.
Il baratto
Gli ultimi due punti del piano rappresentano l’incentivo che Zelensky offre agli alleati per convincerli ad accettare i primi tre punti. In sostanza, il presidente offre a Stati Uniti ed Europa un accesso privilegiato ai «depositi di risorse critiche, al potenziale produttivo alimentare ed energetico dell’Ucraina», mentre all’ultimo punto del piano offre a Stati Uniti ed Europa di utilizzare le forze armate ucraine per «garantire la sicurezza» dell’Europa, se necessario anche sostituendo parte delle truppe americane attualmente schierate nel continente.
Tutti i partiti ucraini hanno appoggiato il piano, ma per il resto la sua presentazione è stata accolta nel paese da un eloquente silenzio. Le fughe di notizie degli scorsi giorni e la reazione freddissima degli alleati avevano già preparato l’opinione pubblica ucraina a non aspettarsi un momento decisivo. Secondo voci dell’opposizione nazionalista ucraina, ora Zelensky potrebbe cogliere l’occasione del rifiuto del piano per denunciare il tradimento da parte degli alleati e giustificare l’inizio di trattative con la Russia.
I segnali che arrivano per il momento dall’ufficio presidenziale, però, vanno in direzione opposta. Proprio la scorsa settimana, il governo ha alzato le tasse e lanciato una nuova ondata di reclutamento che ha riguardato anche la capitale, Kiev, fino a ora in gran parte risparmiata dalla mobilitazione. Entrambi segnali che sembrano indicare la volontà di proseguire la guerra a ogni costo, con il «piano della vittoria» oppure senza.
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