L’Idf sta affidando a palestinesi non affiliati al gruppo responsabilità amministrative. Critiche anche da Tel Aviv: il progetto sembra utile a coprire un vuoto strategico
C’è un progetto pilota militare israeliano per creare “enclave umanitarie” guidate da civili non affiliati ad Hamas che sarà lanciato in due città del nord di Gaza. Si tratta di bolle “Hamas free”, e anche alcuni funzionari israeliani hanno già manifestato il loro scetticismo sul fatto che il piano possa aprire la strada verso una nuova stabilità nella martoriata Striscia.
Il piano per creare quartieri e villaggi liberi da Hamas, in cui palestinesi locali opportunamente vagliati da Israele assumerebbero lentamente le responsabilità della distribuzione degli aiuti, sarebbe inizialmente attuato a Beit Hanoun e Beit Lahia, ha riferito lunedì il Financial Times. Il piano, che si integrerebbe con un piano postbellico per affidare aspetti del controllo di Gaza all’Autorità palestinese e agli stati arabi moderati, è stato accolto con molto scetticismo da ex funzionari e da altri attori che sono a conoscenza dei piani del governo, ha riferito il Times of Israel.
In realtà il piano sulle bolle “Hamas free” è una totale fantasia completamente irrealizzabile, un progetto utile solo a rimandare ogni soluzione realistica sul dopoguerra e più probabilmente preparare il terreno all’arrivo dei coloni nella Striscia, il vero obiettivo dei due ministri ultraortodossi della estrema destra messianica, il ministro della Sicurezza nazionale e leader di Potere ebraico Itamar Ben Gvir, e il ministro delle Finanze e leader di Sionismo religioso Bezalel Smotrich. I due ministri di destra radicale del governo Netanyahu hanno fin dall’inizio attaccato il piano Usa e di Paesi arabi per la nascita di uno Stato palestinese e sognano di espandere il numero dei coloni nei territori occupati.
L’ombra dei coloni
Gli stati Uniti, l’alleato principale di Israele, sono da ritenersi in gran parte responsabili della situazione odierna perché hanno fatto partire il processo di pace nei primi anni Novanta per poi affossarlo meno di un decennio dopo, e per oltre 20 anni non hanno fatto più nulla per ravvivarlo. Ora il presidente Biden parla della soluzione a due stati, ma c’erano 120mila coloni nei primi anni Novanta in Cisgiordania, e ora ce ne sono 6-700mila. Gaza nel frattempo è ridotta a una landa desolata, con una ricostruzione che impiegherà decenni. Inoltre non c’è alcun sentore di moderazione nella politica israeliana. I potenziali successori del premier Netanyahu sono comunque sulla sua stessa linea.
Paradossalmente, l’ultimo uomo politico a tentare di muovere le acque è stato nel 2005 l’ex premier Ariel Sharon, uomo della destra, che si era ritirato da Gaza e stava per farlo anche dalla Cisgiordania, ma poi è stato colpito da un ictus e tutto si è fermato. Nel panorama politico adesso troviamo personaggi radicali come Ben-Gvir e Smotrich. Ciò che manca a Israele sono statisti come Begin, Rabin e perfino Sharon. Oggi la strategia che va per la maggiore è quella dei radicali che faranno salire la popolazione delle colonie a un milione, per poi annettere la Cisgiordania e la Striscia o gran parte di esse.
I generali
Per questo i generali israeliani vogliono avviare un cessate il fuoco a Gaza, anche se ciò manterrebbe Hamas (che è un’idea e quindi difficilmente estirpabile) al potere per il momento, ampliando la frattura tra l’esercito e il primo ministro Netanyahu, che si è opposto a una tregua che consentirebbe ad Hamas di sopravvivere alla guerra, lo scrive il New York Times. Il giornale Usa ha intervistato, in condizione d’anonimato, sei «attuali ed ex funzionari della sicurezza».
I generali ritengono che una tregua sarebbe il mezzo migliore per liberare i circa 120 israeliani ancora detenuti, vivi e morti, a Gaza. Poco equipaggiati per combattere ulteriormente dopo il conflitto più lungo per Israele degli ultimi decenni, i generali ritengono che le loro forze abbiano bisogno di tempo per riprendersi nel caso in cui scoppiasse una guerra terrestre contro Hezbollah, la milizia libanese impegnata in uno scontro a bassa intensità con Israele da ottobre, hanno affermato numerosi funzionari in condizione di anonimato.
Una tregua con Hamas potrebbe anche facilitare il raggiungimento di un accordo con Hezbollah, secondo i funzionari. Hezbollah ha affermato che continuerà a colpire il nord di Israele finché Israele non cesserà di combattere nella Striscia.
Ovviamente il portavoce militare israeliano, riferendosi all’articolo del Nyt sull’interesse dei generali al cessate il fuoco, ha smentito e ha affermato che l’esercito è determinato a continuare la sua battaglia contro Hamas a Gaza.
Ben Gvir contro Shin Bet
Tutto questo avviene mentre il ministro della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, è tornato ad attaccare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, per la liberazione del direttore dell’ospedale Shifa a Gaza. L’altro ieri ne aveva chiesto il licenziamento. «Bar», ha detto Ben Gvir, «vuole migliorare le condizioni dei terroristi in carcere, io voglio peggiorarle. Questo è il nocciolo del mio disaccordo con lui, e questi sono i fatti dietro la liberazione dei terroristi dal carcere».
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