Aggiornamento 18.10

Il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte mette in dubbio l’alleanza con il centrosinistra alle regionali siciliane. Se il Pd romperà a livello nazionale, il Movimento 5 stelle non appoggerà il candidato uscito vincitore dalle primarie di domani, che con ogni probabilità sarà la candidata Pd Caterina Chinnici.


Il segretario del Pd siciliano, Anthony Barbagallo, è chiarissimo: «A Roma può succedere di tutto. Ma in Sicilia proseguiamo il percorso». Parla delle primarie di centrosinistra, compreso anche il Movimento, che si terranno domani nella sua regione. Anche se il suo segretario Enrico Letta ha definito «impossibile» proseguire l’alleanza a livello nazionale, il cosiddetto asse giallo-rosso regge in Sicilia come regge in quasi tutti i territori: dalle regioni, Lazio e Puglia, ai comuni grandi e piccoli, come Napoli, Bologna, Padova e Alessandria.

Insomma, niente scossoni da Roma ai territori, almeno per ora. Ma soprattutto in Sicilia, dove si voterà per la prima volta con un sistema misto, online e nei gazebo, la possibilità di ricorsi e colpi di coda è sempre presente, soprattutto nell’attuale clima avvelenato.

Le primarie siciliane

Non è stato semplice organizzare le primarie di coalizione in Sicilia. Ha richiesto importanti sforzi di mediazione, condotti per settimane soprattutto da Barbagallo con il contributo del vicesegretario Pd Peppe Provenzano e del plenipotenziario del Movimento nell’isola, Giancarlo Cancelleri. Nonostante l’impegno, la situazione rimane fragile.

Saranno in tre a sfidarsi. La favorita Caterina Chinnici, ex magistrata ed europarlamentare del Pd, la senatrice del Movimento 5 stelle, Barbara Floridi, e Claudio Fava, consigliere regionale della lista i Cento passi e sostenuto da Sinistra Italiana.

Le tensioni che li dividono sono profonde e intrecciate. Chinnici ha aperto alla possibilità di allearsi con l’ex presidente di regione Raffaele Lombardo, che aveva governato con il centrodestra e di cui Chinnici è stata assessora. L’idea però non piace a Fava, per cui Lombardo è un simbolo del notabilato da sempre al potere nella regione. «Delle due, l'una: o si lavora insieme, uniti, per il cambiamento oppure si governa con Raffaele Lombardo».

Ma questa presa di posizione non è piaciuta al 5 stelle Cancelleri: «Le parole di Claudio Fava mi sembrano il disegno di una persona che sta facendo i capricci solo per poi poter avere la scusa e dire “io me ne vado e mi candido lo stesso”».

Le divisioni tra Pd e Movimento 5 stelle sono al momento sopite, ma i centristi stanno cercando in tutti i modi di allargarle. Davide Faraone, senatore di Italia Viva che alle ultime comunali ha appoggiato il candidato di centrodestra al comune di Palermo, ha rifiutato di partecipare alle primarie e ha invitato il Pd a boicottarle e a costruire invece un’alleanza di centro. 

Le sirene si sono fatte ancora più forti dopo la caduta del governo Draghi e la frattura del campo largo. «Come nulla fosse accaduto, in Sicilia si sta andando alle primarie del Campo largo tra Pd e M5s. Come si può rivendicare Draghi e allearsi con chi lo ha affossato danneggiando l'Italia?», si chiede su Twitter un altro leader centrista, il il segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova.

Carlo Calenda, invece, ha escluso in partenza ogni possibilità di partecipazione alle primarie. Non solo per la presenza del Movimento 5 stelle, ma anche per la presenza di quelle che ha definito «frattaglie di sinistra».

Un colpo di teatro?

Sembra ormai tardi perché le primarie vengano annullate, come chiedono i centristi e alcuni anche da dentro il Pd. Ma non è detto che la frattura non possa manifestarsi dopo il voto. Le modalità di voto, d’altronde, si prestano ai ricorsi.

Per la prima volta nella storia del centrosinistra, le primarie di domani si svolgeranno in modalità mista: online, come chiedeva il M5s, e nei circa 40 gazebi allestiti nelle principali città dell’isola, come preferito dal Pd. In tutto oltre 42mila persone si sono registrate per votare.

Non è sicuro che ci sarà un colpo di teatro, con ricorsi contro la regolarità del voto, soprattutto se dovesse vincere la strafavorita Chinnici del Pd. Ma non è detto che il dramma termini domani. La politica siciliana è tradizionalmente burrascosa e non sarebbe la prima volta che le primarie, fatte per unire, produrrebbero invece ulteriori divisioni.

Gli altri territori

L’ombra gettata dalla rottura del “campo largo” nazionale non si stende solo sulla Sicilia. Ci sono due regioni, Lazio e Puglia, dove Pd e Movimento 5 stelle già governano insieme. I due partiti amministrano anche una mezza dozzina di comuni capoluogo, tra grandi e piccoli, sempre con il Movimento 5 stelle come azionista di minoranza.
I casi più noti sono Napoli e Bologna, ma alle ultime elezioni Pd e Movimento si sono presentati insieme in 18 comuni capoluogo su 26 e ora governano in sei di questi: oltre a Napoli e Bologna anche Alessandria, Lodi, Padova e Catanzaro.

Dal Pd e, ancora di più dal Movimento, ci si affretta ad assicurare che non sono previsti scossoni. Sui territori sembra vigera la regola che ha espresso il segretario Letta ieri: «Sulle primarie saranno i siciliani a decidere». Quindi nei territori, saranno i dirigenti locali a decidere. E difficilmente saranno loro a decidere di rendersi la vita più complicata cacciando via pezzi, anche se piccoli, delle loro maggioranze.

Resta aperto il discorso su cosa succederà in questi territori quando si tornerà ad elezioni. Domanda impellente per il Lazio, dove sembra ormai certo che il presidente Nicola Zingaretti, grande sponsor dell’alleanza con il Movimento, si dimetterà per candidarsi alle politiche. A quel punto, replicare l’accordo con il Movimento 5 stelle sembra molto difficile. Le primarie in Sicilia potrebbero quindi trasformarsi facilmente nell’ultimo atto del “campo largo”, in attesa che le altre esperienze, da Napoli alla Puglia, si esauriscano naturalmente.

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