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Il presidente Attilio Fontana nega l’accordo di avvicendamento per le elezioni 2023, ma la sua vice conferma che sia avvenuto. Ora tocca a Giorgia Meloni risolvere il problema, insieme al governo.
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Sul fronte di Salvini, la chiusura è netta. Il no di Lega e FI a Moratti, le cui iniziative «danneggiano il centrodestra», è stato ribadito nel vertice tra i due leader.
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Lo scenario auspicato da Moratti, invece, prevede l’offerta a Fontana di un ruolo ministeriale, magari al ministero per l’Autonomia tanto caro alla Lega.
«Essendo io il garante della coalizione in Lombardia e per senso di responsabilità rispetto al momento politico nazionale che stiamo vivendo, mi riservo di prendere una decisione definitiva dopo il confronto con i leader del centrodestra», ha detto il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, al termine di una tesissima giornata politica che ha avuto al centro la vicepresidente Letizia Moratti, decisa a candidarsi alla guida della regione.
Così, la palla ora passa a livello nazionale a Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, ma soprattutto a Giorgia Meloni
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Da Milano a Roma
A Roma il centrodestra lavora per costruire il nuovo governo e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, da lunedì è asserragliata alla Camera e dove sta cercando di trovare la formula perfetta per bilanciare le richieste dei suoi alleati, Lega e Forza Italia.
Le tensioni non mancano e hanno trovato una valvola di sfogo a Milano, dove la giunta guidata da Attilio Fontana è entrata in crisi a causa della lotta in vista delle elezioni regionali del prossimo anno.
In entrambi i casi, centrale è il ruolo della Lega e, soprattutto, di Matteo Salvini, in difficoltà dopo il pessimo risultato elettorale delle politiche ma comunque essenziale per la costituzione del nuovo governo.
Lo strappo di Moratti
Ad aprire il fronte lombardo è stata Letizia Moratti, attuale vicepresidente della regione e assessora al Welfare, da mesi in attesa di lanciare la sua candidatura per la presidenza.
«Sono stata chiamata dal presidente Fontana e ho accettato per responsabilità e amore per la mia regione, con l’impegno parallelo di un passaggio di testimone a fine legislatura. Ho lavorato e lavoro coerentemente a quell’impegno ma coerentemente a quelle indicazioni ho costruito anche una rete civica», ha detto in una intervistata alla trasmissione di Marco Damilano, Il cavallo e la torre.
Parole chiarissime che hanno immediatamente provocato la reazione di Fontana, che non ha intenzione di fare passi indietro e ha smentito la ricostruzione della promessa di avvicendamento.
Fonti interne al centrodestra milanese, tuttavia, confermano le parole di Moratti: l’accordo per un avvicendamento ci sarebbe stato eccome, e a dare la parola sarebbe stato proprio Matteo Salvini, con il via libera anche di Silvio Berlusconi. Moratti era stata chiamata in regione per gestire il Covid, quando la regione era bersagliata dalle critiche, e lei aveva accettato proprio nella prospettiva di una staffetta con Fontana.
A irritare Moratti non sarebbe stato tanto Fontana che ha smentito pubblicamente l’accordo, quanto Salvini che, nella prima conferenza stampa post voto, si è rimangiato la promessa confermando la candidatura del leghista uscente.
Ieri sera c’è stato un incontro tra Moratti e Fontana, dall’esito scritto. «È chiaro che se intende partecipare a un’altra avventura diversa dalla nostra, non potrà continuare ad amministrare al nostro fianco», ha detto il governatore, annunciando di toglierle le deleghe.
Un passo, questo, che non ha fatto altro che aumentare l’irrigidimento dell’ex sindaca di Milano, decisa più che mai a candidarsi. In questi mesi ha lavorato a una rete civica, «dall’industria al terzo settore, per costruire un programma», e per la sua discesa in campo manca solo di capire se sarà l’alternativa civica di centrodestra oppure la candidata ufficiale.
«Lei non cambia posizione: la disponibilità fa riferimento non è nata oggi, ma è quella data ai tempi del covid a Salvini e Berlusconi, che Salvini sta tradendo», ha detto una fonte interna vicina a Moratti.
Del resto, già Meloni avrebbe provato a tentarla con un incarico di governo, che però lei ha detto pubblicamente di non voler accettare: «Penso di poter dare un maggior valore aggiunto qui nella mia regione. Aspetto una decisione dal centrodestra, naturalmente dopo la formazione dell’esecutivo», ha detto.
Sul fronte di Salvini, invece, la chiusura è netta. Il no di Lega e FI a Moratti, le cui iniziative «danneggiano il centrodestra», è stato ribadito nel vertice tra i due leader.
Cosa farà Meloni
Da Roma in molti hanno considerato un «errore politico» far scoppiare ora il problema, proprio mentre Meloni è alle prese con la costruzione della squadra di governo. Da Milano, invece, la convinzione è che proprio la formazione del governo possa sciogliere la matassa della regione Lombardia.
Moratti avrebbe scelto far emergere ora la questione in quanto confida nel fatto che la soluzione arrivi con il nuovo governo e la regione rientri nella lista degli incarichi da redistribuire.
In quest’ottica, lo scenario auspicato sarebbe l’offerta a Fontana di un ruolo ministeriale, magari al ministero per l’Autonomia tanto caro alla Lega.
La corsa al Pirellone sarebbe quindi legatissima alla nascita del nuovo governo, anche per un secondo scenario: se il leghista Giancarlo Giorgetti rimanesse fuori dalla lista dei ministri, potrebbe diventare il candidato di mediazione che risolve la contesa a due.
Meloni sta osservando da lontano l’evolversi degli eventi: al momento dell’accordo negato da Fontana, lei non era presente e tutto è stato orchestrato da Lega e Forza Italia. Oggi però è costretta a gestire il pasticcio altrui e in giornata sarà a Milano. Ufficialmente a un evento della Coldiretti, ma il pretesto è funzionale per tentare di capire in prima persona come risolvere l’impasse.
Il ragionamento in casa FdI parte da un assunto: il voto ha invertito i rapporti di forza anche al nord e in Lombardia, dove Meloni ha doppiato Salvini. Dunque, senza di lei il nuovo presidente non verrà eletto. Moratti ha ottimi rapporti con tutto il mondo della destra lombarda e anche Forza Italia non dimentica i suoi anni da sindaca del capoluogo, inoltre il suo progetto di candidatura è in uno stadio molto avanzato. Chi le sta vicino ritiene che andrà avanti con o senza il sostegno del centrodestra.
Meloni sa che sfilare la Lombardia a Salvini vorrebbe dire umiliare il leader leghista, il cui controllo sulla regione è assoluto, ma soprattutto spianare la strada ai malpancisti interni al partito, che stanno cavalcando il malcontento interno contro il segretario. Proprio questa, allora, potrebbe essere la tentazione di Fratelli d’Italia: togliendogli il territorio simbolo della sua segreteria, Salvini verrebbe ulteriormente indebolito e questo potrebbe ricondurlo a più miti consigli anche nella richiesta di ritornare al Viminale.
Tuttavia, la leader di FdI sa che puntare sull’esplosione della Lega può essere un rischio per la tenuta della legislatura. «Non ci si può permettere di mandare a tappeto Salvini ora, i suoi voti servono per il governo», è il ragionamento dell’entourage romano di Meloni.
Certo è che il problema lombardo, ora, è fuori dalla disponibilità di Salvini e cade sulle spalle della leader in pectore del centrodestra.
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